Rothko Chapel

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"L'estensione logica del business è l'omicidio!" (D. Cronenberg)

mercoledì 10 luglio 2013

GRILLO, UNICA SPERANZA DI CAMBIAMENTO DEL QUADRO POLITICO ITALIANO? LETTERA APERTA ALLE COMPAGNE E AI COMPAGNI CHE HANNO VOTATO M5S




Care Compagne, Cari compagni,  
pur comprendendo la vostra rabbia per il disfacimento del quadro politico-sociale, venuto a delinearsi, negli ultimi vent’anni, nel nostro paese, nonché condividendo la disillusione che ci attanaglia per la frammentazione di un movimento comunista, incapace altresì di reagire, come si dovrebbe, alla drammatica situazione di crisi che tutti ci sta colpendo –e i motivi di tale inadeguatezza sono molteplici e non sempre nobili- ciononostante, non capisco fino in fondo –sicuramente per miei limiti- la scelta di guardare al Movimento 5 Stelle come ad una concreta speranza di cambiamento dell’attuale assetto politico italiano. Vi chiedo, infatti: come giudicate gli endorsement di Mediobanca e di Goldman Sachs –che poi va detto, ad onor del vero, se lo è rimangiato- per il movimento? E della vicinanza di Casaleggio al gruppo Bilderberg, che ne dite? E della sua inquietante visione del mondo: "GAIA"? E vogliamo parlare delle “democratiche” richieste di espulsione per chi non condivide il pensiero di un capo che, lo ricordo benissimo, in passato affermava che non si sarebbe mai ingerito nelle dinamiche del movimento, perché le decisioni spettano ai cittadini? E di alcune dichiarazioni, velatamente razziste, di Grillo -questione ius sanguinis e ius soli, per esempio- che ne facciamo? Le liquidiamo come un semplice inciampo linguistico? E della richiesta di poltrone cruciali, nelle commissioni parlamentari, in antitesi con quella “strategia politica” che si dichiarerebbe estranea ad ogni compromissione con le vecchie logiche di potere, che vogliamo dire? Per non discutere, poi, in chiave più teorica e generale, dell'interclassismo del movimento –si considerino, solo per portare un esempio, le gravi dichiarazioni della Lombardi sul fascismo buono o contro l’articolo 18, sic!- interclassismo che, personalmente, come marxista, rifiuto!
Dunque, quale sarebbe il merito dei 5S finora? Restituire le diarie? Criticare e sputare sul parlamento? Posso capirlo, ma allora la scelta sarebbe dovuta essere radicale: non presentarsi alle elezioni e dare, da extraparlamentari, battaglia seria in piazza. Altrimenti, si rischia il ridicolo e la contraddittorietà, come alcuni militanti del movimento stanno facendo notare da un po’. Ma poi, detto con franchezza, veramente pensiamo che la questione decisiva, in questo delicatissimo momento storico, politico, economico e sociale, per il mondo e per il nostro paese, siano gli stipendi dei parlamentari? E su via, questa è ingenuità bella e buona! Intendiamoci: le strutture e le organizzazioni interne dei partiti vanno senza dubbio riformate e "moralizzate" -parafrasando Berlinguer- e, su questo punto, non ho difficoltà ad ammettere che alcune proposte del 5 Stelle siano da condividere senza esitazione. La questione vera però, più ampia ed articolata, resta per me un’altra: il sovvertimento radicale, culturale, del modello criminogeno capitalista e neoliberista; di quel finanzcapitalismo insomma, per citare Gallino, che sta producendo un massacro sociale di dimensioni globali, cancellando non solo i diritti della classe lavoratrice ma colpendo a morte il concetto stesso di lavoro. Un modello completamente legato alle tendenze del marcato e, di conseguenza, necessariamente sordo alle esigenze dei popoli e delle classi subalterne. Se non fossi tanto ateo e anticlericale come sono, citerei il Papa e la sua “globalizzazione dell’indifferenza”.
