sabato 21 giugno 2014

VIA FANI, OVVERO: L’INIFINITA STORIA DELLE FALSE RICOSTRUZIONI E DELLE BUGIE DI STATO.



Non si arrestano le fantasie dietrologiche –alle quali, il massimo contributo è stato offerto dalla pubblicistica e dalla saggistica prodotte da ex esponenti del PCI e dei DS: dal senatore Sergio Flamigni al senatore Giovanni Pellegrino, allo storico togliattiano Giuseppe Vacca- che, da sempre, hanno accompagnato il rapimento Moro -vero snodo storico-politico della Repubblica italiana- e la vicenda stessa delle Brigate Rosse e della lotta armata comunista in Italia. Una vicenda da ricondurre, volenti o nolenti, all’etero direzione dei servizi segreti di mezzo mondo o ad improbabili collaborazioni delle B.R. con i più diversi soggetti criminali. Perché, questa è l’idea che mi sono fatto nel corso degli anni, l’obiettivo era ed è quello di mettere, sullo stesso piano, l’estremismo di matrice neofascista, bombarolo e stragista, e che grazie a quelle complicità esisteva e proliferava –anche al momento della nascita del cosiddetto spontaneismo armato, predicato dai NAR- in funzione golpista o stabilizzatrice-conservatrice, volta a spostare l’asse politico-istituzionale a destra, e le spinte rivoluzionarie, di estrazione marxista, che miravano ad un sovvertimento dello Stato e del sistema, in chiave comunista.
Dunque, ecco che dopo le balle dell’ex finanziere, Giovanni Ludu –incriminato per calunnia dalla magistratura- sul covo di via Montalcini e sulla liberazione di Moro, riprese immediatamente da uno dei corifei del complottismo, l’ex giudice istruttore, Ferdinando Imposimato; dopo le mendaci dichiarazioni dell’artificiere, Vitantonio Raso –anch’egli sotto inchiesta per calunnia- circa il ritrovamento del corpo del presidente democristiano; dopo tutte le fantasmagoriche ricostruzioni su chi ci fosse o non ci fosse, quel giorno, in Via Fani, sempre smentite dai brigatisti; dopo la storia della moto Honda, una sorta di oggetto volante non meglio identificato, montata -stando alle più seducenti interpretazioni della dietrologia nostrana- da agenti dei servizi, da esponenti della ‘ndrangeta o da chissà quali altre proiezioni fantasmatiche: in realtà, in sella a quella motocicletta, c’erano Giuseppe Biancucci, di 23 anni, e Roberta Angelotti, di 20, abitanti in Via Stresa e militanti del “Comitato proletario di Primavalle Mario Salvi”; ora, ci tocca assistere all’ennesima puntata di quella fiction, che potremmo chiamare “Via Fani: l’infinita storia delle false ricostruzioni e delle bugie di stato ”.
Raffaele Fiore, operaio, ex dirigente della colonna torinese delle B.R., che era tra i nove che quella mattina neutralizzarono la scorta e rapirono il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, dopo aver rilasciato un’intervista alla giornalista di Oggi, Raffella Fanelli, si vede costretto a smentirne alcuni passaggi, rielaborati ad arte dall’articolista. In pratica, stando a quanto scrive la reporter, Fiore avrebbe dichiarato che, al momento dell’attentato, sarebbero state presenti, in Via Fani, persone che non conosceva: «persone che non dipendevano da noi […] Che erano altri a gestire». Una rivelazione clamorosa, visto che nessuno dei brigatisti presenti quella mattina ha mai rilasciato una simile dichiarazione. Il problema, però, è che Fiore, quelle parole, non le ha mai pronunciate. Contattato telefonicamente, ha dichiarato: «In via Fani, quella mattina, eravamo in nove [Fiore non prende in considerazione la staffetta indicata nelle sentenze processuali nella persona di Rita Algranati, condannata all’ergastolo e attualmente in carcere]. Di questi ne conoscevo sei, i regolari: Mario Moretti, Barbara Balzerani, Valerio Morucci, Baffino (Franco Bonisoli), Prospero Gallinari e Bruno Seghetti . Gli altri, due irregolari romani, non li conoscevo ed ancora oggi farei fatica ad identificarli. La giornalista mi ha chiesto se i due situati nella parte superiore di via Fani fossero Lojacono e Casimirri. Ho risposto che non li conoscevo. Che i due che stavano sulla parte alta della via erano della colonna romana e dunque erano altri a gestirli». Insomma, l’immancabile informazione spazzatura, come tanta se n’è vista, sul caso Moro.
La verità è che dare un riconoscimento politico alle BR, ancora oggi, fa paura allo stato borghese e ai suoi sponsor finanziari . Hai visto mai che qualcuno possa trarne esempio, in un passaggio storico tanto delicato e profondamente segnato da una crisi che sta evidenziando, sempre più, le iniquità del trionfante modello liberista occidentale?! Quindi, tutto ciò che possa screditarne la storia, è ben accetto. E allora, ecco pronta anche la costituzione di una nuova, l’ennesima, Commissione Moro.

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