Rothko Chapel

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"L'estensione logica del business è l'omicidio!" (D. Cronenberg)

lunedì 31 marzo 2014

ITALICI MALCOSTUMI TEATRAL-CULTURALI



Una vergogna, ha ragione Alessandro Gassman. Il figlio del grande Vittorio, in un articolo apparso qualche giorno fa su “Il Fatto Quotidiano”, denunciava quella che è, purtroppo, una pratica in voga in tutti i teatri italiani: riservare posti a VIP e potenti di turno. Una vergogna che, per di più, toglie guadagni agli stessi teatri, a compagnie, attori e a chi, molto più umilmente, per la riuscita di uno spettacolo, lavora dietro le quinte: macchinisti, fonici, tecnici luce ecc.
Una vergogna supportata, però, dobbiamo dirlo, anche dagli stessi teatranti. E non parlo solo dei manager, ovviamente. Quante volte ho assistito, ad esempio, durante gli anni in cui lavoravo come cronista teatrale -l'attribuzione di critico la lascio a chi, di tal definizione, ama menar vanto- e andavo in giro per teatri, la mattina, prima delle prime, per intervistare qualcuno, a telefonate in cui gli uffici stampa avevano il compito di confermare, ai cosiddetti VIP, che per loro, la compagnia o il teatro, avevano riservato due posti. Si moltiplichi quest’asservimento per n volte e si traggano le somme. L'acquiescenza a questa pratica oscena -uso il termine volutamente, in senso carmelobeniano, e cioè: fuori scena- è lo specchio della genuflessione al potere, che contraddistingue i cosiddetti intellettuali italiani. I quali, poi, pretenderebbero pure di criticarlo, quel potere!
Voglio qui raccontare un aneddoto. Tempo fa, un critico -di cui non faccio il nome per ovvi motivi di correttezza- non si recò, per anni, in uno dei teatri cittadini, sol perché il proprietario, la sera dell'inaugurazione di quello stesso teatro, si rifiutò di mandarlo a prendere con una macchina. Quando, poi, in quel teatro tornò, il critico cominciò a stroncare le messinscena che, quel medesimo proprietario, anche regista, proponeva. Almeno finché l'artista in questione non cominciò a vincere premi e ad ottenere consensi dalla critica nazionale. Da quel momento, come Paolo di Tarso fu folgorato sulla via per Damasco, anche quel critico si convertì, cominciando ad elogiare i lavori del regista-proprietario. "Vanitas vanitatum, et omnia vanitas", direbbe l'Ecclesiaste. Comunque, ci facemmo anche un'intervista molto dura, su questo atteggiamento scandaloso, con quel regista.
Si comprenderà dunque che, fin quando chi, da critico e/o giornalista, dovrebbe lavorare per il bene del teatro –come dell’arte e della cultura in generale- avrà simili comportamenti, imponendo il suo potere, derivante dall'avere dietro di sé organi di stampa potentissimi, ad artisti ed intellettuali incapaci di opporvisi -un po' per timore, un po' per congenito servilismo, un po' per abitudine consolidata- certe pratiche meschine sarà difficile sradicarle. Se poi, diciamoci la verità, a chiederti i posti è un politico, o un imprenditore, o un professore universitario potente, figure che potrebbero anche essere utili, in futuro, per il tuo lavoro beh, allora, che cosa si pretende da quegli stessi artisti ed intellettuali? Forse, solo un po’ di coerenza e dignità. E, come dimostra l’aneddoto che ho appena narrato, ce ne sono tanti, e tanti sono amici - voglio e devo dirlo- che a tale coerenza e dignità non derogano!
Per concludere, una nota finale e personalissima. Uno dei tanti motivi che mi hanno spinto a non svolgere più un lavoro, cui mi ero dedicato, con grande passione, per quasi diciassette anni, è proprio questa interdipendenza tra l'arroganza del potere -qualunque esso sia- ed il servilismo intellettuale, che reputo quanto di più grave e dannoso possa esistere in questo paese. Un paese, malato proprio in ciò che dovrebbe essere il cuore di una nazione: la Cultura.





sabato 22 marzo 2014

GRILLO VS MENTANA: MOLTA RETORICA, GRANDE ABILITÀ COMUNICATIVA E QUALCHE SOPRPRESA!




