Rothko Chapel

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"L'estensione logica del business è l'omicidio!" (D. Cronenberg)

mercoledì 20 agosto 2014

ANNULLATA LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BARBARA BALZERANI: SARA TURBA ANCORA LE ITALICHE ANIME PIE. SPECIE QUELLE DELLA SINISTRA



Giovedì 21, Barbara Balzerani –nome di battaglia Sara- capo storico delle Brigate Rosse e fondatrice delle B.R. Partito Comunista Combattente, oggi scrittrice, avrebbe dovuto presentare il suo romanzo, "Lascia che il mare entri", a Campineto Romano, comune montano di cinquemila abitanti. Barbara era stata invitata dall'amministrazione di centro sinistra, presieduta da PD e SEL, che però, dopo uno squallido articolo su "Il Tempo", e a seguito di minacciate manifestazioni di protesta da parte dell'opposizione di centro destra e delle surreali e risibili dichiarazioni di cotal Stefano Cacciotti, secondo cui «un’istituzione non può patrocinare una criminale» -detto da un fascista è quasi comico se non fosse tragica la sua storia- il sindaco, Matteo Battisti, ha vergognosamente e vigliaccamente fatto marcia indietro, annullando l'invito e la presentazione del libro. Nel comunicato diramato dal Comune si legge: «Per evitare strumentalizzazioni di ogni genere o manifestazioni che possano turbare la tranquillità della nostra comunità l’Amministrazione Comunale ha deciso di annullare la presentazione del libro "Lascia che il mare entri" di Barbara Balzerani».
Dunque, nel paese che ha concesso, per mano del capo dei comunisti di allora, Palmiro Togliatti, la grazia ai gerarchi fascisti che si erano macchiati di atroci delitti; nel paese che ha fatto di Andreotti, colluso con la mafia dei Bontade, dei Greco, dei Calò, dei Leggio, per sette volte il capo del governo “democratico” italiano, nonché il nostro rappresentante all’estero; nel paese in cui si concede, ad uomo come Berlusconi, solo perché molto ricco e potente, di evadere il fisco, di intrattenere rapporti con mafiosi -lo stalliere Mangano- vicini all’ala stragista corleonese, di agire extra legem e, nonostante ciò, di fare il Primo Ministro e, casomai, anche il Presidente della Repubblica; nel paese in cui si concede di presentarsi alle elezioni e di esprimere le proprie opinioni a movimenti che si dichiarano fieri seguaci della criminale ideologia nazifascista, come Casa Pound e Forza Nuova; nel paese in cui la Chiesa ricicla i soldi del crimine organizzato e, grazie ad essi, finanzia dittature militar-fasciste in giro per il mondo, canonizzando, poi, il Papa che di questo criminale scempio si è reso protagonista: Giovanni Paolo II; in questo paese dove, in ossequio alla doppia morale cattolica, mallevadrice degli striscianti sentimenti razzisti, xenofobi, classisti, omofobi, morbosi, che, da sempre, attraversano la società italiana, vale tutto e il contrario di tutto, purché non si turbino le anime pie –di solito, covatrici di astio e di odio- e si difendano gli interessi della borghesia benpensante, ipocrita e perbenista; nel paese dov’è presente il più alto tasso di omicidi e violenze commessi ai danni delle donne, senza che venga approvata un’adeguata legislazione in materia, forse perché il maschilismo catto-fascista la fa ancora da padrone; nel paese in cui i buoni e devoti padri di famiglia vanno allegramente a puttane e, altrettanto allegramente, praticano, più che in ogni altro luogo, turismo sessuale per scopare bambine e bambini; nel paese in cui un ex presidente della Repubblica -Francesco Cossiga- peteva dichiarare, mietendo consensi politici, che: «le manifestazioni studentesche costituirebbero un pericolo perché sarebbero il vivaio potenziale di una nuova ondata di terrorismo ; per questa ragione Maroni dovrebbe infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. A questo punto, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano» E ancora, rivolgendosi al capo della Polizia, Manganelli : «Serve una vittima. Meglio se donna o bambino, per poter giustificare la successiva repressione»; nel paese dove un ministro della Repubblica –Giovanardi- mente su Ustica e infanga le vittime di quella strage, senza che nessuno prenda provvedimenti; nel paese in cui i familiari delle vittime della strage di Piazza Fontana -strage di stato e fascista- dopo oltre quarant’anni di processi senza