sabato 11 ottobre 2014

STATO DI DIRITTO O STATO D’ECCEZIONE?



Esprimere solidarietà a due mafiosi del calibro di Totò Riina e Leoluca Bagarella, come ha fatto Sabina Guzzanti, può forse essere eccessivo, benché sia chiaro l'intento provocatorio: prima ci trattate, con i mafiosi, e poi, a vostro piacimento, ne sospendete le prerogative giuridiche! E, molto probabilmente, la Guzzanti lo ha anche fatto per attirare l'attenzione sul suo ultimo film, "La Trattiva", che bene pare non stia andando. Ciò premesso -e tralasciando la Guzzanti, di cui qui non si vuole assolutamente parlare- è fuori discussione che, nel caso della deposizione di Napolitano, dinanzi ai giudici di Palermo, per il processo sulla presunta trattativa stato-mafia, sia stato commesso un abuso di potere e siano stati violati i diritti elementari dei detenuti, incorrendo nel probabile rischio che l’intero procedimento venga annullato. Forse, è proprio quel che si vuole.
Senza però indulgere ad inutili dietrologie, mi limiterei ad osservare che o si è in uno stato di diritto, o si è in uno stato d'eccezione. D’altronde, come sosteneva, in "Teologia politica”, Carl Schmitt -torico di quella Rivoluzione Conservatrice che rappresentò il brodo di coltura da cui nacque il nazismo- enucleando la tesi per cui la sovranità deriva dallo stato di eccezione e non dal popolo: “Sovrano è chi decide nello stato di eccezione”. Ecco, l’Italia, nello stato d’eccezione, ci vive da tempo; e di sovrani che abbiano deciso e decidono extra legem, ne ha avuti tanti. Basti ricordare le Leggi Speciali, in materia di terrorismo, varate durante i cosiddetti anni di piombo. Dispositivi ai limiti dell’incostituzionalità, come la Legge Reale (1975) e la Legge Cossiga (1980). Strumenti, di cui hanno pagato lo statuto repressivo decine di compagni, scontando anni ed anni di galera, solo perché sospettati di banda armata. Di questi tempi, in cui la repressione del dissenso sta raggiungendo limiti francamente intollerabili, è bene ricordarle, certe cose. Anche perché, se Riina e Bagarella sono, senza dubbio, due criminali della peggior risma, i compagni appartenenti al Movimento NO TAV -Claudio Alberto, Mattia Zanotti, Chiara Zenobi e Niccolò Biasi- tanto per fare un esempio, certo non lo sono. Ma contro di loro, si è proceduto ugualmente, ignobilmente ed in deroga a qualunque senso di giustizia, per il reato di terrorismo, solo per aver danneggiato un compressore, durante l’attacco al cantiere di Chiomonte, il 14 maggio 2013. Surreale, grottesco, allucinante cme un incubo kafkiano. La loro colpa, in realtà, ben più grave, risiede nel non essere inclini ad accettare, passivamente, lo scempio delle nostre vite, consumate dal sistema capitalistico e dalle sue inique regole di mercato. Dunque, in conclusione, è sempre bene discernere tra uno stato di diritto ed uno stato in cui la legalità, divenuta solo formale, può degenerare in legalitarismo. Fu appunto questo il presupposto delle dittature fasciste e del nazionalsocialismo. Insomma, si comincia coi mafiosi e si finisce per sospendere i diritti ai normali cittadini. Del resto, è quel che sta gia accadendo!
Lascerei però la chiosa, a questa breve riflessione, ad un certo Vittorio Alfieri, sul concetto di tirannide: «Tirannide: indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo».

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