Rothko Chapel

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"L'estensione logica del business è l'omicidio!" (D. Cronenberg)

martedì 30 settembre 2014

VERTICE BCE A NAPOLI. LA TROIKA NELLA CITTÀ ITALIANA PIÙ TARTASSATA DALLA CRISI. PRONTA UNA MANIFESTAZIONE PER DIRE NO ALLE POLITICHE NEOLIBERISTE E ALLA MACELLERIA SOCIALE. MA LE FORZE DELLA REPRESSIONE INVIANO DUEMILA DIVISE. MENTRE LA STAMPA DI REGIME GETTA BENZINA SUL FUOCO



A Napoli, il prossimo 2 ottobre, è previsto il vertice della Bce. Dunque, scontate le presenze del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, del Presidente della stessa Bce, Mario Draghi, del capo degli industriali, Giorgio Squinzi, e del commissario europeo, Barroso. In pratica, i vertici di quella Troika che è la principale responsabile della macelleria sociale in atto in Italia -Napolitano è il garante delle controriforme del lavoro, di stampo ottocentesco, e Renzi ne è il freddo e vile esecutore- ed in mezza Europa, specie in quella mediterranea.
Diciamolo chiaro: di per sé, è un affronto ed una provocazione, tenere questo vertice nella nostra città, una di quelle che maggiormente sta pagando il prezzo della crisi, scatenata e voluta non certo dai ceti popolari, ma da speculatori finanziari senza scrupoli -ricordate la bolla dei fondi subprime, partita, ovviamente, dagli USA?- e da quelle banche, che nulla hanno da invidiare agli strozzini della criminalità organizzata. Una crisi che la Troika sta politicamente alimentando e gestendo, per conto proprio di quel turbocapitalismo finanziario, cui sono asservite istituzioni sovrannazionali come la Bce, la Ue, il Fmi e la Banca Mondiale.
Per questo, tutte le forze antagoniste, i movimenti di lotta, le organizzazioni politiche, i centri sociali e i movimenti -non solo napoletani- che hanno nell'anticapitalismo, di ispirazione marxista e comunista, la loro matrice culturale ed un punto di convergenza, seppur nella diversa modalità di interpretare le lotte ed il percorso politico, pragmatico e teorico, si sono dati appuntamento per una manifestazione di protesta contro il vertice della Banca centrale Europea. Block Bce è il nome dato alla manifestazione. Il corteo partirà alle 09.30 dalla stazione della metropolitana dei Colli Aminei.
Com'era prevedibile, però, le forze della repressione di stato sono già all'opera, coadiuvate dalla servile stampa nostrana. La strategia è, come al solito, il terrorismo psicologico, da diffondere a piene mani. E allora, sui giornali e sui media mainstream, si legge e si sente parlare di Black Block –tirarli in ballo strumentalmente è sempre utile- di Centri Sociali, il cui unico obiettivo sarebbe quello di spaccare tutto, di guerriglia urbana, di infiltrazioni camorristiche ecc. Qualcuno ha persino adombrato la presenza di miliziani dell'ISIS (è ironia, ovviamente). Il tutto, per giustificare eventuali azioni repressive e violente da parte delle Forze dell'Ordine. Sono previste addirittura, secondo indiscrezioni trapelate dal Viminale, duemila divise in città. Questura e Prefettura sono, quindi, allertate.
Il "democratico" stato italiano ed il governo Renzi, ancora una volta, non possono tollerare voci di dissenso contro quelle politiche neoliberiste che stanno riducendo alla fame i settori più deboli della società e mettendo alle corde quello che, una volta, era considerato il ceto medio. Abolizione dei diritti dei lavoratori, licenziamenti, tagli salariali, pareggio di bilancio, pagamento degli interessi sul debito sovrano, cancellazione progressiva del welfare, privatizzazioni, delocalizzazioni delle aziende, acquisti sconsiderati di armi, partecipazione alle guerre volute e finanziate dall’imperialismo americano. Sono questi i provvedimenti e gli atti del governo, previsti per i prossimi mesi e tesi a soddisfare le richieste dell'Europa, a trazione tedesca, e di quel mercato globale dominato da multinazionali sempre più avide, criminali e criminogene. Politiche e provvedimenti che non possono e non devono trovare oppositori. Altro che ottanta euro.
Ma noi ci opporremo, con forza e determinazione, alla deriva di un mondo sempre più iniquo, preda di borghesie e padroni senza scrupoli, e dominato dalle disumane regole di un mercato, che ci vuole ridurre tutti a mera merce di scambio.