verità, vengono costretti a pagare le spese processuali, mentre i responsabili sono liberi di girare impuniti; nel paese in cui polizia e carabinieri possono ammazzare di botte, senza alcun valido motivo, dei giovani di vent’anni, restando non solo impuniti ma ricevendo, semmai, anche il plauso istituzionale; insomma, in questo paese, un paese francamente ridicolo e malsano, tragico e comico ad un tempo, la presentazione del libro della Balzerani turberebbe la comunità? Non c’è limite alla mancanza di vergogna e all’ignominia. Posso solo dire che, evidentemente, anche solo le parole di una donna come Barbara Balzerani, di una comunista rivoluzionaria, mai pentita e mai dissociatasi dalla sua storia, fanno ancora tanta paura. Tanta, da volere addirittura metterne a tacere la voce.
D’altronde, come ha già ricordato lei stessa, in un’intervista rilasciata qualche tempo fa: «Il vincitore, oltre alla resa, pretende tutte le ragioni e fa della ricostruzione storica un’arma per l’esercizio del suo potere. Infatti, la nostra vicenda è stata talmente trasfigurata e decontestualizzata che viene usata come deterrente per il presente. Come se l’ipotesi stessa del conflitto sociale abbia esaurito la sua legittimità una volta e per sempre. La mia scrittura non può che partire da qui perché la storia dell’insorgenza degli anni ’60 e ’70 è il prodotto di violenza, illibertà e ingiustizie di antica memoria. Le responsabilità politiche di chi ha governato questo paese, anche con le stragi, e di chi se ne è fatto alleato, ne hanno costituito le ragioni. Io non intendo cercare giustificazioni per le mie scelte ma neanche darne a nessuno». E poi, di seguito: «Nella sostanza, sono ignorata dalla critica letteraria e ai margini del mercato editoriale, quando non direttamente sanzionata per la mia presunzione di esistenza in vita, ossia con facoltà di parola. Ma non mi lamento, voglio solo scrivere per chi, come me, soffre la povertà dei valori oggi dominanti, che fanno del mercato di tutto e di tutti la misura del bene e del male».
Pertanto, a ben considerare la vicenda della Balzerani e quest’ultimo, deplorevole episodio, il “democratico” stato italiano -dal passato stragista e terrorista, oggi complice nonché, insieme a USA e ad altri paesi membri dell’UE, finanziatore e sponsor di stati e milizie, che del terrorismo si servono per imporre e tutelare gli interessi dell’imperialismo occidentale: Israele, nazisti ucraini, ribelli siriani, jihadisti– continua a considerare Barbara una pericolosa terrorista. Il che appare, palesemente da quanto detto, una grottesca contraddizione in termini. Ma si sa, la democrazia, impregnata di cristiana pietas, ha onnipotenti, insindacabili e imperscrutabili poteri assolutori, che esercita a sua discrezione. Dunque, autoassolve sé stessa per le atrocità commesse e che continua a commettere in fieri, assolve dittatori fascisti come Pinochet, ma mette alla gogna chi, stando alle sue leggi, si sarebbe macchiato del reato di eversione dell’ordine costituito, pagandone, per questo, il prezzo con trent’anni di carcere. In poche parole, per i gendarmi del decoro, una volta scontata la pena, il peso del passato deve incombere come un macigno morale su chi ha preso parte alla lotta armata e, quindi, bisogna ridurlo al silenzio.
Ma se per l’ordine costituito, la Balzerani è stata e resta una terrorista –rossa: il che è un’ aggravante non da poco- per noi, compagni e comunisti, Sara è stata e resta una combattente per il comunismo e per gli ideali di libertà. Ideali per i quali continua a battersi, ed evidentemente a pagare, anche attraverso l’arma della parola scritta. Un diritto di parola che, piaccia o meno, proprio perché dovremmo essere in un regime democratico, non può esserle negato. Un diritto di parola che noi compagni non solo le riconosciamo, ma pretendiamo che eserciti, perché per noi rappresenta la speranza, mai sopita, che un mondo migliore sia ancora possibile, nonostante tutto. Barbara, insomma, oggi è una cittadina, una donna che ha pagato la sua pena, ed ora è libera. Libera di vivere. Libera di scrivere. Libera di parlare. Io, dunque, sono e sarò sempre con Barbara. E per citare Majakovskij: «Nostra arma sono le nostre canzoni. Nostro oro sono le voci squillanti».

lunedì 14 luglio 2014

ALCOOL



Dicono che io
sia spesso ubriaco
Si è vero
bevo cazzo!

