Rothko Chapel

"L'estensione logica del business è l'omicidio!" (D. Cronenberg)
venerdì 22 febbraio 2013
UN PAIO DI DOMANDE AL M5S
Non ho mai attaccato direttamente il M5S e, anche se non lo voterei mai perché, da veterocomunista, non mi piacciono i movimenti trasversali, interclassisti e dove la base pende dalle labbra di un capo –che non è, diciamolo francamente, né Lenin, né Che Guevara, né Togliatti- alcuni punti del programma li condivido. Mi pongo però, come è ovvio, alcune domande. Quando sento dire, come spesso accade ad esempio, da alcuni esponenti o estimatori del Movimento 5 stelle: "Sono i politici attualmente al potere e in genere quelli che lo fanno di professione e non hanno mai saputo fare altro nella vita, un mostro da combattere e scacciare", allora mi chiedo: ma non era un'argomentazione tipicamente berlusconiana? E chiedo ancora: quando avrete fatto fuori i partiti, cerniera tra la cosiddetta società civile e lo stato, cosa rimarrà? E, questione ancor più seria: cosa rimarrà dell'ordinamento democratico? Intendiamoci: le strutture e le organizzazioni interne dei partiti vanno senza dubbio riformate e "moralizzate" -parafrasando Berlinguer- e su questo punto, non ho difficoltà ad ammettere che alcune proposte del 5 stelle sono senza dubbio condivisibili. Se però si vogliono assolutamente cancellarli, i partiti, sull’onda di una legittima rabbia, chi o cosa andrà a sostituirli e a riempire quella vacatio? Liberi cittadini, assolti da ogni vincolo verticistico? Mah! E alcune scaramucce interne al movimento, verificatesi nei mesi scorsi, giustificano appieno, mi pare, questa mia perplessità: Grillo ha infatti fatto fuori alcuni esponenti, perché non più in linea con le sue posizioni. Or dunque, ritornando alla domanda: personalmente suppongo che resterebbero -ma mi sbaglierò sicuramente, per carità- i miliardari -e il mercato non più “libero” ma preda dei monopoli- al potere, considerato il trionfo delle politiche ultraliberiste, in questo momento e in questa parte di occidente. Lascio fuori la latino-america, dove le politiche socialiste, attuate in alcuni di quei paesi, stanno tenendo lontana la crisi, imponendo ritmi di crescita che noi neanche ci sogniamo. In pratica rimarrebbe, a mio modestissimo e sicuramente errato avviso, una sorta di dittatura mediatico-finanziaria, a tirare le fila di cittadini/burattini, in buonissima fede, illusi di gestire il governo delle Polis. In altre parole, una forma evoluta e tecnocratica di tirannide: perciò il riferimento alla Polis. Altro che democrazia popolare di cui, io Comunista, sarei un fautore!!! E, come si noterà, non voglio e non credo sia opportuno agitare lo spauracchio del fascismo o dei carri armati per le strade. I mezzi a disposizione del grande Capitale, oggi, sono molto più subdoli e sofisticati. Vero Casaleggio?
P.S. Uno degli uomini più importanti di Casaleggio è stato un certo Enrico Sassoon, legato addirittura al gruppo bilderberg. Insomma, roba forte! E vorrei capire come si fa a definanziarizzare la politica se dietro al 5 stelle c'è un esponente di quel finanzcapitalismo (come lo definisce Luciano Gallino) che si pretende -o si ha l’illusione di- combattere?!?!
