sabato 3 maggio 2014

ACCIAIO A CINQUE STELLE



Ieri sera -da quanto ho potuto capire, rivedendo alcuni spezzoni della trasmissione- è andata in onda, su LA7, una puntata di Servizio Pubblico -programma che, ormai da tempo, guardo raramente, come sempre meno guardo i programmi di approfondimento politico- in cui si è parlato del lavoro -ovviamente, essendo il Primo Maggio- e delle acciaierie Lucchini. Per discutere su quest'ultimo punto, in studio, Santoro aveva invitato alcuni operai, tra cui Mirko Lamia, delegato FIOM e, come ho potuto leggere sul blog di Grillo -ebbene sì, lo leggo e lo consulto anch'io- ex candidato PD al senato. Sono poi andato sulla pagina FB di Servizio Pubblico, per leggere i commenti postati all'intervento dell'operaio succitato. E lì, mi sono letteralmente cadute le braccia per lo sconforto.
Dunque, chiariamo. Santoro –come d’altronde gli accade spesso- ha senz'altro sbagliato a non dire che si trattava di un operaio vicino al PD: questo è evidente e non è corretta informazione. Lungi da me, inoltre, difendere a spada tratta la FIOM o Landini, che di errori ne hanno commessi tanti -a partire dalla firma sull'accordo per la rappresentanza- o qualcuno che si candida con quel PD che, della classe lavoratrice, ritengo il principale traditore e becchino; o peggio ancora, quella CGIL che, negli ultimi 20 anni, ha svenduto gli operai stessi a padroni e padrini. Ma leggere i commenti di quattro borghesucci, esaltati e fanatici grillini, che, con il loro culo al coperto, hanno l'arroganza di sparare addosso, con offese ed insulti -tanto per non cambiare- ad un operaio che rischia di perdere il lavoro, solo perché questi ha osato criticare il loro capo/dio, non so se sia più tragico o ridicolo. Roba da non credere. Fondamentalisti allo stato puro –prima o poi dovranno inventarsi il corpo eucaristico di Grillo- che vivono la loro vita azzeccati alla rete. Una massa d'ignoranti beceri -che inneggiano, di contro, al destrorso, forcaiolo e manettaro Travaglio- cui consiglierei, prima di mostrare tanto pecoreccio livore e belante integralismo -che, non ho dubbi, svanirà non appena il M5S comincerà a perdere colpi: del resto, in Italia, un tempo, non erano tutti fascisti?- di andare a lavorare qualche mese in fabbrica -anni, questi parassiti, non resisterebbero- e di spezzarsi la schiena alla catena di montaggio.
Ripeto, non solidarizzo con il signor Lamia, ex candidato PD, anzi; ma con l’operaio e con l’uomo, che rischia di perdere il lavoro. E come lui, sono a rischio altre 5.000 famiglie. Certo, non per colpa di Grillo, questo è inteso, ma a causa delle scellerate politiche neoliberiste, messe in atto da tutti i governi, da vent’anni in qua, a causa della mancanza di una seria politica industriale e, certamente, della debolezza del sindacato, non più di classe ma concertativo. Questo non toglie, però, che, quella gente, incazzata a causa di imminenti licenziamenti, non abbia il diritto di criticare il miliardario Grillo. Il quale, novello moltiplicatore di pani e di pesci, in piena campagna elettorale –lui nega, ma è così- va a fare promesse, che non possono essere mantenute, sullo sblocco dei fondi CECA; oppure, a parlare di fantomatiche riconversioni (in che tempi? con che soldi?); o, peggio ancora, di reddito di cittadinanza. Mi chiedo: i grillini sanno di che parlano quando propongono o sostengono tale misura? Il reddito di cittadinanza è una misura paternalistica e universale, che non fa differenze di reddito. Il che vuol dire, in parole povere, che di tale provvedimento populista potrebbero godere anche gente come Agnelli e Berlusconi. E’ davvero questo, quello che loro propongono e che “noi” vogliamo? Ditemi di no, per favore! Altro discorso, ovviamente,sarebbe il reddito minimo garantito. Insomma, siamo ancora, o no, in un regime capitalistico? O in Italia si è realizzato il comunismo, con l’eguaglianza dei redditi, e nessuno mi aveva avvertito? Questo paese, oramai, mi sembra sempre più un incubo kafkiano, dove tutti hanno smarrito sé stessi e, davanti alle porte della Legge, sono in dubbio se entrare o meno.
Del resto, e concludo, cosa ci si può aspettare da gente che ha, nel suo vessillo, cinque stelle d’oro, simbolo del lusso e dei padroni? Alla classe operaia e lavoratrice, viceversa, ne è sempre bastata una. Rossa. Semmai anche un po’ storta. Ma simbolo del sogno rivoluzionario di poveri e lavoratori.





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