venerdì 10 ottobre 2014
ALTRO CHE CLASSE OPERAIA IN PARADISO, SI VA VERSO UNA MONARCHIA BORGHESE!
Ieri sera, Servizio Pubblico, ha fornito alcuni dati che hanno colpito non poco la mia attenzione. La ricchezza privata, in Italia, è pari al 7% sul PIL. Parallelamente, la crescita della ricchezza derivante da accumulo di capitale e da rendita finanziaria è pari al 5%, contro l'1,5% della ricchezza prodotta da lavoro salariato. In questo quadro sconcertante, dove i rapporti di forza e le dinamiche sociali e di classe sono palesemente squilibrate, è stato approvato, dal parlamento italiano, prima il pareggio di bilancio in costituzione, nell’ambito di quel patto di stabilità, o fiscal compact, deciso a livello europeo, e poi, l’altro ieri, in senato, è passata –con la vile acquiescenza della sinistra PD, che non è d’accordo ma vota lo stesso qualunque cosa gli propongano, scambiando, evidentemente, il bonapartismo per centralismo democratico- quella delega in bianco sulla controriforma del lavoro, il Jobs Act, voluta da Renzi e dal suo governo, e che consente flessibilità e licenziamenti facili –perché la sostanza dell’abrogazione dell’art.18 tale è, e chi dice il contrario o è stupido o in malafede- adducendo, come motivazioni, la modernizzazione dell'Italia e che, se non si procede in tal senso, le imprese non investiranno più nel nostro paese e, dunque, non si produrrà crescita e ricchezza. Il tutto, ovviamente, per accontentare la Troika: Ue, Bce, Fmi.
Ora, stando ai dati citati all’inizio, vorrei che qualcuno dei grandi economisti ed analisti di cultura liberal-liberista, la ragione di simili scelte politiche che, evidentemente, aumentano il divario tra ricchi e poveri –non solo in Italia, sia ben chiaro- ed altrove, come in Grecia, ad esempio, o, in passato, in alcuni paesi del Sud America, hanno prodotto soltanto recessione e disoccupazione, me la spiegasse come se fossi un bambino, un po’ tardo, di sei anni. Perché io questa logica assurda, francamente, non la capisco. Mi pare evidente, invece, che sia stia giocando al massacro sulla pelle di operai, lavoratori, giovani, pensionati. Insomma, sulla pelle di noi tutti. Ma si sa, noi comunisti siamo non moderni, anacronistici e fuori della storia. Dunque, certe scelte raffinate e modernizzanti non riescono proprio ad entrarci, nella testa. Però Carletto Marx, nel Capitale, era stato chiarissimo. Dicesi accumulazione di capitale, quando il capitalismo è in crisi recessiva e non è in grado di fare profitto attraverso la vendita di merce, proprio l’espropriazione dei diritti della classe lavoratrice. In poche parole, il padrone fa profitto e si arricchisce, appunto licenziando. Sarò pure antico, ma continuo a pensare che questa debba definirsi una barbara ingiustizia, volendo parlare pulito. E coloro che la consentono, la classe politica, coloro che ne godono i frutti, i padroni, e coloro che proteggono entrambi, le forze dell’ordine, andrebbero combattuti con ogni mezzo e senza compromessi di sorta. L’alternativa, del resto, è la nostra fine per reificazione –trasformazione in cosa/merce, per chi non fosse aduso ai termini marxisti- e l’instaurazione definitiva di una sorta di monarchia finanziaria, che comunque si sta già imponendo, a livello globale, da trent’anni. D’altronde, nel mondo, la ricchezza da rendita e da accumulo è pari a più di 150.000 miliardi di dollari, detenuta da un ristrettissimo numero di super ricchi. La loro lotta di classe, i padroni, la stanno dunque conducendo senza pietà e senza frontiere.
E pensare che c’è, a sinistra, chi ha ancora il coraggio di teorizzare un capitalismo dal volto umano, di insistere sulla socialdemocrazia e sulla mediazione sociale delle contraddizioni interne allo stato liberale ed al sistema di produzione capitalistico; o chi afferma, con una certezza che sfiora il grottesco, che l’imprenditore non avrebbe interesse a licenziare l’operaio, perché questi sarebbe la sua ricchezza; o, peggio, chi mette il padrone ed il lavoratore sullo steso piano -in una visione evidentemente provocata da alterazioni chimiche- in quanto ad entrambi starebbe a cuore il destino dell’azienda. Vorrei ricordare a coloro che l’avessero dimenticato e che, nonostante tutto, continuano a definirsi di sinistra, che questo si chiama corporativismo fascista. Mentre loro, altro non sono che traditori della classe lavoratrice.
Una postilla, per chiudere, partendo da Carl Schmitt, uno dei teorici di quella Rivoluzione Conservatrice che costituì l’humus culturale da cui, poi, si sviluppò il nazismo, e che dedicherei a coloro che vedono, nel profeta di Firenze, il salvatore della patria. Ne “La dittatura”, Schmitt auspicava la rigenerazione della società europea per mezzo dell’intervento di un individuo dotato di capacità superiori, in grado di guidare lo Stato senza incorrere nei limiti della forma democratica: la contrattazione con le forze politiche, con le parti sociali, l’eguaglianza giuridica e la ricerca del consenso elettorale come base dell’autorità. Ed in “Teologia politica”, alzava il tiro della sua critica contro le liberal-democrazie, enucleando la tesi per cui la sovranità deriva dallo stato di eccezione e non dal popolo: “Sovrano è chi decide nello stato di eccezione”. Ecco,l’Italia, nello stato d’eccezione, ci vive da tempo. Ora, pare abbia trovato anche il suo sovrano!
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