domenica 28 settembre 2014

IL GIUSTIZIALISTA GIUSTIZIATO: CONTRO DE MAGISTRIS, UNA SENTENZA KAFKIANA, CHE PUZZA DI POTERI FORTI. MA ORA, IL PROBLEMA È PIÙ ETICO CHE POLITICO



Ho contribuito, pur criticando molto la scelta compiuta dal PRC, di cui allora ero responsabile cultura, all'elezione di Luigi De Magistris. E l'ho votato, montanellianamente, turandomi il naso. I motivi erano tanti: l'ennesimo magistrato, con scarsa cultura politica ma grande attitudine al protagonismo ed al decisionismo; il narcisismo che, sin da subito, mi parve un tratto distintivo del carattere del futuro sindaco; la marcata tendenza forcaiola e l'evidente interclassismo, che caratterizzavano la cosiddetta Rivoluzione Arancione; l'ambiguità su alcune tematiche di fondo che, da comunista, mi stavano a cuore. Tutti timori che, poi, alla prova dei fatti, si sono dimostrati fondati. Ma, dall’altra parte, c’erano Lettieri, le lobby e i comitati d’affari che lo appoggiavano. Quindi, la scelta era quasi obbligata, a meno di non votare.
Nella pratica, De Magistris si è rivelato, poi, un sindaco che ha gestito, e sta gestendo, l'amministrazione comunale, ascoltando poco i cittadini e le forze politiche e sociali che lo hanno eletto; accentratore di poteri e pressoché autocratico; che governa a proclami più che con fatti concreti; capace, con le sue dichiarazioni, di scavalcare a sinistra anche il più fervente marxista-leninista ma che, poi, quando si tratta di agire conseguentemente, pecca di immobilismo o finisce per trovare accordi che, invece di fare gli interessi dei cittadini e dei ceti popolari, favoriscono, il più delle volte, quei poteri economico-finanziari, politici e speculativi, contro cui aveva promesso di battersi. Certo, governare Napoli non è facile, specie se si vuole andare in controtendenza rispetto al pensiero unico dominante. E lo è ancor meno, ai tempi di una crisi che agisce nel profondo del tessuto sociale e lavorativo, soprattutto nel mezzogiorno. Ma, al tirar delle somme, posso dire che De Magistris ha fatto poco e, spesso, ha tradito le sue stesse promesse elettorali. Per fare qualche esempio: la delibera 423 approvata, a luglio scorso, dal Consiglio comunale, che, modificando lo statuto dell’ABC –azienda pubblica dell’acqua- apre pericolosamente la strada all’ingerenza dei privati, non solo nella stessa ABC ma anche nelle altre partecipate; la questione relativa ai precari e ai Bros; e ancora, la vergognosa gestione del Forum delle Culture, con il suo consequenziale fallimento; l’impoverimento culturale del Mercadante, legato alla criminale e piratesca direzione artistica, lasciata, colpevolmente, nelle mani sporche di De Fusco, il quale, insieme alla assessora alla cultura della Regione, Caterina Miraglia, ha poi creato quella Fondazione Campania dei Festival, con cui intascare soldi pubblici per promuovere i suoi stessi spettacoli e fare concorrenza alle piccole realtà teatrali cittadine. Per non parlare delle improbabili e assurde aperture di credito al governo Renzi. Insomma, non ho mai avuto difficoltà a mettere sotto accusa alcune delle scelte compiute da De Magistris.
La sentenza di questi giorni, però, ha un chiaro sapore politico. Puzza di poteri forti, con aderenze nelle larghe intese romane. Finanza, speculatori edilizi, confindustria partenopea, parte della magistratura, PD e destra, sembrano tutti essersi coalizzati contro il primo cittadino napoletano. Ed anche i grillini, il cui unico scopo, come ho sempre denunciato, è alimentare la rabbia, invocare le manette, spaccare qualunque blocco sociale e politico e cavalcare la tigre, evolianamente, lo vogliono strumentalmente a casa. E allora, pur non essendo un tifoso di De Magistris, credo che stavolta abbia ragione lui, a scagliarsi duramente contro il verdetto emesso dalla prima corte. Del resto, basterebbe leggere quanto ha dichiarato il professor Moccia, ordinario della cattedra di diritto penale, presso l’Università Federico II, che parla di uso incostituzionale della legge Severino: non avendo essa valore retroattivo, De Magistris non dovrebbe decadere dalla sua carica.
Il problema che gli si pone, però, in queste ore, non è solo di natura politica ma anche etica. Non si può invocare il rispetto delle sentenze, quando dall’altra parte ci sono Berlusconi&C, mentre se riguarda sé stessi, fregarsene. Questo è il problema della morale. Chi predica moralismo e s’innalza su un pulpito, come un Savonarola, prima o poi incorrerà in qualche peccatuccio, anche veniale, e finirà per essere perseguitato da altri moralisti e condannato su altri pulpiti. Ancorché kafkiani. Dunque, meglio posarla la prima pietra, se non si è ammantati di luce divina. Una lezione che, nell’Italia della doppia morale cattolica, dovremmo imparare tutti!