Beh, devo dire che sulla Crimea, ma soprattutto sull'Ucraina, Grillo mi ha favorevolmente spiazzato. Siamo assolutamente d'accordo sulle rinnovabili, come sulle assurde compartecipazioni comunali alle Spa. E, ovviamente, in merito alle banche e alla questione del debito pubblico, con conseguente vincolo del fiscal compact. Sulle medie e piccole imprese, viceversa, siamo distanti. Cuneo fiscale e costo del lavoro non possono essere tagliati ad esclusivo vantaggio delle PMI e, soprattutto, ci vogliono dei vincoli di tutela per la classe operaia, cui Grillo non accenna minimamente!
Il resto dell'intervista, invece, oscilla, come sempre, tra antipolitica, bordate antisistema e antieuropeiste -molto ad effetto ma che, però, non trovano un contraltare in una concreta proposta politica- e abilità nel glissare su argomenti spinosi, come gli introiti provenienti dalla pubblicità al movimento, il ruolo della Casaleggio associati o la questione delle espulsioni. Francamente inaccettabile, invece, la parte in cui parla del suo 740 pari a zero, dovuto al fatto che non starebbe lavorando. Apprendiamo, però, che andrà a fare spettacoli in giro, a breve. Beh, se lui chiede di tagliare i finanziamenti pubblici, mi permetto di chiedere a lui di tagliare i costi dei biglietti -che si sono sempre aggirati intorno alle 80 euro: un'enormità- e di praticare prezzi popolari. Il teatro, ne converrà il genovese, deve essere di tutti.
Comunque, tutto sommato un'intervista discreta e fatta in completa rilassatezza. Resta però, al sottoscritto, sempre un dubbio atroce, di tipo culturale e strategico. Che modello sociale ha in mente il Grillo che fa anche un endorsement a favore di Tsipras? Non è dato saperlo. E, data la sua isteria post-ideologica, con chi si alleerebbe in Europa? Ma, anche su questo, il Beppe nazionale non pronuncia parola.

sabato 15 marzo 2014

LISTA TSIPRAS: TRA POLEMICHE, OTTUSITÀ E MALAFEDE!



Leggo e sento ovunque, sui media e sui social network, delle polemiche che stanno tormentando, in questi giorni, la composizione della Lista Tsipras in Italia. Polemiche fatte di veti autoritari, esclusioni ingiustificabili, paradossali logiche semantiche, che portano a censurare, non dico l’oramai “bandito” –pongo volutamente, tra virgolette, il termine, per evidenziarne la doppia connotazione etimologica, escludente e banditesca- vocabolo Comunista, ma addirittura il più generico e onnicomprensivo significante Sinistra.
Or dunque, lo si affermi con chiarezza, qui non siamo di fronte a sterili polemiche. Ci troviamo, invece, al cospetto -mi sia consentito dirlo senza mezzi termini- di un cancro, le cui metastasi stanno divorando, da tempo, qualunque organo all'interno del corpo della sinistra, a sinistra del PD. Il cancro è il vuoto pneumatico di strategia, accompagnato dallo smarrimento di una cultura politica che possa sostenerne l’attuazione pragmatica; le metastasi si chiamano tatticismo elettoralistico e, temo, su questa strada, progressivo slittamento a destra della politica di quei partiti, che pure si dicono ancora Comunisti. A meno di non optare per altre spiegazioni. Tra cui l’ ottusità, prima di tutto; poi, l’arroganza ego centrata di soloni ed intellettuali, evidentemente troppo benestanti ed invischiati col potere borghese, per essere effettivamente sensibili alle reali esigenze delle classi più indigenti e di quegli strati sociali tartassati da una crisi, ben lungi dall’essere in fase risolutiva; e infine -last but not least- la malafede di chi spera –sostanzialmente collocandosi su posizioni anticomuniste- che tali progetti falliscano, ancor prima di passare al vaglio della prova dei fatti.
Diciamo la verità, in questi ultimi anni, tra le forze comuniste ed anticapitaliste italiane, si è sentito e visto di tutto. Da appelli all'unità della sinistra e dei comunisti, sfociati poi, strumentalmente, nella candidatura e nell'elezione di magistrati, di personaggi parafascisti o, a voler essere buoni, demagogici; ai proclami rivoluzionari di compagni duri e puri -nei movimenti e nei partiti- che poi, alla fine, invece di fare la lotta armata –uso provocatoriamente quest’espressione e questo simbolico vessillo- o, quantomeno, di praticare uno strenuo e duro innalzamento del conflitto sociale, scendendo in piazza come si faceva negli anni '70 e come sarebbe consequenzialmente coerente fare, fanno accordi con SEL o con chiunque prometta loro qualcosa; o, bene che vada, inneggiano alla rivolta dalle pagine di facebook. Il caso dei “rivoluzionari” CARC e di Insurgencia, duri e puri a parole ma che, alla fine, appoggiarono De Magistris, è emblematico. Per non parlare dei deliri narcisistici di dirigenti “comunisti” che, in linea con la cultura berlusconiana che ha dominato l’Italia negli ultimi vent’anni, aspirano a farsi il partito personale, contravvenendo ad ogni principio marxista.
Pertanto, non essendo all’ordine del giorno la Rivoluzione –per parafrasare quanto mi disse, qualche tempo fa, una donna che di azioni rivoluzionarie se ne intende- e trovandosi l’intero movimento comunista e anticapitalista in condizioni peggio che precarie, Tsipras potrebbe essere un'occasione, per quanto insufficiente -dal mio modestissimo punto di vista- per riproporre, ancor prima che sul piano politico, su quello culturale, idee e parole che provengono dalla storia del pensiero marxista e dalle lotte per l’affermazione di una società comunista. E, su questo versante, costringere anche i media a parlarne. E invece, in Italia, si sta buttando tutto nel cesso. Come da copione, aggiungerei. Un copione scritto da chi, non è dato saperlo!

