martedì 26 marzo 2013
ANCORA UNA VOLTA, LA POLIZIA AGGREDISCE SENZA MOTIVO LAVORATORI, SINDACALISTI E STUDENTI
Ancora una volta, la “democratica” polizia della “democratica” repubblica italiana, qualche giorno fa, ha caricato, con la violenza e la codardia che gli è solita, un gruppo di manifestanti –lavoratori, sindacalisti, attivisti dei centri sociali- pacificamente riuniti, davanti alla sede di una coop a Bologna. Picchiato anche un cronista de Il Fatto Quotidiano. Come oramai accade sistematicamente da qualche anno, gli sgherri in divisa, servi di uno stato assoggettato al potere finanziario, vengono inviati a fare il lavoro sporco e a picchiare chiunque, nel quadro dei diritti costituzionalmente sanciti, vada in piazza a manifestare il suo dissenso verso quelle politiche di austerità, imposte da governi di fatto esautorati da organismi internazionali come BCE, FMI, Banca Mondiale, UE, e il cui unico scopo è quello di rassicurare i mercati e di garantire, ai gruppi finanziari che ne controllano le sorti, i loro affari. Che poi il risultato sia la macelleria sociale, con la morte civile della classe lavoratrice, poco importa.
Lavoratori anch’essi, e certo mal pagati, gli sbirri si accaniscono, per puro sadismo di marca fascista, contro giovani e padri di famiglia, la cui unica colpa sarebbe quella di voler conservare un posto di lavoro o di volerne uno che gli garantisca il futuro.
Una vergogna, ma soprattutto, considerando quanto accade da tempo in Grecia, con le forze dell’ordine infiltrate a tutti i livelli dai nazisti di Alba Dorata, o in Ungheria, dove oramai si può parlare chiaramente di governo fascista, un pericolo non sottovalutabile. Troppo spesso, infatti, storicamente, anche tra le nostre forze di polizia, si è mostrata un certa ammirazione per il fascismo e i suoi barbari metodi squadristi. In passato, è bene ricordarlo, molti tentativi di golpe –a partire da quello del 1964, denominato piano Solo, e che vedeva il generale dell’arma dei carabinieri, Giovanni De Lorenzo, tra i principali organizzatori- hanno avuto il sostegno di militari, forze dell’ordine e servizi segreti. La divisa non è e non deve essere l’alibi dietro cui nascondere i propri abusi di potere, la propria violenza, la propria inclinazione al fascismo, lo ripeto.
Ecco perché, a questa deriva autoritaria e brutale, bisogna opporsi con tutte le forze e con qualunque mezzo.
ORA E SEMPRE RESISTENZA!
giovedì 14 marzo 2013
HABEMUS PAPAM BERGOGLIO. ANTIABORTISTA E CONNIVENTE CON LA DITTATURA FASCISTA DI VIDELA!
Gesuita, argentino, Bergoglio è il primo papa sudamericano. La novità, però, è tutta qua. Già in lizza per il soglio pontificio nel 2005 –fu battuto dal dimissionario Ratzinger- è un conservatore-popolare, il che, secondo il linguaggio della politica argentina, vuol dire conservatore estremo in materia dogmatica ma con una spiccata sensibilità verso le fasce povere cui, però, guarda in termini di tipo assistenziale. Se si eccettua una breve parentesi negli anni ‘70, durante la quale abbraccia la Teologia della Liberazione, con l’avvento delle dittature fasciste in gran parte del Sud America, e in particolare con quella dei militari in Argentina, cuor di leone Bergoglio se ne distacca, dichiarandosi, da allora, suo strenuo oppositore. Ricordiamo che la Teologia della Liberazione, affermatasi a partire dal 1968 in tutta l’America del sud, propugna un processo di liberazione dalla povertà tramite la trasformazione sociale e politica della nazione latinoamericana, affermando che la liberazione stessa è conseguenza della presa di coscienza della realtà socio-economica che investe quella stessa nazione. Una teologia progressista quindi, che, cosa più importante, nasce per battersi conto le dittature fasciste, che hanno funestato la maggior parte dei paesi sud americani durante l’intero arco degli anni ’70-’80, e imposte, per ragioni economiche e in chiave anticomunista, dagli USA. I sacerdoti che vi aderiscono, d’altronde, hanno sempre denunciato i danni prodotti dall'economia di mercato e l'alienazione che il capitalismo causa a milioni di persone, sposando altresì, negli ultimi anni, le tesi e l'azione del movimento "no-global" e la connessa contestazione del neoliberismo. Insomma, una pratica di fede che ha promosso un modo di intendere la chiesa e il messaggio evangelico, che essa dovrebbe diffondere, diverso e slegato dalle dinamiche del potere curiale che, da sempre, regnano in vaticano e ne plasmano la linea e la condotta politica. Ovviamente, come da prassi, per tutte queste ragioni, la Teologia della Liberazione e i suoi seguaci sono stati da sempre accusati di simpatie filocomuniste.