lunedì 18 febbraio 2013
GRILLO, IN UN VIDEO DI UN SUO SPETTACOLO: PICCHIARE I MAROCCHINI SI PUÒ
All'inizio, leggendo il titolo e cominciando ad ascoltare il pezzo, pensavo che si trattasse, come spesso accade, di una forzatura -nel titolo- e di un evidente ribaltamento provocatorio, sarcastico e paradossale della realtà -nel pezzo- tipico di uno spettacolo teatrale "comico"...Ma poi, andando avanti, Grillo dice proprio, e con tono serio e persuasivo, che, se la polizia vuole menare i marocchini va bene, purché senza esagerare –e che cazzo- e in caserma, non in pubblico. Quindi, non mi pare un divertissement pascaliano. Anche perché il pubblico, a quelle parole, applaude convinto...non divertito!!!! Con questo voglio dire che Grillo è un fascista o che lo siano le persone che lo seguono? Assolutamente no! Anche perché, in un momento così delicato e critico economicamente, socialmente, politicamente e culturalmente, garantisco, parlando con la gente, che anche qualcuno sedicente “de sinistra" non disdegnerebbe di menare -a volte e certo con opportuna delicatezza- i marocchini o gli immigrati, per comportamenti che poi, tenuti da lui stesso, considererebbe goliardici: vedi l’ubriachezza. Si chiamano meccanismi reattivi di difesa o impulsi aggressivi (Freud) che, in talune epoche storiche, vengono a galla con maggiore facilità. Ed è più facile indirizzarli, all’ombra di un Potere tutelare qualsivoglia, verso chi ha meno diritti di noi e più difficoltà a difendersi, che incanalarli nel solco di una Rivoluzione che realmente possa cangiare lo status quo, abbattendo quello stesso Potere che ci illude di essere uomini liberi, per poterci più facilmente gestire e manovrare. Non dimentichiamo che, dopo il "biennio rosso" 1919/1920, molti di quelli che avevano partecipato alle occupazioni delle fabbriche e si dichiaravano socialisti, con l'avvento del fascismo, per frustrazione derivata dal fallimento, si voltarono dalla parte di Mussolini, ex socialista!!! Lo cito, sia chiaro, come evento emblematico del pericolo che si cela dietro certe parole e certi atteggiamenti repressivi, nei confronti dei più deboli, che facilmente fanno presa nei periodi di crisi, andando a sollecitare, come dicevo, la parte meno razionale, e più istintiva e rabbiosa, dell'uomo. Grillo non sarà un fascista, anzi non lo è: anche se sulla sua apertura a membri di casa pound, in base a pseudo statuti di democrazia, avrei molto da dire e, anzi, ho già detto. Ma io sono stanco di uomini della Provvidenza in questo paese sempre pronto, per la cultura clericale che lo attraversa da millenni, a deificare e sperare in qualcuno –la speranza, come disse Monicelli, è un sentimento creato dai padroni- e poi, una volta scontratosi con una realtà, dura e diversa da quella immaginata, a metterlo sulla croce. Uso un'allegoria cristiana volutamente, malgrado il mio essere impenitentemente ateo!!! I popoli devono prendere in mano i loro destini, non aspettare un deus ex machina euripideo che risolva la loro Storia. O, per dirla con Ernesto Che Guevara:
«Davanti a tutti i pericoli, davanti a tutte le minacce, le aggressioni, i blocchi, i sabotaggi, davanti a tutti i seminatori di discordia, davanti a tutti i poteri che cercano di frenarci, dobbiamo dimostrare, ancora una volta, la capacità del popolo di costruire la sua storia».
martedì 29 gennaio 2013
COMPATIBILISMO E CONCERTAZIONE? LA MORTE DEL SINDACATO E DELLA LOTTA DI CLASSE
Com'è noto, venerdì la CGIL, nel corso della conferenza programmatica, non ha dato la possibilità di parlare a Giorgio Cremaschi -40 anni di sindacato alle spalle- e agli esponenti della Lista Ingroia. Invitati, invece, Bersani, Vendola e quel Giuliano Amato autore, nel 92, di un disastroso accordo sindacale, che Bruno Trentin definì come un agguato, prima di firmarlo e dimettersi. Una chiara scelta di campo del più grande sindacato italiano che, evidentemente, sta operando una scelta compatibilista con il quadro politico che va delineandosi -il cui asse è sempre più spostato a destra- e con i diktat montiani, il cui obiettivo è, addirittura, ridurre al silenzio un'organizzazione che, in passato, ha fatto della difesa dei diritti dei lavoratori, la sua bandiera e il motivo stesso della sua azione. Oggi, come dice lo stesso Cremaschi nell'articolo che riporto: "La segreteria della CGIL non chiede la cancellazione per nessuna delle controriforme del lavoro e delle pensioni di questi anni, solo qualche correzione e misure aggiuntive che però partono dalla accettazione di quanto sanzionato". Un comportamento inaccettabile, perché i provvedimenti di matrice ultraliberista varati dal governo Monti, e votati da quel Pd che nulla ha più di un partito di sinistra, rappresentano una pietra tombale sui diritti delle classi lavoratrici, conquistati in anni di durissime battaglie, non prive di sangue versato per le strade. Tutto ciò, purtroppo, è però il diretto risultato di anni di concertazione, durante i quali il sindacato acquisiva potere ma i lavoratori peggioravano le loro condizioni materiali di vita, fino a giungere ad un presente che vede la riduzione drastica del potere d'acquisto dei salari e, nei casi più drammatici, com'è noto, la cancellazione padronale e arbitraria di posti di lavoro, anche per motivi di appartenenza politico-sindacale (vedi gli operai FIOM fatti fuori da Marchionne)!!!!. Con il padronato, con questo padronato che sta attuando una macelleria sociale senza confini e globalizzata, dunque non si tratta. Si va, si deve andare allo scontro diretto, alzando il livello del conflitto sociale. Riproponendo con coraggio la nostra Lotta di Classe.