L’ANTIFASCISMO È UN REATO! L’ARRESTO DEL COMPAGNO NUNZIO D’ERME E LA STRATEGIA REPRESSIVA DEGLI ORGANI DELLO STATO, AL SERVIZIO DEL PADRONATO

Insomma, questi comunisti, antagonisti, marxisti, leninisti, eversivi e soprattutto anacronistici, sembrano proprio non volersi rassegnare alla modernità liberal-liberista e italianamente renziana. Non gli entra, in quella testa dura e rossa, che l'antifascismo è un reato! Le ideologie sono superate –come asseriscono anche i rivoluzionari a 5 stelle- e chi sventola la svastica o onora il fascio, non solo ha diritto di parola e di espressione, ma ne ha certamente molto più di un comunista brutto, sporco, cattivo e, diciamolo francamente, sociopatico e fuori dalla realtà. Che poi la Costituzione sia nata dalla Resistenza al nazifascismo, è un puro dettaglio storiografico, ed anche piuttosto ingombrante. Come affermano, del resto, i vertici di una delle più importanti banche d’affari al mondo: la J.P. Morgan. D’altronde, nella sala del congresso americano, i fasci littori hanno pieno domicilio. E noi viviamo nell’epoca del trionfante imperialismo americano. Pertanto, i fascisti omofobi e razzisti, per conto di un dio notoriamente anticomunista, di Militia Christi, sono molto più culturalmente, politicamente e socialmente accettabili –e utili, aggiungerei io- di un esaltato, esagitato marxista, come Nunzio D’Erme. Che pretenderebbe, altresì, in nome di una sua allucinatoria weltanschauung, di battersi contro l’ingiustizia, contro l’omofobia, contro la tirannia del più forte e del più ricco e per la libertà di tutti. 
Ecco, dunque, che nessuna meraviglia ci coglie se le forze dell’ordine e la procura capitolina ne hanno ordinato l’arresto, per fatti avvenuti addirittura più di quattro mesi fa. E tali fatti riguardano proprio l’antifascismo di D’Erme, il quale, insieme ad altri giovani militanti ed attivisti comunisti, ebbe, per l’appunto, l’ardire di respingere l’aggressione di una squadraccia di monaci omofobi, membri di Militia Christi, messa in atto per contestare un incontro pubblico sul diritto alle differenze. Roba da ‘900 e da oscurantismo maoista, in pratica. Di conseguenza, aver difeso quell’assemblea, che peraltro si stava svolgendo in una sede istituzionale, in una sala del Municipio, per la magistratura è diventato un reato, cui applicare addirittura misure detentive. E così, il compagno Nunzio D’Erme se ne va a Regina Coeli. Mentre i fascisti lefebvriani, armati di bibbia e di croce -anche semplice, non per forza celtica o uncinata- godendo, non solo della ferrea protezione di Alemanno e di tutta la destra romana, ma anche di opportuna dispensa e benedizione papale –che a nessuno si nega, sempreché anticomunista- sono liberi di scorazzare per il mondo e di predicare il loro vangelo di violenza e di morte. Non dimentichiamo, infatti, che di Miltia Christi abbiamo già sentito parlare -con Casa Pound e Forza Nuova- per l'assassino del napoletano Ciro Esposito, ucciso da quel Daniele De Santis, vicino agli ambienti del neofascismo romano. D’altronde, proprio in questi giorni, stiamo assistendo, da parte delle Forze dell'Ordine della capitale e della stampa di regime, a rivelazioni quanto meno sconcertanti, pur di deresponsabilizzare il nazi De Santis.
L’arresto di D’Erme, dunque, costituisce l’ennesima prova, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che è in atto, non solo nel nostro paese ma in buona parte del vecchio continente, una strategia repressiva ed intimidatoria, volta a colpire quella voce di dissenso che si leva dai movimenti e da quel blocco sociale, antagonista e anticapitalista, che si richiama alla cultura marxista e comunista. D’altro canto, l’uso feroce dei manganelli da parte delle forze dell’ordine, contro gli attivisti del Movimento No TAV, in Val di Susa, è la rappresentazione più lampante di quanto sto dicendo. Quel blocco sociale -seppur non esteso, almeno in Italia- rifiuta le logiche perverse imposte dal mercato e da un capitalismo finanziario sempre più violento, predatorio, criminale, disumano e disumanizzante e perciò, nell’ottica del potere borghese, va annientato senza mezzi termini. E in questo quadro desolante ed orwelliano, dove chi dissente è o folle, o terrorista, come sempre è avvenuto, dal II conflitto in poi, il fascismo diventa, dapprima veicolo di provocazione e di destabilizzazione sociale, e poi strumento di morte nelle mani del padronato. Sta accadendo in Ungheria, in Grecia, in Ucraina. E addirittura in Francia, un tempo considerata culla della cultura europea, il Front National, di Marie Le Pen, stravince le elezioni europee. Segnali inquietanti , che dovrebbero allarmare un po’ tutti, considerando le sempre più eclatanti derive autocratiche in atto nel nostro paese. Ma nessuno, tranne pochi, appunto, sembra avvertire il pericolo. Del resto, il fascismo del XXI secolo ha, per lo più, smesso la camicia nera e si presenta in giacca e cravatta. Con la faccia bonaria di Renzi.

