Parliamoci chiaro: L'Europa è irriformabile. Non si contratta, per
impossibilità di dialogo, con i mafiosi, benché in doppiopetto. La loro tattica
è il ricatto. La loro strategia, la macelleria sociale. Con quest' Europa o si
va allo scontro frontale e di Classe o si soccombe come popolo. Ovviamente,
come popolo nell'accezione marxista, materialista, come entità dialettica e in
movimento; non come popolo nel senso fascista o, meglio, nazionalsocialista:
entità metafisica, spirituale, culturalmente immutabile e chiusa. Questa è una
discriminante fondamentale -per non cadere in eventuali confusioni- che da
marxisti e comunisti dovremmo sempre tenere presente e rimarcare, con chiunque
ci accusi di pensarla come la fascisteria varia. Non saimo Terzoposizionisti o
Nazimaoisti! Tra l'altro, i fascisti, da sempre complementari al Capitale,
sebbene ne prendano le distanze su un piano etico-spiritualistico (Evola, Guenon,
Freda) puntano ad una composizione statale di tipo elitario, aristocratico, nel
senso greco, finendo, sempre, per favorire le elite economiche o per
inglobarle, come fece il nazismo. Il loro obiettivo è la tutela degli interessi
padronali, in chiave nazionalista, e il corporativismo economico, detto anche,
ambiguamente, socializzazione, come propugnato durante la Repubblica Sociale di
Salò. Il nostro obiettivo, invece, è la Democrazia Popolare e la
collettivizzazione, con potere alle masse, senza alcuna concessione al
padronato, in un aperto confronto tra culture diverse che interagiscano, si
confrontino e si completino. Insomma,
razzismo e xenofobia non ci riguardano; mentre molto ci riguarda l'inserirci nei
processi politici e nelle dinamiche sociali e fare esplodere le contraddizioni.
Ciò chiarito, andare allo scontro significa rigettare in toto il
pagamento degli interessi sul debito, la restituzione del debito stesso -arma
imperialista, come disse Thomas Sankara- rifiutare il fiscal compact in
costituzione e qualunque altro accordo di stampo mercantile: che si chiami TTIP
o WTO; affossare lo strapotere del mercato e delle multinazionali, che ne
controllano gli andamenti con i fondi speculativi, contrastare l'Imperialismo,
in ogni sua forma -vale a dire economica o militare- ma, soprattutto, marcare
una forte connotazione di Classe nella composizione della massa critica,
all'interno del blocco sociale da costruire. Con queste premesse, almeno
personalmente, non credo ad alcuna riedizione di Tsipras in salsa italica o di
una novella Podemos, che pure parla di rinegoziazione dei trattati europei. E
non m'interessa il movimento DiEM 25, lanciato da Varoufakis e al quale pare
accodarsi De Magistris. Iniziative senz'altro interessanti, con cui dialogare e
aprire un confronto, ma che commettono tutte lo stesso errore: sperano di
riformare l'Europa. Un'entità irriformabile, per la sua stessa natura. La
natura di un gioco ad incastro di Potentati Finanziari, Borse, Banche,
Multinazionali, Apparati Militari, Leggi. Agenzie di Rating e predominio USA,
cui fanno riferimento i due più importanti organismi sovranazionali di
controllo e indirizzo dell'economia mondiale:
FMI e Banca Mondiale. Il tutto organizzato in una sorta di
RisikoMonopoli, dove i dadi (Le Democrazie) sono truccati e le alleanze
imperialiste si susseguono a guerre inter-imperialiste, sui campi di battaglia
o sui grafici di Borsa; e di cui a fare le spese sono i paesi e i popoli più
poveri, specie quelli del Sud. Dunque, tornando al punto di partenza, ribadisco
che, secondo me, l'Europa non si riforma. L'Europa, quest'Europa, nel solco
della più drammatica crisi che attraversa il Capitalismo dal giorno del suo
avvento, va sovvertita. E' il compito dei Comunisti, da sempre. La soluzione è
lo scontro, costi quel che costi. Perché, come diceva Che Guevara: "In una
rivoluzione, se è vera, si vince o si muore"