sabato 15 marzo 2014

LISTA TSIPRAS: TRA POLEMICHE, OTTUSITÀ E MALAFEDE!



Leggo e sento ovunque, sui media e sui social network, delle polemiche che stanno tormentando, in questi giorni, la composizione della Lista Tsipras in Italia. Polemiche fatte di veti autoritari, esclusioni ingiustificabili, paradossali logiche semantiche, che portano a censurare, non dico l’oramai “bandito” –pongo volutamente, tra virgolette, il termine, per evidenziarne la doppia connotazione etimologica, escludente e banditesca- vocabolo Comunista, ma addirittura il più generico e onnicomprensivo significante Sinistra.
Or dunque, lo si affermi con chiarezza, qui non siamo di fronte a sterili polemiche. Ci troviamo, invece, al cospetto -mi sia consentito dirlo senza mezzi termini- di un cancro, le cui metastasi stanno divorando, da tempo, qualunque organo all'interno del corpo della sinistra, a sinistra del PD. Il cancro è il vuoto pneumatico di strategia, accompagnato dallo smarrimento di una cultura politica che possa sostenerne l’attuazione pragmatica; le metastasi si chiamano tatticismo elettoralistico e, temo, su questa strada, progressivo slittamento a destra della politica di quei partiti, che pure si dicono ancora Comunisti. A meno di non optare per altre spiegazioni. Tra cui l’ ottusità, prima di tutto; poi, l’arroganza ego centrata di soloni ed intellettuali, evidentemente troppo benestanti ed invischiati col potere borghese, per essere effettivamente sensibili alle reali esigenze delle classi più indigenti e di quegli strati sociali tartassati da una crisi, ben lungi dall’essere in fase risolutiva; e infine -last but not least- la malafede di chi spera –sostanzialmente collocandosi su posizioni anticomuniste- che tali progetti falliscano, ancor prima di passare al vaglio della prova dei fatti.
Diciamo la verità, in questi ultimi anni, tra le forze comuniste ed anticapitaliste italiane, si è sentito e visto di tutto. Da appelli all'unità della sinistra e dei comunisti, sfociati poi, strumentalmente, nella candidatura e nell'elezione di magistrati, di personaggi parafascisti o, a voler essere buoni, demagogici; ai proclami rivoluzionari di compagni duri e puri -nei movimenti e nei partiti- che poi, alla fine, invece di fare la lotta armata –uso provocatoriamente quest’espressione e questo simbolico vessillo- o, quantomeno, di praticare uno strenuo e duro innalzamento del conflitto sociale, scendendo in piazza come si faceva negli anni '70 e come sarebbe consequenzialmente coerente fare, fanno accordi con SEL o con chiunque prometta loro qualcosa; o, bene che vada, inneggiano alla rivolta dalle pagine di facebook. Il caso dei “rivoluzionari” CARC e di Insurgencia, duri e puri a parole ma che, alla fine, appoggiarono De Magistris, è emblematico. Per non parlare dei deliri narcisistici di dirigenti “comunisti” che, in linea con la cultura berlusconiana che ha dominato l’Italia negli ultimi vent’anni, aspirano a farsi il partito personale, contravvenendo ad ogni principio marxista.
Pertanto, non essendo all’ordine del giorno la Rivoluzione –per parafrasare quanto mi disse, qualche tempo fa, una donna che di azioni rivoluzionarie se ne intende- e trovandosi l’intero movimento comunista e anticapitalista in condizioni peggio che precarie, Tsipras potrebbe essere un'occasione, per quanto insufficiente -dal mio modestissimo punto di vista- per riproporre, ancor prima che sul piano politico, su quello culturale, idee e parole che provengono dalla storia del pensiero marxista e dalle lotte per l’affermazione di una società comunista. E, su questo versante, costringere anche i media a parlarne. E invece, in Italia, si sta buttando tutto nel cesso. Come da copione, aggiungerei. Un copione scritto da chi, non è dato saperlo!

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