LA MORTE OPERAIA NELL’INDIFFERENZA GENERALE.



Ieri, sono morti altri 4 operai. In Italia, il lavoro, invece di conferire dignità, uccide. Questi sono i risultati delle politiche neoliberiste imposte dalla Troika, da un'Europa a trazione tedesca e attuate, nel nostro paese, dal governo delle larghe intese.
Si sancisce il massacro della classe operaia e lavoratrice; si cancellano i diritti, tra cui l'art.18; si apre la strada ad un destino di precarietà a vita per i nostri giovani; si attuano tagli salariali pur di abbatte...re il costo del lavoro e favorire, così, le sole imprese ed il padronato. Padronato al quale si garantiscono defiscalizzazioni, le più fantasiose; riduzione del cuneo fiscale; totale flessibilità in uscita; sburocratizzazione che nasconde, in realtà, la voglia irresistibile di smantellare lo stato sociale, con conseguente privatizzazione selvaggia, a tutti i livelli della vita pubblica; delocalizzazioni ricattatorie e tese solo a fare profitto, in paesi dove la manodopera è a bassissimo costo, oppure dove le tutele sindacali sono piegate alle logiche padronali ed essenzialmente di carattere corporativo. L'esempio più eclatante è rappresentato dagli USA, in tal senso. Tutto ciò, con la benedizione di un Presidente della Repubblica, garante, da sempre, dei poteri forti, sotto l'egida di un governo che viene vergognosamente definito "di sinistra" e nella completa indifferenza di cittadini, oramai stanchi, confusi e resi inermi dal terrore di perdere anche quel poco, pochissimo, che gli resta.
Ma verrà il momento che i padroni, il capitale e l’imperialismo pagheranno, e con gli interessi, la loro barbarie!