martedì 11 marzo 2014

QUOTE ROSA: CUI PRODEST?



Mi sia consentita una sommessa e breve riflessione sulla questione delle quote rosa.
Dunque, leggo compagne intelligenti, preparate, certamente culturalmente non banali e che, tra l'altro, rifiutano categoricamente la china degenerativa e modaiola intrapresa, oramai da anni, dalla festività dell'8 Marzo, infervorarsi per le quote rosa. Sinceramente, non lo comprendo. Le quote rosa sono, in pratica, l'altra faccia della medaglia della degradazione, consumistico-borghese, dell'8 marzo. Mi spiego.
Le quote rosa stanno alla parità della rappresentanza istituzionale come lo striptease maschile sta alla festa delle donne. E' riproporre, cioè, un coté maschile, non differenziarsene, avanzando una propria autonoma soggettività. E', in pratica, l'ennesima concessione che si chiede al maschio sovrano. Concessione, per di più, di chiara impronta classista -avvenendo all'interno di un regime capitalistico e, quindi, prettamente elitario- che, limitandosi a una mera questione di potere, non tiene conto della maggioranza delle donne le quali, ahimè, per la loro condizione sociale e culturale, resteranno, comunque, relegate ad un ruolo subordinato a quello del maschio padrone o, quantomeno, fortemente condizionante. Specie in un periodo di grande crisi, come quello attuale. Insomma, non me ne vogliano le amiche e compagne, ma personalmente ritengo che la questione femminile vada risolta principalmente su di un piano culturale e, conseguentemente, su quello economico: nel senso del ribaltamento dell’attuale sistema capitalistico, fondato sulla divisione di classe e, inevitabilmente, di genere. Non certo con le quote rosa che, tra l'altro, non tengono conto, per il loro stesso configurarsi, delle effettive capacità delle eventuali eleggibili o elette. Di esempi, in questi anni, ne abbiamo avuti tanti! P. S. parlo di capacità e non di merito volutamente, considerando il criterio di valutazione meritocratico classista e fascista!

mercoledì 5 marzo 2014

PIRATERIA DEMOCRATICA



C’è qualcosa che, francamente, mi sfugge, nella logica dei sedicenti stati democratici, i quali tendono, da un lato, a considerare terroristiche semplici azioni di disobbedienza e di dissenso, seppur implicanti danneggiamento alle cose, mentre, dall’altro, considerano legale e inscritto nei codici della democrazia l’omicidio di due pescatori, commesso da militari, solo perché essi agirebbero nel rispetto di trattati internazionali, stipulati per tutelare interessi mercantili.
Dunque, ai legalitari e ai democratici di questo paese, che tanto si agitano per i due Marò, rispondo: anche il nazismo era legale. Anche l'inquisizione lo era. Nel nome della legalità sono stati commessi i peggiori crimini. I Marò erano lì legalmente? Certo, ma in difesa di interessi ben precisi. Resta il fatto che, sulla barca contro cui hanno sparato, non c'erano il Corsaro Nero e Jack Sparrow, bensì due pescatori. Per quanto mi riguarda, i due Marò sono mercenari al servizio, loro sì, di terroristiche strategie geopolitiche ed economiche, e proprie di una “pirateria” occidentale mai sazia di sfruttamento colonialista. Meritano la condanna a morte? Certo che no, ma una trentina d’anni di carcere non mi preoccuperebbero, considerando che tale è la pena prevista, anche da noi, per tali reati.  Tenetevi, or dunque, la vostra legalità. Personalmente, continuerò a sostenere i compagni in lotta del movimento NO TAV. Lotta per la giustizia sociale, il diritto al dissenso, l’autodeterminazione e la difesa del territorio; e contro uno stato che, lungi dall'essere sovrano, è semplicemente genuflesso agli interessi di lobby e di padroni. Sarò veterocomunista e romantico, ma le cose, ahimè, continuano a stare così!
P.S. Il mio sostegno va ai compagni e al popolo NO TAV ma non a Grillo. Un miliardario che, solo strumentalmente –almeno dal mio punto di vista- appoggia quella battaglia. Ciò detto, ritengo quanto mai ingiusta e ingiustificata la condanna a lui inflitta!