Invece, le scelte della CGIL sembrano andare in una direzione opposta che, pur nell'ottica della proposta di alcuni emendamenti, tende ad una sostanziale accettazione dei capisaldi che sottendono le "criminali" controriforme del lavoro e delle pensioni approvate negli ultimi anni. In tal modo, si denuncia la propria rassegnazione di fronte all'attacco senza precedenti sferrato dal Capitale e si dichiara implicitamente, ha ragione Cremaschi, che con l'azione sindacale non ce la si fa più, e quindi si necessita di partiti e governi amici. E allora? Allora una soluzione potrebbe essere quella di ripensare le strategie del sindacato, di rifondarne la struttura, riorganizzandosi, come dice ancora Cremaschi, "attorno alla sofferenza delle persone in carne de ossa, riconquistando e comunicando voglia di conflitto, cambiando strategia e pratica dopo più di venti anni di accettazione del liberismo e delle compatibilità".
INSOMMA, PIU' VOGLIA DI LOTTARE E MENO VOGLIA DI CONCERTARE. IN UNA PAROLA...PIU' COMUNISMO!!!!
giovedì 17 gennaio 2013
MINACCIOSE ANALOGIE
Facendo zapping stamattina tra le varie trasmissioni di approfondimento politico che, dalle 7.00, la televisione italiana manda in onda, e ascoltando i vari esponenti politici parlare per accreditarsi, in vista dell'imminente tornata elettorale, presso il pubblico, mi è tornato alla memoria un articolo di Gramsci e, per essere più precisi, un passaggio di quell'articolo, che così recita:"Fino a quando sussiste il regime borghese, col monopolio della stampa in mano al capitalismo e quindi con la possibilità per il governo e per i partiti borghesi di impostare le quistioni politiche a seconda dei loro interessi, presentati come interessi generali, fino a quando sarà soppressa e limitata la libertà di associazione e di riunione della classe operaia o potranno essere diffuse impunemente le menzogne più impudenti contro il comunismo, è inevitabile che le classi lavoratrici rimangano disgregate, cioè abbiano parecchie volontà". Il passo è tratto da "La volontà delle masse", articolo che venne pubblicato su L'Unità del 24 Giugno 1925. Nel resto dell'articolo, Gramsci discettava, poi, del ruolo del ruolo del Partito Comunista -tanto sul versante della prassi quanto su quello dell'impostazione teorica che avrebbe dovuto ispirarne l'azione- all'interno del quadro politico che si andava delineando, tragicamente, in Italia e in Europa.Ebbene, riflettendoci, mi pare che si sia tornati decisamente indietro. Con la borghesia finanziaria e capitalistica che monopolizza potere mediatico ed economico, imponendo la sua volontà e i suoi diktat, e le masse confuse e disgregate. Una borghesia che, all'apice di una delle più gravi crisi di produzione -per citare il Marx del Capitale: «Il processo di produzione appare soltanto come termine medio inevitabile, come male necessario per far denaro. Tutte le Nazioni a produzione capitalistica vengono colte perciò periodicamente da una vertigine, nella quale vogliono fare denaro senza la mediazione del processo di produzione»- non sapendo come uscirne, è in lotta con sé stessa e, per acquisire nuovi mercati, da seguito a guerre neocolonialiste, come sta facendo in questi giorni la Francia. Le classi lavoratrici sono spettatrici e vittime di questo gioco al massacro e hanno perso tutti i loro punti di riferimento. La parola democrazia è ridotta ormai a puro suono, anzi ad un rumore di fondo, deprivato del suo reale significato. A dominare sono il mercato e gli sporchi interessi di coloro che lo governano. E tutto ciò –mi si perdoni il pessimismo- sembra avere, sempre più, minacciose analogie con quanto successe in Italia, a partire dal '22, e poi nel resto d'Europa, dopo la crisi del '29. Sappiamo tutti allora come finì.....