Nei confronti di tale sistema, invece, il M5S non si pone in alternativa, anzi. Propone, è vero, alcuni cambiamenti radicali che andrebbero a colpire gli aspetti più degenerativi del capitalismo finanziario, ma lo fa con il chiaro obiettivo di mantenere quell’impianto. Del resto, come dovrebbe intendersi la proposta, tra le più urgenti avanzate dal Movimento, di abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti, se non nell’ottica di quelli che sono i cardini del pensiero liberal-liberista? E ricordo, a tal proposito, che quando fu introdotto Il finanziamento pubblico (Legge Piccoli n. 195 del 2 maggio 1974) la norma venne approvata con il consenso di tutte le forze politiche allora presenti in parlamento, ad eccezione, guarda caso, del Partito Liberale. Pertanto, una volta eliminati i finanziamenti pubblici, mi chiedo: chi rimarrà sulla scena politica? La risposta mi sembra scontata: miliardari che possano autofinanziarsi le campagne elettorali e quei partiti, funzionali al sistema, cui andranno le cospicue sovvenzioni di lobby potentissime, le quali poi influenzeranno, necessariamente, l’attività legislativa e di governo. In pratica, ciò che succede da tempo negli Stati Uniti, patria del capitalismo più spinto e, per come la vedo io, non proprio un esempio cristallino di democrazia, malgrado i media e la propaganda ce li presentino come la patria delle libertà e dei diritti democratici. Il problema, diciamolo chiaro, non sono i finanziamenti in sé –anche se i media, piegati agli interessi delle lobby finanziarie che li controllano e che avrebbero tutto da guadagnare dall’approvazione di una simile legge, soffiano sul fuoco della rabbia popolare, proprio al fine di farli cancellare- ma la trasparenza con cui li si gestisce, la disonestà dei gestori, il malcostume italico filo mafioso e la cultura dell’arricchimento personale ad ogni costo, legata essenzialmente a quella del Capitalismo. Ad ogni modo, a rinforzare i miei dubbi sul Movimento, va aggiunta poi la sensazione, devo dire alquanto sgradevole, che ho ricevuto leggendo lo scarno e approssimativo programma economico redatto per le elezioni. Mi è parso di intuire infatti, tra le righe, l’adozione di una sorta di socializzazione dell’economia –si badi bene, da non confondere con la collettivizzazione di matrice comunista- di stampo corporativista. La mia non vuol essere, mi pare chiaro, un’ allusiva accusa di fascismo, però sarei portato a credere che l’intento sia quello di trovare una sorta di placida conciliazione tra le classi. E si sa, quando ciò avviene –è la storia ad insegnarcelo- avviene sempre a vantaggio delle elite o delle borghesie capitaliste e a detrimento degli stati sociali più deboli e della classe lavoratrice. D’altronde -ed è la cosa che da marxista considero più grave- non una parola viene scritta, nel già citato programma economico, sui temi del lavoro o sull’articolo 18. E questo è un altro elemento che mi fa riflettere non poco!
Ciò detto, la questione dirimente resta invece, a mio modesto avviso, proprio il conflitto Capitale-Lavoro, da portare sul terreno di una Lotta di Classe estesa, generale, dura. Una Lotta di Classe capace di coinvolgere tutta la sfera del lavoro precarizzato: come si noterà, non parlo soltanto delle avanguardie operaiste. Una Lotta di Classe, per intenderci, dal basso, visto che oramai a praticarla, con una pervicace spietatezza, che ci riporta addirittura a tempi e condizioni risalenti alla prima rivoluzione industriale, sono rimasti solo i padroni. Or bene, il conflitto Capitale-Lavoro e la Lotta d Classe restano, per