Bevo
Ma non è l'alcool
che mi sbronza

E' il sangue
versato
dalle ferite di un mondo
senza senso e senza pietà
che mi sgomenta
e mi ubriaca

Sono le lacrime
dei bambini di Palestina
i loro corpi martoriati
sui letti di ospedale
bruciati e sventrati
che mi tolgono il rispetto
dell’umanità malata

E' l'urlo delle donne
stuprate nelle guerre
e nelle case da bene
quelle maleodoranti
di amore cattolico
che mi atterrisce

Sono le mani
tese dei poveri
su cui la buona borghesia
sputa
giorno per giorno
che mi lacerano
e mi offrono un altro bicchiere

Sono le svastiche
che divorano
il cielo di Ucraina
il macello nazista
della carne di Donetsk
che mi fanno vomitare
ad un angolo di strada

E' questo fetore
di rancido e di morte
emanato dalla vita
a darmi la nausea.

E allora bevo
Si bevo cazzo
Per non spararmi
Un colpo alle tempie.





lunedì 7 luglio 2014

7 LUGLIO 1960: LA STRAGE DI REGGIO EMILIA. MA OGGI COME IERI, LUNGA E' LA LINEA ROSSA DEL SANGUE INNOCENTE VERSATO, PER MANO DEI SUOI GENDARMI, DALLA REPUBBLICA ITALIANA, DEMOCRATICA E LIBERALE



Il 7 Luglio 1960, durante una manifestazione in corso a Reggio Emilia, reparti di polizia e carabinieri del “democratico” Stato italiano, assassinavano 4 operai ed un contadino: Lauro Farioli, operaio di 22 anni, orfano di padre, sposato e padre di un bambino; Ovidio Franchi, operaio di 19 anni, il più giovane dei caduti; Marino Serri, pastore di 41 anni, partigiano; Afro Tondelli , operaio di 36 anni, partigiano; Emilio Reverberi, operaio di 39 anni, partigiano. I feriti ufficiali furono 16, quelli trasportati in ospedale, ma si ritiene che molti altri abbiano preferito curarsi "clandestinamente", per non farsi identificare. La manifestazione era stata indetta per protestare contro le violenze perpetrate dalle forze dell’ordine, nei giorni precedenti, durante cortei di opposizione al neonato dicastero Tambroni, che aveva avuto l’appoggio esterno del MSI -partito nato dalle ceneri del fascismo, all’indomani della caduta della dittatura- e soprattutto per contestare la scelta, compiuta dallo stesso governo, di designare Genova –città medaglia d’oro per la Resistenza- come sede del congresso del Movimento Sociale, allora guidato da Michelini. Erano passati appena 15 anni dalla caduta del fascismo e dalla Resistenza, che aveva visto il sacrificio di migliaia di vite, immolatesi sull’altare della Libertà –specie partigiani comunisti- e si può comprendere quale fosse lo sdegno che, una simile scelta, aveva provocato in coloro che avevano combattuto contro la tirannide nazifascista. La tensione era altissima e vasta fu, logicamente, la mobilitazione popolare. Ma il democristiano Fernando Tambroni, amico dei fascisti e uomo dal polso fermo e dal pugno di ferro, non si lasciò certo intimidire, ed ordinò ad i suoi sgherri di aprire il fuoco, in caso di necessità. Al temine di quelle settimane di lotta, si contarono undici morti e centinaia di feriti. Tra questi, i 5 di Reggio Emilia. Quel giorno, polizia e carabinieri spararono, contro i manifestanti inermi, qualcosa come 182 colpi di mitra, 14 di moschetto e 39 di pistola.
In seguito a quei tragici eventi, il 29 novembre 1962, la Sezione Istruttoria della Corte d'appello di Bologna rinviò a giudizio il vicequestore Giulio Cafari Panico, per omicidio colposo plurimo, e l'agente Orlando Celani per omicidio volontario, con l’accusa di aver sparato contro Afro Tondelli. Per motivi di legittima suspicione il dibattimento venne celebrato davanti alla Corte d'Assise di Milano e non a Reggio Emilia. La Sentenza venne pronunciata il 14 luglio 1964: il vicequestore fu assolto con formula piena, per non aver commesso il fatto, mentre l'agente venne assolto con formula dubitativa. Due anni dopo, la Corte d'Assise d'Appello riformò la sentenza, assolvendo l'agente con formula piena.
Sono passati, dunque, 54 anni da quel giorno, ma poco o nulla è cambiato sotto il cielo di questa nostra Repubblica. Una Repubblica che, sin dai suoi primi vagiti, ha annusato l’odore malsano del compromesso di matrice democristiana: ne sono un esempio concreto l’amnistia concessa da Togliatti ai fascisti in galera ed il tradimento del sogno resistenziale, il cui obiettivo era sì la sconfitta del nazifascismo, tuttavia solo come primo passo verso l’instaurazione di una Democrazia Socialista e Popolare. Ma non si poteva. Le logiche di Yalta erano già coattive e l’Italia sarebbe finita sotto il giogo statunitense e sotto l’ombrello protettivo della NATO. Di quei compromessi, ne stiamo raccogliendo oggi, a distanza di 54 anni, i frutti a piene mani. Dopo l’illusione socialdemocratica e bernsteiniana, infatti, del superamento delle contraddizioni insite alla società capitalistica, durata fino alla caduta del muro di Berlino, il trionfo della cultura borghese e piccolo borghese, catto-fascista, finanziario-mercatista e legalitaria è pieno ed ha soggiogato, oramai, anche la sinistra. Oggi come ieri- anzi, a ben guardare ciò che sta succedendo in Europa, più di ieri- i fascisti vengono utilizzati a scopo di normalizzazione sociale e per stroncare sul nascere qualunque protesta o voce si levi –soprattutto se proveniente dal frastagliato arcipelago comunista- in dissenso con le politiche reazionarie, padronali ed imperialiste, attuate da governi sostanzialmente delegittimati a legiferare, asserviti al capitale monopolistico e aventi l’unico scopo di ratificare decisioni prese da organismi sovranazionali come FMI, BCE, UE, Banca Mondiale. Oggi come ieri, se uomini appartenenti alle forze dell’ordine –spesso, vero e proprio braccio armato del governo- commettono reati, finanche l’omicidio, godono di una sorta d’immunità per cui, tuttalpiù, si beccano una condanna formale e simbolica, finendo col fare anche carriera e raccogliendo, addirittura, il plauso dei colleghi per aver fatto il loro sporco dovere. Oggi come ieri, lo stato “democratico” continua a mietere, per mano dei suoi gendarmi, vittime senza colpa, o il cui unico torto è quello di lottare per la libertà, la giustizia e per i propri diritti.
Ieri: Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Marino Serri, Afro Tondelli, Emilio Reverberi. Oggi: Carlo Giuliani, Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Guido Magherini. Ma l’elenco delle vittime, di ieri e di oggi, potrebbe continuare. Lunga è la linea rossa del sangue innocente, versato dalla Repubblica italiana, democratica e liberale!