mercoledì 20 agosto 2014

ANNULLATA LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI BARBARA BALZERANI: SARA TURBA ANCORA LE ITALICHE ANIME PIE. SPECIE QUELLE DELLA SINISTRA



Giovedì 21, Barbara Balzerani –nome di battaglia Sara- capo storico delle Brigate Rosse e fondatrice delle B.R. Partito Comunista Combattente, oggi scrittrice, avrebbe dovuto presentare il suo romanzo, "Lascia che il mare entri", a Campineto Romano, comune montano di cinquemila abitanti. Barbara era stata invitata dall'amministrazione di centro sinistra, presieduta da PD e SEL, che però, dopo uno squallido articolo su "Il Tempo", e a seguito di minacciate manifestazioni di protesta da parte dell'opposizione di centro destra e delle surreali e risibili dichiarazioni di cotal Stefano Cacciotti, secondo cui «un’istituzione non può patrocinare una criminale» -detto da un fascista è quasi comico se non fosse tragica la sua storia- il sindaco, Matteo Battisti, ha vergognosamente e vigliaccamente fatto marcia indietro, annullando l'invito e la presentazione del libro. Nel comunicato diramato dal Comune si legge: «Per evitare strumentalizzazioni di ogni genere o manifestazioni che possano turbare la tranquillità della nostra comunità l’Amministrazione Comunale ha deciso di annullare la presentazione del libro "Lascia che il mare entri" di Barbara Balzerani».
Dunque, nel paese che ha concesso, per mano del capo dei comunisti di allora, Palmiro Togliatti, la grazia ai gerarchi fascisti che si erano macchiati di atroci delitti; nel paese che ha fatto di Andreotti, colluso con la mafia dei Bontade, dei Greco, dei Calò, dei Leggio, per sette volte il capo del governo “democratico” italiano, nonché il nostro rappresentante all’estero; nel paese in cui si concede, ad uomo come Berlusconi, solo perché molto ricco e potente, di evadere il fisco, di intrattenere rapporti con mafiosi -lo stalliere Mangano- vicini all’ala stragista corleonese, di agire extra legem e, nonostante ciò, di fare il Primo Ministro e, casomai, anche il Presidente della Repubblica; nel paese in cui si concede di presentarsi alle elezioni e di esprimere le proprie opinioni a movimenti che si dichiarano fieri seguaci della criminale ideologia nazifascista, come Casa Pound e Forza Nuova; nel paese in cui la Chiesa ricicla i soldi del crimine organizzato e, grazie ad essi, finanzia dittature militar-fasciste in giro per il mondo, canonizzando, poi, il Papa che di questo criminale scempio si è reso protagonista: Giovanni Paolo II; in questo paese dove, in ossequio alla doppia morale cattolica, mallevadrice degli striscianti sentimenti razzisti, xenofobi, classisti, omofobi, morbosi, che, da sempre, attraversano la società italiana, vale tutto e il contrario di tutto, purché non si turbino le anime pie –di solito, covatrici di astio e di odio- e si difendano gli interessi della borghesia benpensante, ipocrita e perbenista; nel paese dov’è presente il più alto tasso di omicidi e violenze commessi ai danni delle donne, senza che venga approvata un’adeguata legislazione in materia, forse perché il maschilismo catto-fascista la fa ancora da padrone; nel paese in cui i buoni e devoti padri di famiglia vanno allegramente a puttane e, altrettanto allegramente, praticano, più che in ogni altro luogo, turismo sessuale per scopare bambine e bambini; nel paese in cui un ex presidente della Repubblica -Francesco Cossiga- peteva dichiarare, mietendo consensi politici, che: «le manifestazioni studentesche costituirebbero un pericolo perché sarebbero il vivaio potenziale di una nuova ondata di terrorismo ; per questa ragione Maroni dovrebbe infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. A questo punto, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri. Nel senso che le forze dell`ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano» E ancora, rivolgendosi al capo della Polizia, Manganelli : «Serve una vittima. Meglio se donna o bambino, per poter giustificare la successiva repressione»; nel paese dove un ministro della Repubblica –Giovanardi- mente su Ustica e infanga le vittime di quella strage, senza che nessuno prenda provvedimenti; nel paese in cui i familiari delle vittime della strage di Piazza Fontana -strage di stato e fascista- dopo oltre quarant’anni di processi senza verità, vengono costretti a