Tornando ora all’elezione di Bergoglio, com’era prevedibile, il vaticano non smentisce sé stesso, portando al soglio di Pietro un gesuita lontano dalla curia, certo, ma comunque un esponente della gerarchia più retriva. E non solo. Sul nuovo Papa Francesco –i media già stanno glorificando questa scelta fortemente simbolica e si sperticano in elogi, francamente ridicoli- incombe, infatti, l'ombra della connivenza col regime militare-fascista di Videla e l’accusa di aver favorito, addirittura, la persecuzione di alcuni suoi sacerdoti. A tal proposito, le madri di Plaza de Mayo, appena appresa la notizia dell’elezione, lungi dall’esultare, hanno addirittura dichiarato, per bocca di Hebe Bonfadini, in questi giorni in Italia: «Le madri ormai da molti anni, ovvero da quando hanno dato il via alla loro lotta, collaborano solo con sacerdoti del terzo mondo. Abbiamo una lista di 150 sacerdoti assassinati dalla dittatura e di questi la Chiesa ufficiale non si è mai preoccupata e non ha mai reclamato per i loro corpi. Le madri parlavano della Chiesa ufficiale quando nessuno lo faceva. Questa è opprimente, ma quelle del terzo mondo sono invece liberatrici. Abbiamo rapporti solo con loro, e per il Papa che hanno nominato abbiamo solo da dire una cosa: Amen!» Altro che loro punto di riferimento, quindi, come qualche giornalista e qualche politico nostrano ha dichiarato! E valga per tutto, anche l’augurio freddissimo che la presidente argentina. Cristina Kirchner, ha fatto al nuovo papa. Ad ogni modo, come se non bastasse, il neo papa Francesco non solo è anche un intransigente antiabortista ma si dichiara, nel solco del retaggio culturale più conservatore tracciato dalla chiesa, contrario alle unioni gay. Insomma, diciamo la verità, c’è poco da stare allegri.
Se a tutto ciò, poi, aggiungiamo il fatto che molti paesi della Latino America, in questi ultimi anni, hanno intrapreso la via maestra del socialismo e delle democrazie popolari, affrancandosi, di fatto, dal giogo imperialista statunitense, divenendo, tra l’altro, l’unico serio baluardo contro la globalizzazione del pensiero unico neoliberista, da comunista non mi ritengo per niente tranquillo. E, dopo la prematura scomparsa di Chavez, e con Castro, ahimè, vicino alla fine, non posso fare a meno di chiedermi quale sarà il ruolo di questo papa in quella parte del mondo, e come le cosiddette democrazie liberal-liberiste intenderanno utilizzare la sua autorevole influenza, e quella del vaticano, sulle cattolicissime popolazioni latinoamericane.
Purtroppo, la storia qualche spunto di riflessione ce lo fornisce. Giovanni Paolo II fu uno dei principali attori, all’interno dello scenario della guerra fredda, a contribuire alla caduta del comunismo, prima ancora che sul versante politico -in alcuni casi, è vero, degenerato in crudeli derive dittatoriali e preda di burocrazie corrotte e auto generative- su quello culturale. E non dimentichiamo, proprio in questa circostanza, che sempre papa Wojtyla finanziò, in Sud America -attraverso l’ormai famigerato IOR- alcune di quelle dittature fasciste succitate. E guarda caso, precisamente quella di Videla godette dell’appoggio incondizionato di Giovanni Paolo II e delle alte sfere vaticane.