lunedì 30 giugno 2014

EPISTOLA A PAPA FRANCESCO: SANTITA', CHI HA RUBATO LA BANDIERA A CHI?





Santità,
parlando della povertà, Lei ieri ha dichiarato, in un’intervista al Messaggero: "I comunisti ci hanno derubato la bandiera. La bandiera dei poveri è cristiana. La povertà è al centro del Vangelo. Marx non ha inventato nulla". Mi permetta di dirLe, Egregio Santo Padre, che questa è un’affermazione quanto meno azzardata, tanto sul piano storico-filosofico, quanto su quello della decenza etica. Certe cose, in bocca a Lei, non sta bene sentirle. E Le vorrei spiegare il perché di questa mia perentoria, e solo apparentemente irriguardosa, affermazione.
Dunque, a parte le Sue implicazioni con la dittatura di Videla; a parte il vergognoso e corrivo silenzio da Lei adottato sui crimini commessi, all’epoca, dalla junta argentina, quando non ha addirittura Lei stesso denunciato, ad essa, alcuni sacerdoti -seguaci della Teologia della Liberazione- che le si opponevano: comportamenti che Le hanno procurato il giustificatissimo ed orgoglioso sdegno delle Madri di Plaza de Mayo, ma perfettamente il linea con quella vile ambiguità che, da sempre, ha contraddistinto la chiesa cattolica, collusiva con ogni Potere che non ne ostacoli l’operato, anche se nazifascista; a parte l’appoggio di Giovanni Paolo II a tutte le dittature militari e fasciste in Sud America e la sua politica dichiaratamente anticomunista; ma parlare di furto della bandiera della povertà ad opera dei soliti comunisti, da parte Sua e del Vaticano, non Le sembra, mi perdoni l’irriverenza, grottesco, nonché suonare un po’ come una presa per i fondelli, proprio di quei poveri che Lei dice di voler difendere? Come li difenderebbe la Chiesa, se è lecito? Godendo di privilegi e ricchezze? Stringendo alleanze con massoneria, mafia e dittature fasciste? Riciclando denaro sporco attraverso il pio Istituto Opere Religiose (IOR)? Non pagando le tasse? O facendosi finanziare scuole e cliniche private costosissime, come l’Ospedale San Raffaele di Milano, finito al centro di note vicende giudiziarie, a causa delle quali si tolse addirittura la vita Mario Cal, storico braccio destro di don Verzè?
Siamo onesti, Santità: voi cattolici avete sempre consigliato ai poveri di tacere, pregare e di affidarsi al buon dio e a madama Provvidenza. O,nel migliore dei casi, alla Caritas, come Lei stesso ha coerentemente affermato. Piissime illusioni, ammannite con la minaccia della condanna eterna agli inferi. Intanto, però, Santa Romana Chiesa proliferava e prolifera, laidamente, proprio all’ombra di quella miseria; si alleava e si allea con tutte le classi dominanti, che le consentano di tutelare i propri ingenti profitti e di conservare il proprio enorme potere, spirituale ma anche temporale; ed è stata per secoli, essa stessa, uno stato colonialista, sfruttatore della manodopera dei fedeli e carnefice tra i più sanguinari. Basta considerare cosa fece in America Latina ed in Africa dove, per evangelizzare e civilizzare le popolazioni indigene e pagane, divenne autrice di massacri atroci, ancorché servendosi di mani altrui. Ovviamente, sempre nel nome di quel dio bianco e “grondante” bontà . Mi consenta di dirLe, Ottimo Padre, che semmai Gesù Cristo avesse la ventura di risorgere ai nostri giorni, vedendo la di Lui Chiesa cosa è stata capace di fare, nei secoli, e cosa continua a fare, credo che stavolta non si limiterebbe a cacciare i mercanti dal tempio. lo incendierebbe, quel Tempio. Gesù, com’è noto, non era personcina tranquilla e comprensiva, quando lo facevano incazzare. Dubito, però, che il Redentore, nella sua onniscienza, desideri immolarsi nuovamente per uomini che, in suo nome, hanno compiuto le peggiori nefandezze, stravolgendo, tra l’altro, il senso del suo messaggio evangelico.