giovedì 13 dicembre 2012
UN INQUIETANTE PARADOSSO
Allora...A Servizio Pubblico, ieri sera, sento un immobiliarista -cioè, un signore che possiede multiproprietà, insomma un ricco- che si lamenta dell'IMU. Prima, nel corso di un servizio, i fascisti di casa pound -che dicono di avere, nell'Italia nata dalla Resistenza al nazifascismo, diritto di parola e di protesta- si erano dichiarati antisistema. E, a sentirli, se uno non ha un’adeguata preparazione politica e non sa che da quel sistema loro traggono linfa vitale, oppure non volendo porre la dirimente questione ideologica -visto che di nazisti pur sempre si tratta, cioè di gente la cui matrice culturale è criminale, omicida, genocida- hanno anche le loro ragioni, considerando il momento storico-politico che ci troviamo a vivere.
Poi sento un certo Tremonti –ex Ministro dell’economia e delle finanze del governo Berlusconi- attaccare la Germania e le politiche neoliberiste e filobancarie sostenute da BCE , UE e FMI, e proporre politiche sostanzialmente protezionistiche ma, ovviamente, a favore esclusivamente dell'impresa e del Capitale nazionale. In questo ambaradan, Di Pietro, che dovrebbe collocarsi in quell'area che oggi si identifica con la sinistra del PD, non riesce a fare un discorso politico compiuto se non annaspando e sparando slogan populisti, anche se sulle spese militari ha assolutamente ragione. Insomma tutti, conducendo il discorso sul filo del paradosso, sembrano essere contro il sistema e hanno motivi validi per esserlo e per lamentarsene. Fatte le debite differenze, s’intende!
Ecco, a me questo paradosso fa una paura infinita. Perché la situazione è talmente liquida, talmente indistinta, da andare a gonfiare un magma populista, o di parole che decadono a livello populista, che cresce esponenzialmente e pericolosamente, non solo e non tanto in funzione elettoralistica ma, ed è questo quello che più temo, con lo scopo di confondere sempre di più le idee e di frastornare sempre di più le coscienze dei cittadini, fin quasi all’entropia.
Soprattutto, all’interno di questo già desolante quadro, manca -al di la di poche e sparute eccezioni, è ovvio- nel variopinto arcipelago della sinistra, e soprattutto di quella giovanile, una precisa cultura di “classe” finalizzata alla necessaria comprensione dell’attualità del conflitto capitale-lavoro -anche perché il conflitto si è oramai esteso a livello globale ed è tra finanza e lavoro, e la differenza non è poca- così venendo vieppiù a mancare una forza politica di riferimento, capace di interpretarlo quel conflitto. La sinistra accettata nei salotti buoni, quella oramai genuflessa agli interessi del grande finanzcapitalismo, come lo definisce Luciano Gallino, non la prendo in considerazione: lor signori sanno quanto sia duro oggi quel conflitto, ma hanno deciso di voltare la faccia dall’altra parte, dalla parte cioè dei banchieri e delle borghesie parassitarie, tradendo, di fatto, la loro “classe” di riferimento! Manca insomma, per farla breve, una forza comunista capace di farsi interprete di quella lotta di classe che, nel corso del '900, ha fatto da argine allo strapotere delle forze del capitale e, pur tra immense difficoltà e a costo di sangue versato, è riuscita a fare avanzare e progredire la classe lavoratrice.
E quando alla fine della trasmissione tiro le somme, sono piuttosto agitato. La sensazione che ho è che stiamo andando incontro ad una confusione e ad una indeterminatezza politica, economica, sociale, civile ed etica tale, che l’orizzonte mi appare simile, se non addirittura più oscuro di quello che si materializzò dopo la grande depressione del '29.
