venerdì 17 gennaio 2014

MA VATTENE AFFANCULO! BREVE CONSIDERAZIONE CIRCA LA TELEFONATA TRA SERVILLO E LA GIORNALISTA DI RAI NEWS

Non amo l'arroganza del Potere. Mai e in qualsiasi forma essa si manifesti. Mi irrita e, in alcuni casi, mi istiga sentimenti di reazione, anche rabbiosa. Figurarsi, poi, se quell'arroganza viene da chi un potere reale non lo detiene, ma si alimenta del Potere altrui, in quanto prodotto di uno star system genuflesso alle indecenti logiche, politiche e di mercato. Se a questo ci aggiungiamo che, oramai, qualunque critica e dissenso viene vissuto, da potenti o presunti tali del Belpaese, con lo stesso sgomento e la stessa ira con cui i sovrani di un tempo, e i loro sudditi, vivevano il reato di lesa maestà, allora il quadro è completo e, personalmente, ritengo sia giusto che ai Re e alla nobiltà si tagli la testa.
Ma veniamo al punto. Toni Servillo -un tempo, ricordiamolo en passant, su posizioni radicali e antisistema, tanto che,negli anni della contestazione studentesca, fondò il Teatro Studio di Caserta, mentre oggi, all'apice del successo,lo troviamo banalmente accodato al carro del neoliberista PD- non è il metaforico sovrano dell’ormai decadente regno del teatro e del cinema italiani; e non è nemmeno un nobile di spada. E', tuttalpiù, un nobile di toga. In altre parole, a dispetto di quanto dicano e scrivano, per ovvi motivi di interesse, per leccaculaggine o per incompetenza manifesta, alcuni colleghi giornalisti -critici principalmente- Servillo non è Volontè –e non lo è precisamente dal punto di vista umano e, se vogliamo, politico- non è Gassman, non è Mastroianni e non è, con tutto il rispetto, né Carmenlo Bene né Leo De Berardinis. è, ovviamente, un ottimo attore: mi piace, è molto bravo, non si discute, specie in teatro, suo habitat naturale, per quanto, anche in tale contesto, l’espressività vocale di Servillo mi sia sempre apparsa poco duttile e un tantino monocromatica; mi convince meno al cinema, dove molto dipende, ma è lapalissiano, anche da chi lo dirige –l’ho trovato perfetto nelle prime due pellicole di Sorrentino e addirittura splendidamente commovente in “Una vita tranquilla” di Cupellini- mentre il Sorrentino degli ultimi due film, che hanno visto la loro collaborazione, lo ha lasciato, secondo me, troppo libero di gigioneggiare –soprattutto ne La Grande bellezza- affidandogli personaggi disegnati più nel solco di una tipizzazione grottesca che di una costruzione sfaccettata, complessa, a tutto tondo del ruolo. Ciò detto, anche ammesso che Servillo fosse un Re, purtroppo oggi viviamo in democrazia e, gli piaccia o no, i giornalisti -venduti o meno è irrilevante: io non sono mai stato tenero con la stampa nostrana, asservita alle lobby, ma non sopporto chi non risponde o, peggio, offende gratuitamente i giornalisti, perché segno di intolleranza e di scarsa capacità dialettica e democratica- hanno il diritto di criticare e di farti le domande che più gli aggradano. Nel rispetto, certo, della tua persona e, almeno formalmente, proprio di quella democrazia che dovrebbero, essi per primi, tutelare. Ora, non mi pare che la giornalista di Rai News abbia offeso Servillo, nel corso della telefonata incriminata e che, in questi giorni, sta facendo il giro del web e dei social network. Ha solo accennato, ripeto accennato, alle polemiche che il film, "la Grande Bellezza”, ha suscitato. Un film, va detto, sinceramente lento, pretenzioso, freddo nel suo marcato manierismo visionario e nella sua ricerca della citazione; con una splendida fotografia, sicuramente, e capace di un’attenta analisi dello sgretolamento morale e socio-politico in cui versa l’Italia, risolta anche piuttosto bene sul piano figurativo e simbolico; ma con errori evidenti di sceneggiatura, mono-tòno, in cui, per quanto dolente, è assente una Spannung narrativa, privo di un'autentica, profonda e corrosiva critica di “costume” -che, invece, sembra attestarsi più su quella di “carattere”, tanto per evocare Moliere- e dove il grottesco, sovente, scade in banali cadenze da commedia. Comunque, a quel timido accenno della malcapitata giornalista, Toni Servillo, con spocchia tutta intellettuale e con quell'alterigia tipica di chi sta dicendo "Lei non sa chi sono io", non solo ha finto di non sentirla più, mandandola affanculo, ma l'ha anche apostrofata come cretina. Insomma, ha messo in luce quel carattere arrogante, maleducato ed avvilente, tipicamente italiano, tanto da incontrare l’approvazione di molti. Per non parlare del sottinteso maschilismo, visto che di una donna si trattava. Diciamocelo: un po' di signorilità, di tanto in tanto, non guasterebbe. 
Da un uomo e da un intellettuale, che dovrebbe rappresentare ed esportare il meglio della nostra cultura, onestamente mi sarei aspettato un altro comportamento. E non mi si venga a dire che pensava di aver spento il cellulare.

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