me, principi imprescindibili. E Grillo che non è, diciamolo francamente, né Lenin, né Che Guevara, né Togliatti, non mi pare possa assurgere a punto di riferimento, in tal senso. Con ciò, tuttavia, non voglio e non posso negare, come ho già detto e ho più volte scritto, alcuni meriti indiscutibili del Movimento, che ha posto, al centro del dibattito politico nazionale, questioni certamente importanti . Il problema, però, lo voglio ribadire con forza, è soprattutto di natura culturale. Perciò, qual è la cultura politica di riferimento dei 5Stelle? Quale il modello sociale da costruire? E la loro weltanschauung, per dirla con i colti, qual è? Se è quella di Casaleggio e del suo nuovo ordine mondiale, stiamo freschi! Essa, infatti, assomiglia senz’altro più ad un disegno dalle vaghe e inquietanti sembianze fascistoidi/orwelliane, che a quel modello declinato nel nome della libertà, dell’ eguaglianza e della giustizia sociale cui, da Comunista, mi ispiro. Insomma, per essere chiari, ciò che mi rende, più di ogni altra cosa, estraneo e diffidente nei confronti del M5S è la peculiarità delle premesse culturali, cui fa da impalcatura la fascinazione mitopoietica esercitata, con l’abilità tipica del demiurgo di platonica memoria –e come del resto già faceva Berlusconi- da Grillo, alle cui spalle aleggia la figura del Grande Architetto Casaleggio.
Premesse culturali che, come si intuirà da quanto ho appena detto, coinvolgono necessariamente l'immaginario collettivo e/o le dinamiche inconsce del desiderio. E non si tratta di mere speculazioni di carattere filosofico o intellettuale. Come in pratica dice Deleuze ne “L'AntiEdipo-Capitalismo e schizofrenia”: «Non esiste desiderio se non all'interno del costruire o dell'operare. Non si può afferrare o concepire un desiderio al di fuori di una determinata costruzione, su di un piano che non sia preesistente, ma che deve esso stesso essere costruito. Che ciascuno, gruppo o individuo, costruisca il piano immanente dove condurre la sua vita ed i suoi progetti è la sola cosa che conta. Al di fuori di queste condizioni, viene infatti a mancare qualcosa, ma si tratta precisamente delle condizioni che rendono il desiderio possibile[…]Tutto è politico». Insomma, in poche parole: cosa vogliamo? Dove vogliamo vivere? Quali vogliamo che siano i nostri desideri? E dunque, che società vogliamo costruire? Quella prefigurata dal guru Casaleggio mi sembra non solo angosciante, ma in netta continuità con lo schizofrenico modello attuale, cui pretenderebbe di opporsi. Anzi, ne rappresenterebbe, secondo me, il compiuto perfezionamento in termini spettacolari : «Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale tra le persone, mediato dalle immagini. Esso è la società stessa, per come si presenta: lo spettacolo è il capitale a un tale grado di accumulazione da divenire immagine»(Guy Debord-La società dello spettacolo) e/o in termini virtuali: «I governanti devono rendere conto a due tipi di elettori: ai cittadini che votano e al "senato virtuale", composto dalle multinazionali[…]Un tempo c' erano i dittatori, adesso ci sono i tiranni privati. Fanno gli stessi danni ma non hanno responsabilità pubbliche. Purtroppo, questi parassiti privati stanno avendo il sopravvento su un sistema di informazione come Internet, creato pubblicamente. Il loro scopo è di trasformarlo in qualcosa come la tv: servizi commerciali a domicilio, propaganda, indottrinamento» (Noam Chomsky).
Ascoltando con attenzione l’ultima parte del video GAIA beh, mi pare si vada proprio in questa direzione.
P.s. Ho volutamente deciso di sorvolare sulle voci che parlano di un abboccamento di Grillo con membri della CIA