E visto come finì allora, trionfo del nazifascismo e guerra mondiale, beh, Maya a parte, ho veramente paura!
mercoledì 12 dicembre 2012
Breve ricordo di un 12/12…ma era il 1969
Oggi, il 12/12 1969, alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, in Piazza Fontana a Milano, servizi segreti e fascisti fecero esplodere una bomba. 14 morti e 120 feriti. Fu detta La madre di tutte le stragi. Con essa, infatti, s’inaugurava la strategia della tensione, quella pratica con cui lo stato borghese, attraverso pezzi deviati dei servizi segreti –Ufficio Affari Riservati, SIM, SISDE- uomini della polizia e dei carabinieri, in collaborazione con la CIA e in collusione con strutture armate occulte, con l’ala stragista dell’ estrema destra, con la mafia e la P2 –cui, ricordiamolo, era iscritto anche l’oggi redivivo Berlusconi- non esitò ad uccidere alcune centinaia di cittadini di questo paese, con l’obiettivo di mantenere lo status quo, cioè la guida democristiana della nazione, in chiave anticomunista. Tant’è vero che i primi accusati di quella strage furono gli anarchici del gruppo 22 marzo, a cominciare da Pietro Valpreda, che si fece, da innocente, 3 anni di carcere e Pino Pinelli, ucciso dalla polizia tramite defenestrazione dall’ufficio del commissario Calabresi, della questura di Milano. I responsabili, però, non sono mai stati individuati. Come mai, nessuna condanna, nonostante le responsabilità di Stato e di gruppi dell’estrema destra, come Ordine Nuovo -il cui capo era il boia Rauti, suocero dell’attuale sindaco di Roma, Alemanno- siano accertate.
E dopo 40 anni, i familiari delle vittime furono addirittura condannati a pagare le spese processuali. Questa è la democrazia italiana, questa la democrazia dello stato borghese. Questa la democrazia delle elite finanziarie che, oggi come allora, pur di mantenere i propri privilegi e inalterati i profitti derivanti dai propri affari, non esitano ad uccidere innocenti. E ricordiamoci –ma ricordiamolo soprattutto ai giovani che, probabilmente, di questi avvenimenti pochissimo sanno- che, ai vertici dello stato italiano, ancora oggi, ci sono uomini che, di quella stagione delle stragi –fino alle stragi di mafia degli inizi dei ’90, in cui trovarono la morte Falcone e Borsellino- furono protagonisti. A cominciare da Berlusconi, Cicchitto, il senatore a vita Andreotti, Dell’Utri, una parte di AN, lo stesso presidente Napolitano; o come l’ex ministro Nicola Mancino ecc. ecc.
Tutto questo, lo ripeto, in chiave anticomunista. E’ Storia…
E dopo 40 anni, i familiari delle vittime furono addirittura condannati a pagare le spese processuali. Questa è la democrazia italiana, questa la democrazia dello stato borghese. Questa la democrazia delle elite finanziarie che, oggi come allora, pur di mantenere i propri privilegi e inalterati i profitti derivanti dai propri affari, non esitano ad uccidere innocenti. E ricordiamoci –ma ricordiamolo soprattutto ai giovani che, probabilmente, di questi avvenimenti pochissimo sanno- che, ai vertici dello stato italiano, ancora oggi, ci sono uomini che, di quella stagione delle stragi –fino alle stragi di mafia degli inizi dei ’90, in cui trovarono la morte Falcone e Borsellino- furono protagonisti. A cominciare da Berlusconi, Cicchitto, il senatore a vita Andreotti, Dell’Utri, una parte di AN, lo stesso presidente Napolitano; o come l’ex ministro Nicola Mancino ecc. ecc.
Tutto questo, lo ripeto, in chiave anticomunista. E’ Storia…
martedì 11 dicembre 2012
LE COMUNI ORIGINI DEL NEOLIBERISMO GLOBALIZZATO E DELLA CRISI
L’architrave delle politiche neoliberiste poggia su un fortunato slogan elettorale: “ridurre le tasse”! Se ci fosse il tempo per verificare empiricamente chi ha usufruito di questa imponente campagna propagandistica -apparentemente popolare- scopriremmo che l’obiettivo a lungo tempo della politica di riduzione del peso fiscale ha avuto principalmente due effetti: 1) Ridurre strutturalmente la capacità di azione politica degli stati; 2) Ridurre le tasse per i redditi alti
Furono, ai primi anni ’80, Ronald Reagan e Margaret Thatcher ad enfatizzare questo aspetto: da allora tutti i governi conservatori – ma non solo – hanno inserito l’abbassamento delle tasse ai primi posti dell’agenda politica.
