giovedì 13 dicembre 2012

UN INQUIETANTE PARADOSSO




Allora...A Servizio Pubblico, ieri sera, sento un immobiliarista -cioè, un signore che possiede multiproprietà, insomma un ricco- che si lamenta dell'IMU. Prima, nel corso di un servizio, i fascisti di casa pound -che dicono di avere, nell'Italia nata dalla Resistenza al nazifascismo, diritto di parola e di protesta- si erano dichiarati antisistema. E, a sentirli, se uno non ha un’adeguata preparazione politica e non sa che da quel sistema loro traggono linfa vitale, oppure non volendo porre la dirimente questione ideologica -visto che di nazisti pur sempre si tratta, cioè di gente la cui matrice culturale è criminale, omicida, genocida- hanno anche le loro ragioni, considerando il momento storico-politico che ci troviamo a vivere.

Poi sento un certo Tremonti –ex Ministro dell’economia e delle finanze del governo Berlusconi- attaccare la Germania e le politiche neoliberiste e filobancarie sostenute da BCE , UE e FMI, e proporre politiche sostanzialmente protezionistiche ma, ovviamente, a favore esclusivamente dell'impresa e del Capitale nazionale. In questo ambaradan, Di Pietro, che dovrebbe collocarsi in quell'area che oggi si identifica con la sinistra del PD, non riesce a fare un discorso politico compiuto se non annaspando e sparando slogan populisti, anche se sulle spese militari ha assolutamente ragione. Insomma tutti, conducendo il discorso sul filo del paradosso, sembrano essere contro il sistema e hanno motivi validi per esserlo e per lamentarsene. Fatte le debite differenze, s’intende!

Ecco, a me questo paradosso fa una paura infinita. Perché la situazione è talmente liquida, talmente indistinta, da andare a gonfiare un magma populista, o di parole che decadono a livello populista, che cresce esponenzialmente e pericolosamente, non solo e non tanto in funzione elettoralistica ma, ed è questo quello che più temo, con lo scopo di confondere sempre di più le idee e di frastornare sempre di più le coscienze dei cittadini, fin quasi all’entropia.

Soprattutto, all’interno di questo già desolante quadro, manca -al di la di poche e sparute eccezioni, è ovvio- nel variopinto arcipelago della sinistra, e soprattutto di quella giovanile, una precisa cultura di “classe” finalizzata alla necessaria comprensione dell’attualità del conflitto capitale-lavoro -anche perché il conflitto si è oramai esteso a livello globale ed è tra finanza e lavoro, e la differenza non è poca- così venendo vieppiù a mancare una forza politica di riferimento, capace di interpretarlo quel conflitto. La sinistra accettata nei salotti buoni, quella oramai genuflessa agli interessi del grande finanzcapitalismo, come lo definisce Luciano Gallino, non la prendo in considerazione: lor signori sanno quanto sia duro oggi quel conflitto, ma hanno deciso di voltare la faccia dall’altra parte, dalla parte cioè dei banchieri e delle borghesie parassitarie, tradendo, di fatto, la loro “classe” di riferimento! Manca insomma, per farla breve, una forza comunista capace di farsi interprete di quella lotta di classe che, nel corso del '900, ha fatto da argine allo strapotere delle forze del capitale e, pur tra immense difficoltà e a costo di sangue versato, è riuscita a fare avanzare e progredire la classe lavoratrice.

E quando alla fine della trasmissione tiro le somme, sono piuttosto agitato. La sensazione che ho è che stiamo andando incontro ad una confusione e ad una indeterminatezza politica, economica, sociale, civile ed etica tale, che l’orizzonte mi appare simile, se non addirittura più oscuro di quello che si materializzò dopo la grande depressione del '29.

E visto come finì allora, trionfo del nazifascismo e guerra mondiale, beh, Maya a parte, ho veramente paura!