pagare le spese processuali, mentre i responsabili sono liberi di girare impuniti; nel paese in cui polizia e carabinieri possono ammazzare di botte, senza alcun valido motivo, dei giovani di vent’anni, restando non solo impuniti ma ricevendo, semmai, anche il plauso istituzionale; insomma, in questo paese, un paese francamente ridicolo e malsano, tragico e comico ad un tempo, la presentazione del libro della Balzerani turberebbe la comunità? Non c’è limite alla mancanza di vergogna e all’ignominia. Posso solo dire che, evidentemente, anche solo le parole di una donna come Barbara Balzerani, di una comunista rivoluzionaria, mai pentita e mai dissociatasi dalla sua storia, fanno ancora tanta paura. Tanta, da volere addirittura metterne a tacere la voce.
D’altronde, come ha già ricordato lei stessa, in un’intervista rilasciata qualche tempo fa: «Il vincitore, oltre alla resa, pretende tutte le ragioni e fa della ricostruzione storica un’arma per l’esercizio del suo potere. Infatti, la nostra vicenda è stata talmente trasfigurata e decontestualizzata che viene usata come deterrente per il presente. Come se l’ipotesi stessa del conflitto sociale abbia esaurito la sua legittimità una volta e per sempre. La mia scrittura non può che partire da qui perché la storia dell’insorgenza degli anni ’60 e ’70 è il prodotto di violenza, illibertà e ingiustizie di antica memoria. Le responsabilità politiche di chi ha governato questo paese, anche con le stragi, e di chi se ne è fatto alleato, ne hanno costituito le ragioni. Io non intendo cercare giustificazioni per le mie scelte ma neanche darne a nessuno». E poi, di seguito: «Nella sostanza, sono ignorata dalla critica letteraria e ai margini del mercato editoriale, quando non direttamente sanzionata per la mia presunzione di esistenza in vita, ossia con facoltà di parola. Ma non mi lamento, voglio solo scrivere per chi, come me, soffre la povertà dei valori oggi dominanti, che fanno del mercato di tutto e di tutti la misura del bene e del male».
Pertanto, a ben considerare la vicenda della Balzerani e quest’ultimo, deplorevole episodio, il “democratico” stato italiano -dal passato stragista e terrorista, oggi complice nonché, insieme a USA e ad altri paesi membri dell’UE, finanziatore e sponsor di stati e milizie, che del terrorismo si servono per imporre e tutelare gli interessi dell’imperialismo occidentale: Israele, nazisti ucraini, ribelli siriani, jihadisti– continua a considerare Barbara una pericolosa terrorista. Il che appare, palesemente da quanto detto, una grottesca contraddizione in termini. Ma si sa, la democrazia, impregnata di cristiana pietas, ha onnipotenti, insindacabili e imperscrutabili poteri assolutori, che esercita a sua discrezione. Dunque, autoassolve sé stessa per le atrocità commesse e che continua a commettere in fieri, assolve dittatori fascisti come Pinochet, ma mette alla gogna chi, stando alle sue leggi, si sarebbe macchiato del reato di eversione dell’ordine costituito, pagandone, per questo, il prezzo con trent’anni di carcere. In poche parole, per i gendarmi del decoro, una volta scontata la pena, il peso del passato deve incombere come un macigno morale su chi ha preso parte alla lotta armata e, quindi, bisogna ridurlo al silenzio.
Ma se per l’ordine costituito, la Balzerani è stata e resta una terrorista –rossa: il che è un’ aggravante non da poco- per noi, compagni e comunisti, Sara è stata e resta una combattente per il comunismo e per gli ideali di libertà. Ideali per i quali continua a battersi, ed evidentemente a pagare, anche attraverso l’arma della parola scritta. Un diritto di parola che, piaccia o meno, proprio perché dovremmo essere in un regime democratico, non può esserle negato. Un diritto di parola che noi compagni non solo le riconosciamo, ma pretendiamo che eserciti, perché per noi rappresenta la speranza, mai sopita, che un mondo migliore sia ancora possibile, nonostante tutto. Barbara, insomma, oggi è una cittadina, una donna che ha pagato la sua pena, ed ora è libera. Libera di vivere. Libera di scrivere. Libera di parlare. Io, dunque, sono e sarò sempre con Barbara. E per citare Majakovskij: «Nostra arma sono le nostre canzoni. Nostro oro sono le voci squillanti».

lunedì 14 luglio 2014

ALCOOL



Dicono che io
sia spesso ubriaco
Si è vero
bevo cazzo!