Ma torniamo alla questione principale, Santità. Marx ed il Comunismo -portatori di quei rossi vessilli tanto invisi al cristianesimo ed al cattolicesimo reazionario, di cui Lei, Gentilissimo Padre, sembra essere degno esponente, malgrado la propaganda vaticana e massmediatica voglia darci ad intendere il contrario- ai poveri hanno sempre consigliato di studiare, pensare, prendere coscienza di sé stessi e della loro storica condizione di classe e di subalternità, di non tacere, di opporsi a chi ha sempre cercato, per i propri biechi interessi economici, di ridurli in schiavitù, di non lasciarsi strumentalizzare ed indebolire dalla religione e, come logica conseguenza di tutto ciò, di fare la Rivoluzione contro i padroni. Non sarà un inno al pacifismo, ne convengo, ma certamente suona meglio della sublime ipocrisia buonista del Vaticano, dietro cui la Sua Chiesa, Santità, ha celato e cela crimini orribili. Non ultimo, la pedofilia dilagante ed opportunamente occultata dalle gerarchie dominanti in San Pietro. AI poveri e ai popoli affamati non si possono dare in pasto preghiere e rosari. Bisogna dare pane e lavoro. Lei lo dichiara, è vero, ma le parole risolvono poco, specie se ad esse si fanno seguire condotte non conseguenti. In conclusione, Ottimo Padre, quando parla di bandiere rubate, si chieda sempre: chi ha rubato la bandiera a chi?
Mi permetta, allora, di salutarLa, Santità, con alcune parole tratte da Antonio Gramsci, che sembrano scritte apposta per l’evenienza:
«E c'era anche una bandiera rossa; fra le tante bandiere c'era anche una bandiera rossa. Certamente il colore era rosso, obiettivamente doveva essere rosso. Era una bandiera fra molte, troppe bandiere, e in esse anche doveva obiettivamente esistere il color rosso. Successe ciò che succede tra i colori. I colori simpatizzano tra loro e si uniscono tra loro in tenere confusioni, in dolcissime sfumature. Così accadde per quella bandiera; tutti gli altri colori simpatizzavano con lei, essa era immersa fra tante bandiere, fra tanti colori, e si confondeva, si lasciava assorbire.
Eppure quella bandiera era obiettivamente di color rosso. L'osservatore imparziale, riunendo nel pensiero astratto le sovrapposizioni sintetiche del quadro generale doveva convenirne: quella bandiera è rossa.
Non è il solito rosso delle bandiere rosse. Le solite, vecchie, convenzionali bandiere rosse tagliano netta la pupilla, si figgono nella pupilla; esse sono come una piaga appena squarciata che brilla; esse ricordano veramente una piaga che non si rimargina, perché mani proterve staccano i lembi e nuovo sangue fanno zampillare.
Quella bandiera non era una piaga; stava alla piaga come la macchia di pomodoro che i comici, morendo di morte violenta nei palcoscenici di provincia, si applicano sulle tempie strizzando nel pugno chiuso l'economica solanacea. Non era una piaga: forse che i piagati, i feriti vanno sotto l'aspersorio di un cardinale a farsi irrorare d'acqua santa? Ebbene, quella bandiera, obiettivamente rossa, andò sotto il santissimo sacramento e fu consacrata dall'aspersorio di un cardinale.
Non bruciò la ferita, non sentì la carne viva il morso salso dell'acqua santa; non c'era ferita, non c'era carne viva, il rosso era obiettivamente rosso come il sugo di pomodoro.
E la bandiera continuò a bighellonare tra le molte, le troppe altre bandiere. Iniziata, la carriera degli onori è facile e vellutata. Andò ad inchinarsi dinanzi al prefetto; la ferita non senti slargarsi i lembi sanguinolenti dalle mani proterve, non zampillò più vermiglio il sangue. Anzi le molte, le troppe bandiere si unirono più strettamente e la innata simpatia strinse il nodo della gamma dei tanti colori. La bandiera fu assorbita, il poco rosso obiettivo si confuse ancor più nella girandola; un papavero in una cesta di barbabietole e insalata.
Povero colore del sangue vivo, povero colore delle bandiere solite a rimaner sole, povero colore che nelle moltitudini sembri una ferita recente. In quella moltitudine, tra le molte, le troppe altre bandiere, scomparivi, scialba, assorbita nella gamma della girandola, slavata dall'acqua dell'aspersorio di un cardinale. Ma hai iniziato la carriera, farai fortuna, poiché ti accontenterai del tuo scomparire, poiché non domandi che di dissolverti, proprio come il sugo del pomodoro, saporito condimento per gli stomaci robusti, che hanno molto, troppo appetito».