mercoledì 12 dicembre 2012

Breve ricordo di un 12/12…ma era il 1969

Oggi, il 12/12 1969, alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, in Piazza Fontana a Milano, servizi segreti e fascisti fecero esplodere una bomba. 14 morti e 120 feriti. Fu detta La madre di tutte le stragi. Con essa, infatti, s’inaugurava la strategia della tensione, quella pratica con cui lo stato borghese, attraverso pezzi deviati dei servizi segreti –Ufficio Affari Riservati, SIM, SISDE- uomini della polizia e dei carabinieri, in collaborazione con la CIA e in collusione con strutture armate occulte, con l’ala stragista dell’ estrema destra, con la mafia e la P2 –cui, ricordiamolo, era iscritto anche l’oggi redivivo Berlusconi- non esitò ad uccidere alcune centinaia di cittadini di questo paese, con l’obiettivo di mantenere lo status quo, cioè la guida democristiana della nazione, in chiave anticomunista. Tant’è vero che i primi accusati di quella strage furono gli anarchici del gruppo 22 marzo, a cominciare da Pietro Valpreda, che si fece, da innocente, 3 anni di carcere e Pino Pinelli, ucciso dalla polizia tramite defenestrazione dall’ufficio del commissario Calabresi, della questura di Milano. I responsabili, però, non sono mai stati individuati. Come mai, nessuna condanna, nonostante le responsabilità di Stato e di gruppi dell’estrema destra, come Ordine Nuovo -il cui capo era il boia Rauti, suocero dell’attuale sindaco di Roma, Alemanno- siano accertate.
E dopo 40 anni, i familiari delle vittime furono addirittura condannati a pagare le spese processuali. Questa è la democrazia italiana, questa la democrazia dello stato borghese. Questa la democrazia delle elite finanziarie che, oggi come allora, pur di mantenere i propri privilegi e inalterati i profitti derivanti dai propri affari, non esitano ad uccidere innocenti. E ricordiamoci –ma ricordiamolo soprattutto ai giovani che, probabilmente, di questi avvenimenti pochissimo sanno- che, ai vertici dello stato italiano, ancora oggi, ci sono uomini che, di quella stagione delle stragi –fino alle stragi di mafia degli inizi dei ’90, in cui trovarono la morte Falcone e Borsellino- furono protagonisti. A cominciare da Berlusconi, Cicchitto, il senatore a vita Andreotti, Dell’Utri, una parte di AN, lo stesso presidente Napolitano; o come l’ex ministro Nicola Mancino ecc. ecc.
Tutto questo, lo ripeto, in chiave anticomunista. E’ Storia…





martedì 11 dicembre 2012

LE COMUNI ORIGINI DEL NEOLIBERISMO GLOBALIZZATO E DELLA CRISI




L’architrave delle politiche neoliberiste poggia su un fortunato slogan elettorale: “ridurre le tasse”! Se ci fosse il tempo per verificare empiricamente chi ha usufruito di questa imponente campagna propagandistica -apparentemente popolare- scopriremmo che l’obiettivo a lungo tempo della politica di riduzione del peso fiscale ha avuto principalmente due effetti: 1) Ridurre strutturalmente la capacità di azione politica degli stati; 2) Ridurre le tasse per i redditi alti



Furono, ai primi anni ’80, Ronald Reagan e Margaret Thatcher ad enfatizzare questo aspetto: da allora tutti i governi conservatori – ma non solo – hanno inserito l’abbassamento delle tasse ai primi posti dell’agenda politica.



David Stockman, responsabile del bilancio di Reagan, coniò una terminologia che spiega molto del senso politico di questa nuova ideologia: “affama la bestia”. La “bestia” sarebbe lo stato, finalmente obbligato ad una riduzione di spese dalle minori entrate fiscali. In regime di abbassamento di tasse le opzioni sono solo due: 1. si mantengono, più o meno, gli stessi servizi, sperando in una crescita miracolosa oppure, più probabilmente, facendo debito. Questa opzione viene detta anche “politica dell’offerta”, poiché teoricamente pagando meno tasse c’è maggiore “offerta” di reddito e si è più incentivati a lavorare; 2. si tagliano anche le spese.



Le due opzioni sono state entrambe utili alla causa dei neoliberisti. La prima infatti si è rilevata molto utile per “vendere” lo slogan “meno tasse per tutti” e celare pertanto la vera natura del provvedimento. La seconda è invece la linea guida nelle politiche economiche mondiali.



Così fece Ronald Reagan per implementare il liberismo nella già molto liberista società statunitense.



Alcuni economisti criticarono i provvedimenti di Reagan: senza adeguati tagli di spesa – sostenevano - la riduzione di entrate fiscali avrebbe fatto crescere il deficit, rallentando la crescita. Però molti altri trovarono occupazioni ben retribuite come consulenti di politici conservatori o come opinionisti in riviste di destra o come membri di associazioni e fondazioni legati ai poteri economici di tycoon conservatori.