David Stockman, responsabile del bilancio di Reagan, coniò una terminologia che spiega molto del senso politico di questa nuova ideologia: “affama la bestia”. La “bestia” sarebbe lo stato, finalmente obbligato ad una riduzione di spese dalle minori entrate fiscali. In regime di abbassamento di tasse le opzioni sono solo due: 1. si mantengono, più o meno, gli stessi servizi, sperando in una crescita miracolosa oppure, più probabilmente, facendo debito. Questa opzione viene detta anche “politica dell’offerta”, poiché teoricamente pagando meno tasse c’è maggiore “offerta” di reddito e si è più incentivati a lavorare; 2. si tagliano anche le spese.
Le due opzioni sono state entrambe utili alla causa dei neoliberisti. La prima infatti si è rilevata molto utile per “vendere” lo slogan “meno tasse per tutti” e celare pertanto la vera natura del provvedimento. La seconda è invece la linea guida nelle politiche economiche mondiali.
Così fece Ronald Reagan per implementare il liberismo nella già molto liberista società statunitense.
Alcuni economisti criticarono i provvedimenti di Reagan: senza adeguati tagli di spesa – sostenevano - la riduzione di entrate fiscali avrebbe fatto crescere il deficit, rallentando la crescita. Però molti altri trovarono occupazioni ben retribuite come consulenti di politici conservatori o come opinionisti in riviste di destra o come membri di associazioni e fondazioni legati ai poteri economici di tycoon conservatori.
Si stava creando, e si è creata in pochi anni, una specie di lobby con l’obiettivo di ridimensionare l’azione del governo. La riduzione delle tasse era il mezzo per raggiungere lo scopo. I teorici dell’offerta servono per la parte propagandistica; i teorici della riduzione di spesa rappresentano invece il pensiero forte della nuova politica. “L’economia dell’offerta è la faccia rassicurante – scrive il premio nobel Paul Krugman – di un movimento politico che ha un programma molto più duro”.
La decisione di ordine economico ha, in realtà, una matrice esclusivamente politica. E’ il progetto per spostare gli Stati Uniti strutturalmente a destra.
Nel 1981 Reagan varò una prima tranche di tagli fiscali. Modesti risparmi per la classe media, ma enormi per i redditi alti. L’aliquota –che nei paesi avanzati è progressiva– è stata abbassata per la minuscola quota dell’1 per cento dei super-ricchi americani dal 37 al 27.7 per cento.
Gli economisti neoliberisti e di destra, che sostengono queste politiche, ci dicono che la conseguenza è un aumento della crescita. Basta controllare i dati per verificare non solo che non è vero, ma che queste politiche economiche, non disgiunte da quelle monetariste, hanno condotto allo sfacelo che stiamo vivendo oggi, e di cui a pagare il prezzo salatissimo sono solo la classe operaia, la classe lavoratrice, i pensionati, i giovani, insomma gli strati sociali meno agiati.
La globalizzazione e i mutamenti politici e sociali ad essa legata, verificatisi negli ultimi trent’anni, sono appunto l’insieme di fenomeni che derivano o si legano al neoliberismo guidato da Washington: preminenza della sfera economica su quella politica; peso della finanza internazionale nello stato di salute delle economie nazionali; cultura di massa globale consumista e individualista; precarizzazione dei rapporti sociali e di lavoro; degrado ambientale; flussi migratori di massa; distruzione della biodiversità; espansione delle multinazionali; esplosione della disuguaglianza nord-sud; sviluppo di reti mafiose; proliferazione di paradisi fiscali; moltiplicazione delle guerre e del terrorismo; controllo dei canali informativi tramite pubblicità, tv, internet, telefonia.
E la vera alternativa a tutto ciò, sia ben chiaro, non è l’applicazione indolore, a mio modesto avviso, di politiche di stampo keynesiano, quindi riformiste, e quindi atte a mantenere in vita l’attuale sistema capitalista, ma proprio il totale sovvertimento, in senso comunista, di questo sistema che genera ingiustizia, disuguaglianza, sperequazione, competizione esasperata e, dunque, sopraffazione; e, in ultima analisi, guerra come risoluzione di conflitti di interessi e come chance per creare profitto in tempo di crisi recessiva.
Del resto, come dice Don Delillo in Cosmopolis –e sono anche le parole del protagonista dell’omonimo film diretto da Cronenberg- “La logica estensione del buisiness è l’omicidio”!
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