Per concludere, dunque, secondo il mio modestissimo avviso, abbiamo assistito, ancora una volta, ad un conclave e ad un’elezione ch si sono caratterizzate per la loro natura prettamente politica, assolutamente in linea con la funzione di potere che il vaticano svolge da due millenni. Politica e potere che poco hanno a che fare, diciamocela tutta, con la discesa dello spirito santo nella sala del conclave, al fine di illuminare gli alti prelati ivi riuniti.
domenica 10 marzo 2013
SUCCEDE IN UNGHERIA, MA BEN POCHI MEDIA NE PARLANO.
Il governo nazionalista di Viktor Orban, con una sorta di golpe bianco, propone di varare ben 15 emendamenti costituzionali, che modificherebbero, se approvati, lo statuto in senso autoritario. In pratica, ci troveremmo difronte ad una vera e propria deriva di tipo fascista. L' UE proresta, come anche il FMI, ma, in realtà, è dal 2010 che questi due organismi internazionali giocano al tiro alla fune con Orban, minacciandolo di non concedere più prestiti ma di fatto rinnovandoli. Un gioco che, ovviamente, nasconde interessi finanziari e speculativi non sempre facili da comprendere, ma le cui tristi conseguenze, stiamone certi, pagheranno i cittadini magiari. Del resto, quando Orban fu eletto, alcune agenzie di rating si dichiararono favorevoli a questa scelta, compiuta dall'Ungheria, perché finalmente il nuovo presidente aveva tutti i numeri per modificare la costituzione, operando quelle riforme strutturali, in senso neoliberista, che la troika e i mercati imponevano. Insomma, il solito ricatto, fondato su prestito e debito sovrano e che, in passato, ha già massacrato paesi come l'Argentina, tanto per dirne uno, e che oggi si abbatte, come una mannaia, sulla Grecia, la Spagna, il Portogallo e l'Italia. Comunque, di seguito i punti più delicati della riforma autoritaria proposta da Orban e dal suo partito al potere, Fidesz. Notate l'analogia -pur facendo le dovute differenze- con alcune delle proposte avanzate da tempo, anche in Italia, da Berlusconi, amico e sostenitore di Orban!
1 - L'esecutivo ha diritto di limitare la libertà d'espressione. La formulazione è abbastanza vaga da aprire spazio a pericolosi abusi. Si autorizzano questi superpoteri in nome della difesa "della dignità della Nazione, dello Stato e della persona", oltre che vietare i "discorsi di odio".
2-La Corte costituzionale non potrà più sollevare obiezioni di sostanza ma solo di forma su emendamenti alla Costituzione, e decadono le sue decisioni precedenti il gennaio 2012, cioè soprattutto ricusazioni di leggi liberticide su stampa o giustizia o scuola volute da Orbàn.
3-La famiglia riconosciuta dallo Stato è solo l'unione ufficializzata da matrimonio di una coppia eterosessuale che si sposa al fine di fare figli. Nessun altro tipo di unione avrà pari dignità con la famiglia sposata etero che vuole prole.
4-Non tutte le religioni saranno riconosciute come tali a pari dignità, bensì soltanto quelle definite come tali dalle recenti leggi del governo.
5-Il vecchio partito comunista del passato (che nel 1988-89 divenne Partito socialista e attualmente è divenuto una forza politica affiliata ai socialisti europei come Pd o Spd o il ps francese o il New labour) è definito nella costituzione "associazione criminale", quindi di fatto processi politici contro le opposizioni diverranno possibili col pretesto retroattivo del passato.
6-I senzatetto sono perseguibili penalmente se dormono in strada, e non si capisce allora dove dovranno dormire. La nuova Costituzione, in sostanza. chiede ronde di polizia per retate di clochards.
mercoledì 6 marzo 2013
Addio compagno Hugo
Addio compagno Hugo.
Avevi nelle tue mani il cuore della giovinezza.
Il tuo spirito battagliero
aveva fatto rinascere il popolo del Venezuela.
Tutti noi guardavamo a te,
simbolo dell’internazionalismo che non accetta barriere,
che rifiuta le catene del denaro
imposte alle doloranti caviglie della vita.
Idea di un mondo,
dove mai più il predominio dell'uomo sull'uomo sia la regola,
hai restituito dignità alla tua gente
con le parole semplici della nostra storia:
gli uomini sono tutti uguali.
E oggi la tua gente ti piange.
Come noi, orfani del tuo coraggio e della tua forza.
Addio comandante.
La nostra lotta continuerà,
fino al sogno di quella Rivoluzione
che fu la tua bandiera.
