Rothko Chapel
domenica 28 settembre 2014
IL GIUSTIZIALISTA GIUSTIZIATO: CONTRO DE MAGISTRIS, UNA SENTENZA KAFKIANA, CHE PUZZA DI POTERI FORTI. MA ORA, IL PROBLEMA È PIÙ ETICO CHE POLITICO
Ho contribuito, pur criticando molto la scelta compiuta dal PRC, di cui allora ero responsabile cultura, all'elezione di Luigi De Magistris. E l'ho votato, montanellianamente, turandomi il naso. I motivi erano tanti: l'ennesimo magistrato, con scarsa cultura politica ma grande attitudine al protagonismo ed al decisionismo; il narcisismo che, sin da subito, mi parve un tratto distintivo del carattere del futuro sindaco; la marcata tendenza forcaiola e l'evidente interclassismo, che caratterizzavano la cosiddetta Rivoluzione Arancione; l'ambiguità su alcune tematiche di fondo che, da comunista, mi stavano a cuore. Tutti timori che, poi, alla prova dei fatti, si sono dimostrati fondati. Ma, dall’altra parte, c’erano Lettieri, le lobby e i comitati d’affari che lo appoggiavano. Quindi, la scelta era quasi obbligata, a meno di non votare.
Nella pratica, De Magistris si è rivelato, poi, un sindaco che ha gestito, e sta gestendo, l'amministrazione comunale, ascoltando poco i cittadini e le forze politiche e sociali che lo hanno eletto; accentratore di poteri e pressoché autocratico; che governa a proclami più che con fatti concreti; capace, con le sue dichiarazioni, di scavalcare a sinistra anche il più fervente marxista-leninista ma che, poi, quando si tratta di agire conseguentemente, pecca di immobilismo o finisce per trovare accordi che, invece di fare gli interessi dei cittadini e dei ceti popolari, favoriscono, il più delle volte, quei poteri economico-finanziari, politici e speculativi, contro cui aveva promesso di battersi. Certo, governare Napoli non è facile, specie se si vuole andare in controtendenza rispetto al pensiero unico dominante. E lo è ancor meno, ai tempi di una crisi che agisce nel profondo del tessuto sociale e lavorativo, soprattutto nel mezzogiorno. Ma, al tirar delle somme, posso dire che De Magistris ha fatto poco e, spesso, ha tradito le sue stesse promesse elettorali. Per fare qualche esempio: la delibera 423 approvata, a luglio scorso, dal Consiglio comunale, che, modificando lo statuto dell’ABC –azienda pubblica dell’acqua- apre pericolosamente la strada all’ingerenza dei privati, non solo nella stessa ABC ma anche nelle altre partecipate; la questione relativa ai precari e ai Bros; e ancora, la vergognosa gestione del Forum delle Culture, con il suo consequenziale fallimento; l’impoverimento culturale del Mercadante, legato alla criminale e piratesca direzione artistica, lasciata, colpevolmente, nelle mani sporche di De Fusco, il quale, insieme alla assessora alla cultura della Regione, Caterina Miraglia, ha poi creato quella Fondazione Campania dei Festival, con cui intascare soldi pubblici per promuovere i suoi stessi spettacoli e fare concorrenza alle piccole realtà teatrali cittadine. Per non parlare delle improbabili e assurde aperture di credito al governo Renzi. Insomma, non ho mai avuto difficoltà a mettere sotto accusa alcune delle scelte compiute da De Magistris.
La sentenza di questi giorni, però, ha un chiaro sapore politico. Puzza di poteri forti, con aderenze nelle larghe intese romane. Finanza, speculatori edilizi, confindustria partenopea, parte della magistratura, PD e destra, sembrano tutti essersi coalizzati contro il primo cittadino napoletano. Ed anche i grillini, il cui unico scopo, come ho sempre denunciato, è alimentare la rabbia, invocare le manette, spaccare qualunque blocco sociale e politico e cavalcare la tigre, evolianamente, lo vogliono strumentalmente a casa. E allora, pur non essendo un tifoso di De Magistris, credo che stavolta abbia ragione lui, a scagliarsi duramente contro il verdetto emesso dalla prima corte. Del resto, basterebbe leggere quanto ha dichiarato il professor Moccia, ordinario della cattedra di diritto penale, presso l’Università Federico II, che parla di uso incostituzionale della legge Severino: non avendo essa valore retroattivo, De Magistris non dovrebbe decadere dalla sua carica.
Il problema che gli si pone, però, in queste ore, non è solo di natura politica ma anche etica. Non si può invocare il rispetto delle sentenze, quando dall’altra parte ci sono Berlusconi&C, mentre se riguarda sé stessi, fregarsene. Questo è il problema della morale. Chi predica moralismo e s’innalza su un pulpito, come un Savonarola, prima o poi incorrerà in qualche peccatuccio, anche veniale, e finirà per essere perseguitato da altri moralisti e condannato su altri pulpiti. Ancorché kafkiani. Dunque, meglio posarla la prima pietra, se non si è ammantati di luce divina. Una lezione che, nell’Italia della doppia morale cattolica, dovremmo imparare tutti!
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