 

venerdì 27 giugno 2014

PER UNA NUOVA FORZA ANTAGONISTA E MARXISTA



Occorre ricostruire, innanzitutto, un’egemonia politica e culturale fra le masse e all’interno della classe operaia e lavoratrice, per poi elaborare, in uno sforzo intellettuale e collettivo, le forme e la sostanza di un’ ipotesi di società comunista, alternativa al capitalismo, e che, ahimè, tanto in Italia quanto in Europa, attualmente non mi pare emerga. Il problema sostanziale, credo vada individuato nel fatto che non si nota, viepiù, la volontà di compierlo seriamente, quello sforzo collettivo. Men che meno da parte delle dirigenze di quei partiti che si richiamano al marxismo –ovviamente, esclusa SEL, che con il marxismo non ha mai avuto nulla a che vedere- le quali, di quei partiti, troppo spesso si servono per conservare quel minimo di potere che ancora gli derivi dalla loro collocazione gerarchica interna. Qualcosa si agita alla sinistra del PRC e degli altri partiti tradizionali, appartenenti alla cosiddetta sinistra radicale, sul terreno tanto del dibattito teorico, quanto su quello dell’agire politico e strategico e, secondo il mio modestissimo parere, ne vanno necessariamente e appassionatamente seguiti gli sviluppi.
Una cosa, però, almeno a me, risulta chiara. Se non si vuole sperare, in extrema ratio, in un'avanguardia rivoluzionaria -ipotesi che molti aborrono e posso anche trovarmi d’accordo: se non altro perché oggi non se ne scorge alcuna, almeno in Italia- andrebbero smantellate le attuali strutture di partito, impegnate in tatticismi e manovre puramente elettoralistiche e che, nonostante ciò –e anzi, proprio per questo- sono diventate residuali sul piano del consenso elettorale -parlo del PRC, del PDCI, del PCL, di Sinistra Critica. del Partito Comunista Popolare, ridotti, spesso, a pure proiezioni dei loro leader carismatici- e allo stesso tempo, ridimensionate le tendenze economiciste-spontaneiste, tipiche dei movimenti, che sfociano nel minoritarismo, mettendo in atto il tentativo di unire, meglio di fondere, tutte quelle energie, in un omogeneo, seppur culturalmente variegato, blocco sociale e di lotta al capitalismo. Questo blocco andrebbe costruito, ciò deve essere chiaro, riformulando parole d'ordine e superando barriere dottrinali che, troppo spesso, hanno fatto da paravento per le sconfitte del movimento operaio e comunista, negli ultimi anni. Ovviamente, questo non vuol dire operare un revisionismo dei nostri fondamentali principi marxisti -continuano a perdurare le disuguaglianze, le sperequazioni, le ingiustizie, l'imperialismo- ma soltanto adattarne i dispositivi alle mutate condizioni politiche, sociali, culturali, economiche e ai nuovi e diversi rapporti di forza, di classe e di produzione, che le borghesie sono riuscite a mettere in atto, anche per contrastare l’attuale crisi di sistema e di accumulazione valoriale. Proprio per questo, credo che non si possa più ragionare in termini di monoblocco partitico, restringendo il perimetro del conflitto alle sole borghesie nazionali; ma l’orizzonte della lotta deve’essere necessariamente articolato ed internazionalista, oltreché radicale ed intransigente. La discussione è sul terreno. Spero che l’intero movimento comunista voglia prenderne atto.
Nel frattempo, un primo passo verso la costruzione di quel blocco sociale e di lotta può essere rappresentato dal contro semestre popolare, che prenderà il via sabato 28 giugno, a Roma, in opposizione al semestre italiano di presidenza dell’Unione Europea, contro le politiche di austerity imposte dalla troika e a favore del lavoro, del reddito, del welfare e contro la dilagante guerra imperialista, voluta da UE e USA.