Che è la nostra bandiera.
E ora, silenzio...
Che i pugni si levino in alto!
L’INFORMAZIONE LIBERA, L’INEFFABILE BOTTERI E I POSSIBILI SVILUPPI VENEZUELANI
L'informazione libera ed indipendente di questo paese, si può riassumere nell'indegno servizio trasmesso stamane -e ieri sera- dalla Botteri, corrispondente da New York del tg3, che commentava le reazioni del governo Usa alla morte del comandante Chavez ed i probabili scenari che potrebbero delinearsi. Dunque la Botteri, in buona sostanza, diceva che Washington respinge fermamente le assurde accuse del governo venezuelano, mosse nei confronti di quello Usa, di aver avvelenato Chavez. Accuse che Maduro, il vicepresidente della repubblica bolivariana, lancerebbe –continua la giornalista- per fomentare un clima di odio contro il tradizionale nemico imperial-capitalista, e di cui avrebbe bisogno, non possedendo lo stesso carisma del comandante, che lo aveva nominato suo delfino. Come se fosse la prima volta che gli Usa tentano di deporre, anche con l'omicidio, un presidente latinoamericano e filocomunista, democraticamente eletto dal suo popolo. Chiedo alla signora Botteri: la baia dei porci chi l'avrebbe organizzata, il popolo libero di Cuba? E il golpe in Cile contro Allende, sarebbe stato uno spontaneo moto nato in seno alla gente di quel paese? E la dittatura militare in Argentina: anch'essa voluta in nome della libertà? E i contras in Nicaragua, con tutte le loro barbarie? E la dittatura di Roberto D'Aubuisson in Salvador? Potrei continuare, ma mi fermo. Dietro tutti questi avvenimenti atroci, spesso sfociati in regimi di tipo fascista, mi pare ci fossero gli Usa e la CIA. E non si tratta, come per Pasolini nell’ Italia degli anni ’70, martoriata dalle stragi e dalle bombe, fasciste e di stato –sempre con l’avallo della CIA- di semplici supposizioni, dedotte dalla realtà politica e sociale di quei paesi. In tutti questi casi, la longa manus dell'imperialismo americano ha recitato -in funzione anticomunista, s'intende- il ruolo della protagonista. Ci sono dati storici incontrovertibili e ammissioni da parte degli stessi uomini dei servizi e del governo statunitensi a confermarlo.
La Botteri, poi, continuava affermando che ci sarebbero tensioni in Venezuela, smentite però da Maduro che, anzi, ha invitato alla calma e alla serenità il popolo venezuelano, cui ha chiesto di intonare il suo canto d’amore per il comandante morto. Ma non contenta, Giovanna proseguiva, tracciando possibili scenari e sostenendo che Maduro potrebbe rischiare, nel caso si andasse alle urne, di non essere eletto, visto che ora l’opposizione di destra -appoggiata notoriamente da Washington- senza Chavez è più forte ed organizzata che mai. L’ineffabile Giovanna, però, il suo clou lo raggiungeva quando, tutta eccitata, riportava la dichiarazione di Obama, il quale si dichiara vicino al popolo venezuelano, in questo triste momento, e conferma il sostegno americano a quei paesi che credono nei valori della libertà e della democrazia e sono per la difesa dei diritti umani. Difesa dei diritti umani come del resto avviene negli Usa, vero presidente Obama, dove vige ancora la pena di morte, in genere comminata, per parità sociale, a gente di colore, o dove si possono violare apertamente i diritti di cittadini stranieri, solo sulla base di un sospetto terrorismo? Insomma, mi pare di capire che l’intenzione degli Usa sia, come dire: ora che è morto lo sporco comunista Chavez -il quale però, piccolo particolare, aveva la maggioranza assoluta della gente dalla sua parte e non mi pare abbia violato diritti umani o democratici- cari venezuelani preparatevi, che ci penseremo noi a ristabilire le libertà democratiche. Quelle stesse libertà forse che, in nome dell’egemonia Usa e degli interessi mercantili occidentali, hanno già provato in passato, i cileni, gli argentini, gli uruguayani , i salvadoregni, i nicaraguensi, i paraguayani? Chi crede veramente nella libertà, in un mondo più giusto e uguale, dice no. Giù le mani imperialiste dal Venezuela! Giù le mani imperialiste dall’America Latina! Che viva Chavez. No pasaran!!!