Si stava creando, e si è creata in pochi anni, una specie di lobby con l’obiettivo di ridimensionare l’azione del governo. La riduzione delle tasse era il mezzo per raggiungere lo scopo. I teorici dell’offerta servono per la parte propagandistica; i teorici della riduzione di spesa rappresentano invece il pensiero forte della nuova politica. “L’economia dell’offerta è la faccia rassicurante – scrive il premio nobel Paul Krugman – di un movimento politico che ha un programma molto più duro”.



La decisione di ordine economico ha, in realtà, una matrice esclusivamente politica. E’ il progetto per spostare gli Stati Uniti strutturalmente a destra.



Nel 1981 Reagan varò una prima tranche di tagli fiscali. Modesti risparmi per la classe media, ma enormi per i redditi alti. L’aliquota –che nei paesi avanzati è progressiva– è stata abbassata per la minuscola quota dell’1 per cento dei super-ricchi americani dal 37 al 27.7 per cento.



Gli economisti neoliberisti e di destra, che sostengono queste politiche, ci dicono che la conseguenza è un aumento della crescita. Basta controllare i dati per verificare non solo che non è vero, ma che queste politiche economiche, non disgiunte da quelle monetariste, hanno condotto allo sfacelo che stiamo vivendo oggi, e di cui a pagare il prezzo salatissimo sono solo la classe operaia, la classe lavoratrice, i pensionati, i giovani, insomma gli strati sociali meno agiati.



La globalizzazione e i mutamenti politici e sociali ad essa legata, verificatisi negli ultimi trent’anni, sono appunto l’insieme di fenomeni che derivano o si legano al neoliberismo guidato da Washington: preminenza della sfera economica su quella politica; peso della finanza internazionale nello stato di salute delle economie nazionali; cultura di massa globale consumista e individualista; precarizzazione dei rapporti sociali e di lavoro; degrado ambientale; flussi migratori di massa; distruzione della biodiversità; espansione delle multinazionali; esplosione della disuguaglianza nord-sud; sviluppo di reti mafiose; proliferazione di paradisi fiscali; moltiplicazione delle guerre e del terrorismo; controllo dei canali informativi tramite pubblicità, tv, internet, telefonia.



E la vera alternativa a tutto ciò, sia ben chiaro, non è l’applicazione indolore, a mio modesto avviso, di politiche di stampo keynesiano, quindi riformiste, e quindi atte a mantenere in vita l’attuale sistema capitalista, ma proprio il totale sovvertimento, in senso comunista, di questo sistema che genera ingiustizia, disuguaglianza, sperequazione, competizione esasperata e, dunque, sopraffazione; e, in ultima analisi, guerra come risoluzione di conflitti di interessi e come chance per creare profitto in tempo di crisi recessiva.



Del resto, come dice Don Delillo in Cosmopolis –e sono anche le parole del protagonista dell’omonimo film diretto da Cronenberg- “La logica estensione del buisiness è l’omicidio”!





martedì 4 dicembre 2012

LA LOTTA DI CLASSE? A CAGARE… IN FONDO A SINISTRA


La Rivoluzione, in sella e svendolante, è alle porte. Suona al citofono, ma il portiere del Portone Democratico Liberista, certo Bersani, la manda a cagare: c'è un matrimonio! Quello d'interesse, tra il Renzo demo-socio-liberal-cristiano e la Lucia, mignotta mercatista, che ha dato l'addio ai monti bocconiani e liberisti.
Ma proprio non possiamo entrare, implorano i sellanti svendolanti?
Solo se firmate la carta d’intenti, risponde il portiere Bersani.
Ok, firmiamo, gridano gli sventolanti sellanti rivoluzionari, ansiosi di entrare nel Palazzo delle meraviglie.
Ma uno di loro, in preda ad una tardiva ma sincera crisi di coscienza, azzarda: e la classe operaia, il popolo, i lavoratori, con loro che facciamo?
Andassero a cagare loro, gli grida fermo il capo!
Morale: il comunismo e la lotta di classe, oggi, sono andati a cagare…in fondo a sinistra!!!

 


firmate la carta d'intenti, risponde il portiere Bersani.
Ok firmiamo, gridano gli svendolanti sellanti rivoluzionari, ansiosi di entrare nel Palazzo delle meraviglie.
Ma uno di loro, in preda ad una tardiva ma sincera crisi di coscienza, azzarda: e la classe operaia, il popolo, i lavoratori, con loro che facciamo?
Andassero a cagare loro, gli grida fermo il capo!!!
Morale: il comunismo e la lotta di classe, oggi, sono andate a cagare...in fondo a sinistra!!!!!