mercoledì 25 giugno 2014

CIRO ESPOSITO: VITTIMA DI CALCIO, FASCISMO ED ISTITUZIONI



Non solo Ciro Esposito, napoletano, è morto –la notizia sarebbe di questa mattina- per una stupida partita di calcio, ma lo è per mano di un fascista! Daniele De Santis, militante di estrema destra, vicino ad organizzazioni come Casa Pound e Militiza, lo ha assassinato in quella Roma capitale, sempre più, oramai, fiera ospite, nel suo corpo sociale, di elementi neofascisti e neonazisti. Elementi ed associazioni che proliferano, grazie alla complicità di uomini come l'ex sindaco, Gianni Alemanno, ed al silenzio colpevole di una sinistra, oramai in completo disarmo.
Vorremmo qui ricordare, pertanto, che il reato di apologia di fascismo –malgrado i deliri post ideologici in voga- sarebbe ancora un cardine della nostra Costituzione, un tempo ispirata a principi democratici e oggi, invece, sempre più preda di derive dispotiche e d’interessi finanziari e padronali, che ne stanno smantellando l’impalcatura in quei punti che, più e meglio, garantivano la democrazia, la giustizia sociale e l’uguaglianza, tra persone di classi e ceti diversi. Oligarchie borghesi che, come ci insegna la storia dal ‘900 in poi, utilizzano il fascismo a fini di controllo e di “normalizzazione sociale”; o, peggio, per appiccare il fuoco che possa determinare una svolta autoritaria.
Complimenti, dunque, al sindaco Marino, esponente di quel vergognoso coacervo di interessi –personali, finanziari, politici- che è il PD, per essersi ben collocato in quel solco antidemocratico e per non aver fatto, dal giorno di quei tragici eventi che hanno portato Ciro sulla soglia della morte, assolutamente nulla: né aver chiesto le dimissioni del questore e del prefetto, né aver mostrato un briciolo di umano sentimento nei confronti del povero Ciro. Non una visita e non una parola di conforto per la famiglia, ha avuto il coraggio di fare o di pronunciare, il primo cittadino della “nostra” capitale.
Al sindaco Marino ed al suo PD interessa, evidentemente, solo l’umanità in termini utilitaristici. E allora, eccolo esprimere tutta la sua solidarietà ai coloni israeliani, tra i principali responsabili dei massacri compiuti dall’esercito israeliano nei confronti del popolo palestinese, per il presunto rapimento di tre ragazzi . Il sionismo, gendarme delle risorse petrolifere in medio oriente per conto dell’occidente, val bene un atto di vergognosa, umiliante, vile sottomissione!

sabato 21 giugno 2014

VIA FANI, OVVERO: L’INIFINITA STORIA DELLE FALSE RICOSTRUZIONI E DELLE BUGIE DI STATO.



