martedì 22 aprile 2014
SUL DISTORTO CONCETTO DI CENTRALISMO DEMOCRATICO
“Che fare?" è, com'è noto a chi si richiama ai valori fondamentali e alla storia del Comunismo, l'opera basilare di Lenin sul centralismo democratico. I punti cardine, in cui si articola tale modello organizzativo di partito e, dopo la Rivoluzione d'Ottobre, dello stato sovietico, sono:
1)Carattere elettivo e revocabile di tutti gli organi di partito dalla base al vertice.
2)Tutte le strutture devono rendere conto regolarmente del loro operato a chi li ha eletti e agli organi superiori.
3)Una rigida e responsabile disciplina nel partito, subordinazione della minoranza alla maggioranza.
4)Libertà di critica e autocritica all'interno del partito.
5)Le decisioni degli organi superiori sono vincolanti per gli organi inferiori.
6)Cooperazione collettiva di tutti gli organi al lavoro e alla direzione e, contemporaneamente, responsabilità individuale di ogni membro del partito sul proprio operato.
Non si parla da nessuna parte, dunque, di dittatura della maggioranza, interna al partito, e/o di organi direttivi slegati dalle proprie responsabilità, di fronte alla base. Quando un dirigente commette errori, in pratica, è obbligato a dimettersi, c'è poco da dire e da fare. E questo, perché è la sua linea politica ad essere stata bocciata dalla realtà dei fatti. Pertanto, stando così le cose, forse molti membri degli organi dirigenziali di quei partiti, che ancora intendono richiamarsi al Comunismo, dovrebbero rileggersi quel testo fondamentale e, soprattutto, capire che tra il leninismo e lo stalinismo intercorreva un'abissale differenza. L'uno, attingeva la sua ragione d’essere ed il suo potere direttamente dalle istanze rivoluzionarie, dalla classe operaia, dal proletariato e dall’esigenza di costruire una nuova forma di partecipazione, democratica e popolare, agli affari dello stato; l'altro, dallo stato ormai burocratizzato.
Insomma, per parlarci chiaro: non si possono imporre, ad un'intera comunità politica, le proprie decisioni, agendo in deroga a serie discussioni critiche con la base e appellandosi ad un concetto, tutto verticistico, del centralismo democratico. Altrimenti, si è grillini –per attenerci all’attualità politica- non certo Comunisti! Ma tant'è, le cose oggi hanno preso questa piega.
Il problema, direi quasi lo psicodramma collettivo, a questo punto, è che poi stiamo tutti lì a lamentarci del fatto che il Comunismo, almeno in Italia, sembra sepolto e superato dalla dialettica della storia. Suvvia, diciamoci la verità, cari compagni, almeno tra di noi. Il Comunismo lo hanno sepolto i deliri leaderistici, i personalismi, il narcisismo arrogante di dirigenti piegati alle logiche democraticistiche della scadenza elettorale, della poltrona e della visibilità mediatica, le enormi lacune culturali e, su tutto, la nefasta mancanza di una seria Lotta di Classe. Lotta sacrificata sull'altare, ora del riformismo borghese e socialdemocratico, ora di un'ortodossia semplicemente di facciata e tendenzialmente minoritarista, tanto per parafrasare Mao. Sia l’uno sia l’altra, però, sempre condotti, con pervicace insolenza, da classi dirigenti mai pronte ad assumersi le proprie responsabilità dinanzi alla Storia.
Or dunque, facciamocene una ragione: siamo noi, tutti noi, i corresponsabili dell’assassinio storico ed ideologico, almeno negli ultimi trent’anni, del Comunismo , sia sul campo della teoria politica, che su quello, ancor più grave, della prassi. E sì perché, su questo versante, si stanno abbandonando al loro destino, e alla macelleria sociale messa in moto dal Capitale, intere generazioni di lavoratori, di giovani, di pensionati. Il tutto, mentre si discute e si annega nel nulla degli stratagemmi elettorali. Una deriva veramente infamante per il movimento comunista. Almeno di quello italiano!
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