martedì 6 maggio 2014

QUANDO LA SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO INGOIA TUTTO…ANCHE CHI SI DEFENISCE COMUNISTA


Allora, la compagna Paola Bacchiddu, bella ragazza e responsabile comunicazione della Lista Tsipras, ha deciso di postare, sulla sua pagina facebook, una sua foto in bikini bianco, delle vacanze pare, in cui il lato B è in discreta evidenza. Motivazione: dopo aver passato due mesi a incazzarsi con i media, mendicando inutilmente un trafiletto su un giornale, e chiedendo un minimo di par condicio, avrebbe detto: “Basta, in questo Paese e con questo sistema mediatico, l’unico modo per finire sui giornali è mostrare le tette o il culo. Di tette sono scarsa, domani mostro il culo”. Detto fatto! Ovviamente, i giornali e i media, da destra a sinistra, si sono lanciati sulla notizia, strumentalizzandola a piacere. Mentre, tra i compagni sostenitori della lista Tsipras, ci si divide. Alcuni ne sostengono la scelta, altri la criticano, anche duramente.
Or dunque, ai sostenitori della Bacchiddu, a questo punto, vorrei dire: cari compagni della Lista Tsipras, illuminatemi. Se il corpo delle donne viene mercificato come veicolo pubblicitario è un turpe svilimento del Capitale; se, viceversa, serve per attirare voti alla sinistra "comunista" -le virgolette mi sembrano d'obbligo, visto che si sono anche fatti imporre la censura professorale sul significante sinistra- va benissimo? Mi si perdoni: non è comunque un simbolico che va ad inscriversi all'interno del recinto culturale di quel capitalismo, che dovremmo combattere e sovvertire? Di quella società dello spettacolo in cui, come diceva Debord, il capitale, al suo massimo grado di accumulazione, diventa visione? Per non parlare delle levate di scudi ipermoralistiche, che le compagne hanno messo in campo, ogni qualvolta le varie Minetti o Brambilla o Carfagna hanno mostrato tette, culi, autoreggenti e altro. Ne faccio, come s’intuirà, un discorso politico, non di carattere morale. Per come la penso io, la gente potrebbe anche uscire nuda e scopare per strada. Figurarsi. Ma voglio spingermi oltre. Se la Bacchiddu avesse avuto almeno il coraggio di andare fino in fondo, provocatoriamente, mostrando il suo corpo completamente nudo, si sarebbe potuto parlare, come si faceva nel ’68 e negli anni ’70, di liberazione del corpo stesso dai vincoli borghesi di una cultura oppressiva, asfissiante e censurante. Insomma, se avesse avuto il coraggio dell’ dell'ob-sceno, del fuori scena -per citare Carmelo Bene- avremmo potuto parlare di privato che diventa politico e la trovata della bella giornalista si sarebbe, appunto, collocata in una dimensione altra, rispetto alla squallida e piccolo borghese ribalta politica nazionale. In più, avrebbe rotto, effettivamente, quei codici comunicativi che definirei, oramai, conformisti e volti solo a solleticare, ipocritamente, l’italica pruderie, borghese e cattolica. Ma così, sinceramente, il conformismo lo si abbraccia tutto.
E l’argomentazione, che pure ho sentito ripetere da più parti: «è stata un'iniziativa personale», francamente non regge. Non voglio arrivare al centralismo democratico, per carità, ma un minimo di coordinamento? Sono stato responsabile cultura regionale del PRC per 3 anni e mi ricordo che, una volta, scrissi qualcosa su fb, che si distaccava dalle posizioni consuete del partito, apponendovi sotto la carica. La mia responsabile nazionale mi richiamò, dicendomi, giustamente secondo me, che, se volevo scrivere certe cose, avrei dovuto prima concordarle, almeno con lei.
Ebbene, molti compagni, sostenitori della lista, oggi poi si lamentano del fatto che, alla notizia, venga data ampia eco su tutti i media nazionali, distorcendone il senso. Mi chiedo e vi chiedo: in che posto e in che società si pensa di vivere? Da decenni -molto prima di Grillo, of course- noi comunisti sosteniamo che la stampa è gestita dalle lobby finanziarie, dalle borghesie padronali, ed è genuflessa agli interessi del capitale; dunque, i primi avversari di questo sistema sono, evidentemente, tutte quelle forze e movimenti che si richiamano al marxismo, al comunismo e all’anticapitalismo. E ci si meraviglia, poi, che, se gli si offre il destro, questi ti prendono a fucilate? Con un po’ di lungimiranza e d’intelligenza, era largamente prevedibile. Soprattutto, considerando il contesto politico-culturale in cui ci troviamo a vivere. Contesto che, in Italia, è stato plasmato dalla volgarità berlusconiana per vent'anni, dai suoi squallidi rapporti con il femminile, e a cui la “sinistra” e i comunisti si sono strenuamente opposti, spesso incamminandosi anche su derive giustizialiste, manettare e moralistiche appunto, che, francamente, non ho mai condiviso. In un contesto siffatto, quindi, al tirar delle somme, che fanno i comunisti della Lista Tsipras? Utilizzano gli stessi mezzucci! Si abbia il coraggio di dirlo sinceramente: è un auto goal pazzesco. Bisognava aspettarsela quella reazione. Forse, e dico forse, un po’ di quell'analisi scientifica della realtà, delle sue dinamiche, dei suoi rapporti di forza, che Marx tanto predicava, la si dovrebbe rispolverare, di tanto in tanto.
Purtroppo però, lo vado predicando da tempo, il problema vero delle forze comuniste, oramai, è proprio di carattere culturale. O ci si rifugia, caparbiamente, in un’ ortodossia, spesso solo di facciata, o si diventa allegramente, o per ragioni di opportunismo politico ed elettoralistico, riformisti e socialdemocratici. «Il dogmatismo e il revisionismo si contrappongono entrambi al marxismo» diceva Mao.
Vorrei chiudere, tuttavia, con una riflessione tratta da Guy Debord. E proprio da quella “Società dello Spettacolo” che, visto l’argomento, mi sembra quanto mai pertinente: «Lo spettacolo è l’ideologia per eccellenza, perché espone e manifesta, nella sua pienezza, l’essenza di ogni sistema ideologico: l’impoverimento, l’asservimento e la negazione della vita reale[…]Solo il fragile scudo della rivoluzione separava una generazione dall’integrazione nello spettacolo. Quel feticcio è caduto, cancellato dal potere della stessa società spettacolare[…]La rivoluzione è morta mentre lo spettacolo è diventato l’episteme del nostro tempo. Lo spettacolo ha vinto perché è in grado di assorbire qualsiasi forma di opposizione facendola propria. Non possono esserci spettacoli contro».

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