Non si arrestano le fantasie dietrologiche –alle quali, il massimo contributo è stato offerto dalla pubblicistica e dalla saggistica prodotte da ex esponenti del PCI e dei DS: dal senatore Sergio Flamigni al senatore Giovanni Pellegrino, allo storico togliattiano Giuseppe Vacca- che, da sempre, hanno accompagnato il rapimento Moro -vero snodo storico-politico della Repubblica italiana- e la vicenda stessa delle Brigate Rosse e della lotta armata comunista in Italia. Una vicenda da ricondurre, volenti o nolenti, all’etero direzione dei servizi segreti di mezzo mondo o ad improbabili collaborazioni delle B.R. con i più diversi soggetti criminali. Perché, questa è l’idea che mi sono fatto nel corso degli anni, l’obiettivo era ed è quello di mettere, sullo stesso piano, l’estremismo di matrice neofascista, bombarolo e stragista, e che grazie a quelle complicità esisteva e proliferava –anche al momento della nascita del cosiddetto spontaneismo armato, predicato dai NAR- in funzione golpista o stabilizzatrice-conservatrice, volta a spostare l’asse politico-istituzionale a destra, e le spinte rivoluzionarie, di estrazione marxista, che miravano ad un sovvertimento dello Stato e del sistema, in chiave comunista.
Dunque, ecco che dopo le balle dell’ex finanziere, Giovanni Ludu –incriminato per calunnia dalla magistratura- sul covo di via Montalcini e sulla liberazione di Moro, riprese immediatamente da uno dei corifei del complottismo, l’ex giudice istruttore, Ferdinando Imposimato; dopo le mendaci dichiarazioni dell’artificiere, Vitantonio Raso –anch’egli sotto inchiesta per calunnia- circa il ritrovamento del corpo del presidente democristiano; dopo tutte le fantasmagoriche ricostruzioni su chi ci fosse o non ci fosse, quel giorno, in Via Fani, sempre smentite dai brigatisti; dopo la storia della moto Honda, una sorta di oggetto volante non meglio identificato, montata -stando alle più seducenti interpretazioni della dietrologia nostrana- da agenti dei servizi, da esponenti della ‘ndrangeta o da chissà quali altre proiezioni fantasmatiche: in realtà, in sella a quella motocicletta, c’erano Giuseppe Biancucci, di 23 anni, e Roberta Angelotti, di 20, abitanti in Via Stresa e militanti del “Comitato proletario di Primavalle Mario Salvi”; ora, ci tocca assistere all’ennesima puntata di quella fiction, che potremmo chiamare “Via Fani: l’infinita storia delle false ricostruzioni e delle bugie di stato ”.
Raffaele Fiore, operaio, ex dirigente della colonna torinese delle B.R., che era tra i nove che quella mattina neutralizzarono la scorta e rapirono il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, dopo aver rilasciato un’intervista alla giornalista di Oggi, Raffella Fanelli, si vede costretto a smentirne alcuni passaggi, rielaborati ad arte dall’articolista. In pratica, stando a quanto scrive la reporter, Fiore avrebbe dichiarato che, al momento dell’attentato, sarebbero state presenti, in Via Fani, persone che non conosceva: «persone che non dipendevano da noi […] Che erano altri a gestire». Una rivelazione clamorosa, visto che nessuno dei brigatisti presenti quella mattina ha mai rilasciato una simile dichiarazione. Il problema, però, è che Fiore, quelle parole, non le ha mai pronunciate. Contattato telefonicamente, ha dichiarato: «In via Fani, quella mattina, eravamo in nove [Fiore non prende in considerazione la staffetta indicata nelle sentenze processuali nella persona di Rita Algranati, condannata all’ergastolo e attualmente in carcere]. Di questi ne conoscevo sei, i regolari: Mario Moretti, Barbara Balzerani, Valerio Morucci, Baffino (Franco Bonisoli), Prospero Gallinari e Bruno Seghetti . Gli altri, due irregolari romani, non li conoscevo ed ancora oggi farei fatica ad identificarli. La giornalista mi ha chiesto se i due situati nella parte superiore di via Fani fossero Lojacono e Casimirri. Ho risposto che non li conoscevo. Che i due che stavano sulla parte alta della via erano della colonna romana e dunque erano altri a gestirli». Insomma, l’immancabile informazione spazzatura, come tanta se n’è vista, sul caso Moro.
La verità è che dare un riconoscimento politico alle BR, ancora oggi, fa paura allo stato borghese e ai suoi sponsor finanziari . Hai visto mai che qualcuno possa trarne esempio, in un passaggio storico tanto delicato e profondamente segnato da una crisi che sta evidenziando, sempre più, le iniquità del trionfante modello liberista occidentale?! Quindi, tutto ciò che possa screditarne la storia, è ben accetto. E allora, ecco pronta anche la costituzione di una nuova, l’ennesima, Commissione Moro.