venerdì 5 luglio 2013

L’EGITTO E LA FARSA DEMOCRATICA…TRA PASSATO E PRESENTE




Nell’articolo/intervista dal titolo “E’ stato un anno di farsa democratica”, pubblicato nei giorni scorsi da “Il Manifesto” –e che invito a leggere con attenzione- l'economista e filosofo egiziano Samir Amin spiega, con chiarezza di analisi, quali siano le vere ragioni economico-finanziarie che stanno determinando il destino politico dell'Egitto, come di gran parte dei paesi del Medio Oriente, compresa la Siria. Ragioni che ben poco hanno a che fare con le motivazioni religiose, utilizzate da Morsi al solo scopo di ottenere una sorta di dittatura della maggioranza e mano libera nell'adozione di decisioni economiche cruciali –l’obiettivo sarebbe costruire una teocrazia sul modello iraniano, creando un consiglio costituzionale di ulema in grado di controllare esecutivo, parlamento e sistema giudiziario- nonché addotte dai media internazionali, debitamente manipolati, per spiegare la crisi. Dietro a tutto invece, come sempre, l’inquietante ombra dei mercati e del business, e dunque la longa manus statunitense, del Fondo Monetario Internazionale e dei paesi UE -per non parlare di Israele, ovviamente, supervisore del Capitale nella regione- i cui principali garanti sono quei militari che, ipocritamente, ora si schierano con il popolo contro Morsi, ma che appena un anno fa sostenevano proprio l'attuale presidente, contro Mubarak e soprattutto contro il candidato nasserista Sabbahi, sconfitto principalmente con la frode. Una casta, quella militare, foraggiata da USA e lobby finanziarie che, attraverso essa, mirano alla tutela dei loro sporchi interessi, legati principalmente al petrolio e al traffico di armi.
Staremo a vedere, dunque, quali saranno gli ulteriori sviluppi della crisi ma, a ben guardare, possiamo dire che sta consumandosi, in questi giorni, in Egitto, l'ennesima farsa. Una farsa messa su nel nome di una democrazia da operetta, subordinata all’imperante ideologia del mercato e alle regole inumane del capitalismo finanziario, e il cui nome/simbolo, sbandierato sulle televisioni e i giornali di mezzo mondo, è divenuto, ormai, un abito adattabile a qualunque circostanza. Parola/Puttana, gestita dai magnacci dei media e svenduta al soldo del miglior offerente!
CONTIGUITA’ TRA PASSATO E PRESENTE.
Per delineare un quadro più chiaro di continuità storica, è bene ricordare che il filocomunista Nasser nazionalizzò, nel 1956, il canale di Suez per recuperare appieno l'indipendenza economica dell'Egitto dall'occidente capitalista, andando così a colpire però, pesantemente, gli interessi anglo-francesi. Le due potenze europee -fino ad allora proprietarie della Compagnia del Canale- risposero immediatamente a quella che ritenevano un’indebita ingerenza nei loro affari –è tipico dell’Occidente capitalistico considerare di sua proprietà ogni fazzoletto di terra che dia risorse economiche- organizzando un'operazione militare congiunta contro l'Egitto, alla quale si unì, ovviamente, Israele cui Nasser aveva deciso di impedire il transito attraverso il canale stesso. La crisi si concluse quando l'URSS minacciò di intervenire al fianco dell'Egitto e gli Stati Uniti, temendo l'allargamento del conflitto, costrinsero inglesi, francesi ed israeliani al ritiro. Nonostante ciò, nulla fu fatto per impedire a Israele di realizzare il suo progetto malgrado il suo esercito, guidato dal generale Moshe Dayan, avesse proseguito nella sua rapida avanzata dopo l'ordine dell'ONU di cessate il fuoco fra le parti. Dopo la Crisi di Suez, Nasser prese sempre più le distanze da Washington, rifiutando di entrare a far parte di uno schieramento anti-sovietico incentrato sul Patto di Baghdad composto da Iraq, Turchia, Iran, USA e Gran Bretagna, cui gli USA replicarono creando gravi difficoltà per il necessario finanziamento, da parte del Fondo Monetario Internazionale, al progetto, esposto fin dal 1952, di costruire una diga (Alta Diga di Aswān) sul fiume Nilo, che avrebbe garantito l'autosufficienza energetica al paese. Nasser si rivolse allora all'Unione Sovietica, con cui mantenne, da quel momento, rapporti economici. Inoltre, sempre per chiarezza di visione storica, va detto che, in politica interna, Nasser si oppose duramente ai Fratelli Musulmani, di cui è oggi esponente Morsi.  
P.S. In merito alla coincidenza, da me precedentemente adottata, tra le parole Democrazia e Puttana, chiarisco: chiedo scusa alle puttane, quelle vere, serie, da marciapiede, cui va tutta la mia stima e tutto il mio sostegno morale. Mi sembrava una precisazione dovuta!