venerdì 1 marzo 2013
LA CRISI GRECA , IL POSSIBILE GOLPE E IL FOSCO SCENARIO ITALIANO
La Grecia è in piena crisi sociale, strutturale e di sistema. Si parla di allarme umanitario. Ci sono stati, nei giorni scorsi, una quindicina di scontri armati. Si parla apertamente di destabilizzazione, golpe e strategia della tensione. Il governo Samaras, per proteggersi e proteggere il parlamento, sia in caso di rivoluzione che di contro-rivoluzione, assolda i mercenari di Blackwater/Academi: gli stessi, per intenderci, che condussero operazioni, durante l’ultima guerra in Iraq, e che si trovarono implicati in inutili scontri a fuoco, in aree urbane, coinvolgendo vittime tra i civili. Ad essi, il governo greco ha attualmente affidato, oltre ad un più generale compito di difesa da eventuali attacchi, scaturenti dalla esplosiva situazione sociale e politica, anche la supervisione delle forze di polizia, infiltrate, a tutti i livelli, da simpatizzanti del movimento neonazista Alba Dorata. In tal senso, proprio pochi giorni fa, si è parlato di un complotto della stessa polizia, in connivenza con l’estrema destra, per istigare un massacro di agenti, del quale accusare, tanto per cambiare, gli anarchici. Presumibilmente, questo evento sarebbe stato utilizzato come pretesto per introdurre la legge marziale o lo stato d’emergenza.
La situazione, dunque, è drammatica ma, ovviamente, i media nostrani non ne parlano. E perché mai dovrebbero, all’indomani di elezioni che consegnano il paese all’ingovernabilità e a scenari sinceramente foschi? Scenari che si tingono di nero -nessuno me lo leva dalla testa- dietro la spinta opposta ma convergente, e i cui fili sono tirati principalmente dagli USA, degli interessi speculativi dei mercati, delle lobby finanziarie e bancarie, e di istituzioni europee e mondiali -UE, BCE, FMI, Banca Mondiale- che, se da un lato e pubblicamente fanno appelli alla stabilità di governo, al chiuso delle loro stanze, dove gestiscono potere e affari, sono ben lieti di poter contare su situazioni di instabilità. Il gioco speculativo in borsa, d’altronde, nasce da qui. E con una sinistra ridotta oramai in macerie -per colpe sue, s'intende- chi difenderà le classi lavoratrici dagli attacchi indiscriminati e selvaggi degli squali finanziari e delle istituzioni ultraliberiste a loro asservite? Bersani, nume tutelare delle banche e sostenitore del dicastero del trilateralista Monti? O forse Grillo e Casaleggio, miliardari anch’essi? Può darsi, ma personalmente non ci conterei troppo. Non ho mai visto un miliardario agire nell’interesse del popolo per puro spirito filantropico. Mi sbaglierò e sarò sicuramente malpensante, ma è quanto l’esperienza millenaria ci insegna. Grillo non è San Francesco d’Assisi! Quindi.....
Or dunque, lo scenario greco è inquietante. E considerando l’attuale instabilità del quadro politico italiano, incapace inoltre di esprimere una sinistra idonea a indirizzare, sui binari di una seria battaglia di classe -in difesa dei diritti dei lavoratori, dei salari, delle pensioni- le spinte rabbiose che attraversano il corpo della società, tale scenario lascia prefigurare qualcosa di molto simile anche da noi. Gli economisti, i politologi e i più quotati editorialisti italiani, però –quasi tutti al soldo di giornali i cui gruppi editoriali, facendo capo a grandi lobby finanziarie, hanno consegnato la nostra stampa all’omologazione del pensiero liberista dominante- ci dicono che l'Italia non è la Grecia, che siamo la terza potenza economica in Europa e la settima/ottava nel mondo, e che siamo un paese solido, sul versante dell’impresa e delle banche. Dunque, non c’è pericolo. Allora mi chiedo: come mai chiudono le aziende e aumentano vertiginosamente le ore di cassa integrazione? Come mai i dipendenti pubblici rischiano costantemente il posto di lavoro? Perché si taglia lo stato sociale? Cos’è che riduce il potere d’acquisto di pensioni e salari, con il risultato che in tanti non arrivano a fine mese e che, a volte, pensionati e lavoratori si suicidano? Qual è la causa per cui aumenta la disoccupazione e i giovani -ma anche i meno giovani- non hanno un futuro? E sia ben chiaro che, grazie all’infame impegno assunto con il patto di stabilità e crescita (alias fiscal compact), prima dal governo Berlusconi e poi dal governo Monti –e votato, ricordiamolo, anche dal PD- a partire dal 2013 la situazione non migliorerà di certo. Tutt’altro! Dove li troviamo, infatti, 40 miliardi all’anno per 20 anni, da restituire per ripianare il debito pubblico? Sono le stesse misure imposte alla Grecia, appunto. E guardate come sta finendo.
