venerdì 27 giugno 2014
PER UNA NUOVA FORZA ANTAGONISTA E MARXISTA
Occorre ricostruire, innanzitutto, un’egemonia politica e culturale fra le masse e all’interno della classe operaia e lavoratrice, per poi elaborare, in uno sforzo intellettuale e collettivo, le forme e la sostanza di un’ ipotesi di società comunista, alternativa al capitalismo, e che, ahimè, tanto in Italia quanto in Europa, attualmente non mi pare emerga. Il problema sostanziale, credo vada individuato nel fatto che non si nota, viepiù, la volontà di compierlo seriamente, quello sforzo collettivo. Men che meno da parte delle dirigenze di quei partiti che si richiamano al marxismo –ovviamente, esclusa SEL, che con il marxismo non ha mai avuto nulla a che vedere- le quali, di quei partiti, troppo spesso si servono per conservare quel minimo di potere che ancora gli derivi dalla loro collocazione gerarchica interna. Qualcosa si agita alla sinistra del PRC e degli altri partiti tradizionali, appartenenti alla cosiddetta sinistra radicale, sul terreno tanto del dibattito teorico, quanto su quello dell’agire politico e strategico e, secondo il mio modestissimo parere, ne vanno necessariamente e appassionatamente seguiti gli sviluppi.
Una cosa, però, almeno a me, risulta chiara. Se non si vuole sperare, in extrema ratio, in un'avanguardia rivoluzionaria -ipotesi che molti aborrono e posso anche trovarmi d’accordo: se non altro perché oggi non se ne scorge alcuna, almeno in Italia- andrebbero smantellate le attuali strutture di partito, impegnate in tatticismi e manovre puramente elettoralistiche e che, nonostante ciò –e anzi, proprio per questo- sono diventate residuali sul piano del consenso elettorale -parlo del PRC, del PDCI, del PCL, di Sinistra Critica. del Partito Comunista Popolare, ridotti, spesso, a pure proiezioni dei loro leader carismatici- e allo stesso tempo, ridimensionate le tendenze economiciste-spontaneiste, tipiche dei movimenti, che sfociano nel minoritarismo, mettendo in atto il tentativo di unire, meglio di fondere, tutte quelle energie, in un omogeneo, seppur culturalmente variegato, blocco sociale e di lotta al capitalismo. Questo blocco andrebbe costruito, ciò deve essere chiaro, riformulando parole d'ordine e superando barriere dottrinali che, troppo spesso, hanno fatto da paravento per le sconfitte del movimento operaio e comunista, negli ultimi anni. Ovviamente, questo non vuol dire operare un revisionismo dei nostri fondamentali principi marxisti -continuano a perdurare le disuguaglianze, le sperequazioni, le ingiustizie, l'imperialismo- ma soltanto adattarne i dispositivi alle mutate condizioni politiche, sociali, culturali, economiche e ai nuovi e diversi rapporti di forza, di classe e di produzione, che le borghesie sono riuscite a mettere in atto, anche per contrastare l’attuale crisi di sistema e di accumulazione valoriale. Proprio per questo, credo che non si possa più ragionare in termini di monoblocco partitico, restringendo il perimetro del conflitto alle sole borghesie nazionali; ma l’orizzonte della lotta deve’essere necessariamente articolato ed internazionalista, oltreché radicale ed intransigente. La discussione è sul terreno. Spero che l’intero movimento comunista voglia prenderne atto.
Nel frattempo, un primo passo verso la costruzione di quel blocco sociale e di lotta può essere rappresentato dal contro semestre popolare, che prenderà il via sabato 28 giugno, a Roma, in opposizione al semestre italiano di presidenza dell’Unione Europea, contro le politiche di austerity imposte dalla troika e a favore del lavoro, del reddito, del welfare e contro la dilagante guerra imperialista, voluta da UE e USA.
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