martedì 11 marzo 2014

QUOTE ROSA: CUI PRODEST?



Mi sia consentita una sommessa e breve riflessione sulla questione delle quote rosa.
Dunque, leggo compagne intelligenti, preparate, certamente culturalmente non banali e che, tra l'altro, rifiutano categoricamente la china degenerativa e modaiola intrapresa, oramai da anni, dalla festività dell'8 Marzo, infervorarsi per le quote rosa. Sinceramente, non lo comprendo. Le quote rosa sono, in pratica, l'altra faccia della medaglia della degradazione, consumistico-borghese, dell'8 marzo. Mi spiego.
Le quote rosa stanno alla parità della rappresentanza istituzionale come lo striptease maschile sta alla festa delle donne. E' riproporre, cioè, un coté maschile, non differenziarsene, avanzando una propria autonoma soggettività. E', in pratica, l'ennesima concessione che si chiede al maschio sovrano. Concessione, per di più, di chiara impronta classista -avvenendo all'interno di un regime capitalistico e, quindi, prettamente elitario- che, limitandosi a una mera questione di potere, non tiene conto della maggioranza delle donne le quali, ahimè, per la loro condizione sociale e culturale, resteranno, comunque, relegate ad un ruolo subordinato a quello del maschio padrone o, quantomeno, fortemente condizionante. Specie in un periodo di grande crisi, come quello attuale. Insomma, non me ne vogliano le amiche e compagne, ma personalmente ritengo che la questione femminile vada risolta principalmente su di un piano culturale e, conseguentemente, su quello economico: nel senso del ribaltamento dell’attuale sistema capitalistico, fondato sulla divisione di classe e, inevitabilmente, di genere. Non certo con le quote rosa che, tra l'altro, non tengono conto, per il loro stesso configurarsi, delle effettive capacità delle eventuali eleggibili o elette. Di esempi, in questi anni, ne abbiamo avuti tanti! P. S. parlo di capacità e non di merito volutamente, considerando il criterio di valutazione meritocratico classista e fascista!

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