sabato 1 marzo 2014

IL COMUNISMO ALLA…NORMA



Stamattina, facendo zapping, vedo che sta andando in onda, in replica, Otto e Mezzo, programma serale di La7. Mi soffermo, perché in studio scorgo la presenza di Norma Rangeri, direttrice di quel Manifesto rimasto, in pratica, dopo i tagli all'editoria -voluti dagli ultimi governi Berlusconi-Monti, e tanto invocati dai 5 Stelle- l'unico giornale a sinistra dell’ indecente Repubblica. Sono, dunque, curioso di sentire cosa dirà la direttrice e quali argomenti verranno trattati, vista anche l'eterogeneità degli ospiti. Ci sono, infatti, oltre alla Rangeri, Crepet e Cacciari!
Orbene, il professor Crepet esordisce, ad una domanda della Gruber su Renzi, rispondendo che il ragazzo è giovane e quindi, giustamente, scalpita per il potere. Per poi aggiungere qualcosa che, appena ascoltata, mi fa venire voglia di mettere mano alla pistola. Sostiene, il pop luminare della psichiatria italiana, che, in un paese dove i giovani hanno poca voglia di lavorare e in cui molti fanno le 6 di mattina in discoteca, uno come Renzi, che si alza alle 6, comincia twittare e a lavorare, bisogna per forza sostenerlo. Argomentazione politica, di impronta psicologica, ineccepibile, non c'è che dire; sostenuta anche dal Pericle di Venezia, Massimo Cacciari. Andiamo avanti.
Quando la Gruber propone un paragone tra Berlusconi e Renzi –ciò che io chiamo, mutuandolo dall’amico Roberto Del Gaudio, Mattelvio Renzusconi- il duo Crepet-Cacciari raggiunge l’apogeo. Sostengono i due, infatti, che non ci può essere paragone tra Mr. B. e l’evangelista fiorentino. Matteo è un puro, un’anima candida, che nulla ha a che fare con la vecchia politica e col satrapo/satiro Berlusconi. Non so se essere più incazzato o divertito, da tanta involontaria comicità. I motivi sarebbero molti. Ma, a quel punto, prende la parola la Rangeri. Mi dico -sentendomi un po’ come Nanni Moretti in Aprile- ora dirà qualcosa di comunista e li metterà apposto. E, tutto sommato, la Norma comincia pure benino: «io preferisco –esordisce- un altro giovane, che si chiama Alexis, che è greco ed è il leader di Syriza, che ha il 30% in Grecia e che vuole realmente cambiare quest’Europa così com’è costruita». Ecco, penso, ora mette sul piatto –da direttrice di un quotidiano prettamente politico e che si dice comunista- le differenze politiche, appunto, tra Renzi e Tsipras; e tra l’Europa di Maastricht, della Troika e delle Banche e l’Europa improntata sulla giustizia sociale, l’uguaglianza economica, la redistribuzione della ricchezza, la rinegoziazione del fiscal compact; l’Europa dei diritti- oramai cancellati- della classe lavoratrice, del no al ricatto del debito sovrano. Insomma, la differenza tra l’Europa dei padroni e delle borghesie imperialiste e un’Europa ispirata a principi, più o meno socialisti. Ma lei no! Appigliandosi all’ancestrale risorsa dell’antiberlusconismo -culturalmente e politicamente reazionaria- come il maschilismo cattolico si attacca al peccato originale di Eva, dice: «Renzi è impregnato di cultura berlusconiana… è andato alla Ruota della Fortuna e da Maria De Filippi. E alle camere ha fatto un discorso da talk show!». Sgomento, esplodo in un liberatorio: ma che stracazzo dici, Norma?
Questi sarebbero gli ultimi bastioni intellettuali del pensiero comunista!? Mi cadono davvero le braccia. Del resto, però, ho semplicemente voluto illudermi, ancora una volta. Solo per un attimo!