Alcuni amici, ieri –pubblicamente ed in privato- dopo aver letto il mio articolo “La farsa referendaria di un movimento autocratico e dalle preoccupanti tendenze xenofobe”, ha mosso qualche critica –sempre benvenuta- specie in merito a quella locuzione, “tendenze xenofobe”, che sarebbe eccessiva in quanto accusa ingiustificata ed ingiustificabile di razzismo.
Allora, innanzitutto chiariamo una cosa, che mi sembra fondamentale, al fine di evitare equivoci, diciamo così, ideologici. Anche se, comunemente, i due termini vengono erroneamente assimilati, tra xenofobia e razzismo c’è una differenza, sottile ma sostanziale. La xenofobia è un «sentimento di avversione generica e indiscriminata per gli stranieri e per ciò che è straniero, che si manifesta in atteggiamenti e azioni di insofferenza e ostilità verso le usanze, la cultura e gli abitanti stessi di altri paesi, senza peraltro comportare una valutazione positiva della propria cultura, come è invece proprio dell’etnocentrismo; si accompagna, tuttavia, spesso, ad un atteggiamento di tipo nazionalistico, con la funzione di rafforzare il consenso verso i modelli sociali, politici e culturali del proprio paese attraverso il disprezzo per quelli dei paesi nemici». Il razzismo puro, invece, è un’ideologia vera e propria: «teoria e prassi politica e sociale fondata sull’arbitrario presupposto dell’esistenza di razze umane biologicamente e storicamente “superiori”, destinate al comando, e di altre “inferiori”, destinate alla sottomissione, e intesa, con discriminazioni e persecuzioni contro di queste, e persino con il genocidio, a conservare la ”purezza” e ad assicurare il predominio assoluto della pretesa razza superiore» (definizioni entrambe della Treccani). Se parlo di xenofobia, dunque, lo faccio a ragion veduta.
Detto ciò, come giudicare le dichiarazioni di Grillo in merito allo ius sanguinis e allo ius soli –un’ argomentazione, questa, che ho più volte ripreso, a proposito del M5S- ovviamente a sostegno del primo? Mi si vorrà scusare la pedanteria ma, stando alla Storia, questo è praticamente un dispositivo di matrice nazista. Il mito del Blut und Boden (Il Sangue e La Terra) venne elaborato, in chiave biologisticamente razzista, da Darrè -ministro dell’Agricoltura e dell’alimentazione del III Reich- e dallo studioso di statistica e demografo, Friedrich Burgdörfer -apprezzato collaboratore di Hitler- al quale si può attribuire la concezione che il filosofo francese, Jacques Maritain, con una formula quanto mai incisiva definì “umanesimo zoologico del sangue e della razza”. Ora, lungi ovviamente, come si può facilmente comprendere –contrariamente, mi darei dell’imbecille da solo- dal voler confondere, tout court, quelle idee farneticanti con le più populistiche e xenofobe, appunto, istanze del duo Grillo-Casaleggio, si converrà, però, che certe esternazioni siano quantomeno allarmanti e contribuiscano a creare un ulteriore clima di cupezza in una società, come quella italiana –anche se è un po’ tutta l’Europa a vivere sull’orlo di un precipizio politico ed ideologico: Grecia, Ungheria, addirittura la civile Francia, stanno lì a dimostrarlo- già in questo momento fosca, arrabbiata, con fortissime tensioni sociali e notevoli spinte di destra, a caccia di un colpevole qualunque –e l’immigrato è sempre il più facile e vicino- e comunque già predisposta, di suo, come dicevo nell’articolo precedente, a pulsioni di tipo reazionario e fascistoide. E, stando sempre alle dichiarazioni del genovese, come giudicare quelle in cui diceva che, se il movimento si fosse espresso contro la Bossi-Fini, prima della tornata elettorale, avrebbe preso percentuali da prefisso telefonico? In pratica, stiamo alla xenofobia strumentale, il che è anche peggio.
Insomma, come ho più volte ripetuto, non voglio certo dare la patente di fascista al movimento, che so annoverare, tra le sue fila, amici e compagni incazzati e stanchi, persone che, in assoluta buona fede, credono in esso come motore di un reale cambiamento, sinceri democratici delusi, giustamente, dall’attuale quadro politico, e così via. Ma Grillo e Casaleggio –soprattutto quest’ultimo, con la sua farneticante visione del futuro e del mondo- mi inquietano. Inoltre, da Comunista, non amo l’interclassismo –tipico di forze politiche similari- e anzi lo giudico deleterio e indirizzato, inevitabilmente, verso derive qualunquistiche e corporativistiche. Infine, cosa per me basilare, al di là di una generalizzata e demagogica recriminazione di carattere antipolitico, vero nocciolo del movimento –e pericolosissima, diciamolo chiaro, perché tendente ad annullare, nella sua furia pantoclastica, la stessa essenza etica dell’agire politico, sia esso istituzionale o rivoluzionario, come personalmente auspicherei- e di poche proposte, valide ma per nulla incisive –e di ciò andrebbero analizzate le profonde ragioni tattico-strategiche- il movimento non prospetta alcuna visione di società alternativa. Anzi, esso è indiscutibilmente funzionale all’attuale sistema capitalistico, come si può facilmente dedurre anche dalla lettura del programma elettorale nel quale, ad esempio, non una parola viene detta sul lavoro e, anzi, su questo tema, ci sono dichiarazioni di portavoce che si permettono di asserire, con l’ arroganza tipica dei borghesi benestanti, che l’articolo 18 sarebbe un’aberrazione ideologica: andassero in fabbrica a lavorare e poi ne discutiamo. Quel sistema, capitalista e neoliberista, ci ha di fatto condotti nella situazione tragica nella quale, inesorabilmente, versiamo oggi. Io, da marxista, mi batto perché esso venga radicalmente sovvertito. Per dirla in breve: non amo gli aggiustamenti ortopedici!
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