Allora, il pessimismo credo sia più che giustificato. E poi, la storia qualcosa ce la insegna. Grecia, Italia, Spagna e Portogallo –con moderno acronimo, i PIGS, ma io preferisco chiamarla cinta mediterranea, con tutte le implicazioni strategiche ed economiche che questa locuzione riassume - come ho già avuto modo di dire più volte, sono state sottoposte, in momenti di forte crisi, a crudeli dittature militari e fasciste. In Italia, Spagna e Portogallo si cominciò subito dopo il primo conflitto mondiale e in concomitanza con la crisi del ’29; La Grecia la subì a partire dal 1967; e, benché l’Italia si fosse liberata dal fascismo nel 1945, durante tutto l’arco degli anni ’70 –e non si era nel bel mezzo di una crisi tanto grave come oggi- il nostro paese fu minacciato da vari tentativi di colpi di stato di matrice fascista. Fu soprannominata strategia della tensione e vide la collaborazione di organizzazioni di estrema destra, servizi segreti deviati, pezzi dello stato, mafia, vaticano e, come sempre a sovrintendere, la CIA. L’Italia fu preda di continui massacri e stragi, sempre di origine fascista, che avevano l’obiettivo di destabilizzare il paese per stabilizzarne l’ordine, da raggiungere ad ogni costo e in funzione principalmente anticomunista.
Ora, in Grecia, si parla proprio di strategia della tensione. E il governo che fa? Affida a mercenari nord americani il compito di sorvegliare la polizia e i fascisti. Come dire: la volpe a guardia del pollaio. La saldatura, oggi come allora, è completa. Fascisti, militari, potere finanziario, con gli Usa a sorvegliare e tirare da dietro le fila.
Cosa dunque dovremo aspettarci, in Italia, se la situazione dovesse precipitare? Mi sembra una domanda ampiamente giustificata dagli eventi e dalla realtà dei fatti. Certo, la sinistra comunista non è più una minaccia, purtroppo. Però potrebbe tornare ad esserlo, in un clima di lotte che facesse esplodere le contraddizioni e alzare il livello del conflitto sociale. E, per inciso, sarebbe anche ora che lo ridiventasse un pericolo, per le borghesie padronali, con qualsiasi mezzo a sua disposizione. Anche lo scontro duro, è ovvio. Come del resto, le forze comuniste stanno facendo, in Grecia, in queste ore.
Una magnifica speranza di ritorno alla lotta di classe, dunque, il cui orizzonte vedo, però, oscurato da due problemi sostanziali. Il primo, di ordine interno: la disorganizzazione e lo sfaldamento del movimento comunista, per di più oramai disabituato alle lotte dure e di piazza, almeno qui in Italia. Il secondo, di ordine esterno e ancor più insidioso. Quando il capitale non è in grado si risolvere le crisi da sé stesso generate, invocare il pericolo rosso e scaricare su di esso i motivi delle crisi stesse, del disordine e, quando possibile, dei morti -spesso fatti, come è accaduto negli anni ’70, proprio per invocare la violenza comunista- è sempre utile. Il capitale, insomma, gioca sporco ed è anche abituato a truccare le carte. Si sa, ce lo dice la storia. E, alla fine dei giochi, un po’ di ordine fascista –nelle più varie accezioni del termine- è sempre salutare. Ovviamente nell’interesse dei padroni!
Ecco perché, noi comunisti, dovremmo tornare a praticare quello che Gramsci chiamava, con somma intuizione, il pessimismo della ragione unito all’ottimismo della volontà. Il capitale si può battere, certo, anche se con mille difficoltà e a costo di molte vite. E’ sempre la storia che ce lo dice. Ma questa volta, a dircelo, è la nostra Storia!