Bevo
Ma non è l'alcool
che mi sbronza

E' il sangue
versato
dalle ferite di un mondo
senza senso e senza pietà
che mi sgomenta
e mi ubriaca

Sono le lacrime
dei bambini di Palestina
i loro corpi martoriati
sui letti di ospedale
bruciati e sventrati
che mi tolgono il rispetto
dell’umanità malata

E' l'urlo delle donne
stuprate nelle guerre
e nelle case da bene
quelle maleodoranti
di amore cattolico
che mi atterrisce

Sono le mani
tese dei poveri
su cui la buona borghesia
sputa
giorno per giorno
che mi lacerano
e mi offrono un altro bicchiere

Sono le svastiche
che divorano
il cielo di Ucraina
il macello nazista
della carne di Donetsk
che mi fanno vomitare
ad un angolo di strada

E' questo fetore
di rancido e di morte
emanato dalla vita
a darmi la nausea.

E allora bevo
Si bevo cazzo
Per non spararmi
Un colpo alle tempie.





lunedì 7 luglio 2014

7 LUGLIO 1960: LA STRAGE DI REGGIO EMILIA. MA OGGI COME IERI, LUNGA E' LA LINEA ROSSA DEL SANGUE INNOCENTE VERSATO, PER MANO DEI SUOI GENDARMI, DALLA REPUBBLICA ITALIANA, DEMOCRATICA E LIBERALE



Il 7 Luglio 1960, durante una manifestazione in corso a Reggio Emilia, reparti di polizia e carabinieri del “democratico” Stato italiano, assassinavano 4 operai ed un contadino: Lauro Farioli, operaio di 22 anni, orfano di padre, sposato e padre di un bambino; Ovidio Franchi, operaio di 19 anni, il più giovane dei caduti; Marino Serri, pastore di 41 anni, partigiano; Afro Tondelli , operaio di 36 anni, partigiano; Emilio Reverberi, operaio di 39 anni, partigiano. I feriti ufficiali furono 16, quelli trasportati in ospedale, ma si ritiene che molti altri abbiano preferito curarsi "clandestinamente", per non farsi identificare. La manifestazione era stata indetta per protestare contro le violenze perpetrate dalle forze dell’ordine, nei giorni precedenti, durante cortei di opposizione al neonato dicastero Tambroni, che aveva avuto l’appoggio esterno del MSI -partito nato dalle ceneri del fascismo, all’indomani della caduta della dittatura- e soprattutto per contestare la scelta, compiuta dallo stesso governo, di designare Genova –città medaglia d’oro per la Resistenza- come sede del congresso del Movimento Sociale, allora guidato da Michelini. Erano passati appena 15 anni dalla caduta del fascismo e dalla Resistenza, che aveva visto il sacrificio di migliaia di vite, immolatesi sull’altare della Libertà –specie partigiani comunisti- e si può comprendere quale fosse lo sdegno che, una simile scelta, aveva provocato in coloro che avevano combattuto contro la tirannide nazifascista. La tensione era altissima e vasta fu, logicamente, la mobilitazione popolare. Ma il democristiano Fernando Tambroni, amico dei fascisti e uomo dal polso fermo e dal pugno di ferro, non si lasciò certo intimidire, ed ordinò ad i suoi sgherri di aprire il fuoco, in caso di necessità. Al temine di quelle settimane di lotta, si contarono undici morti e centinaia di feriti. Tra questi, i 5 di Reggio Emilia. Quel giorno, polizia e carabinieri spararono, contro i manifestanti inermi, qualcosa come 182 colpi di mitra, 14 di moschetto e 39 di pistola.
In seguito a quei tragici eventi, il 29 novembre 1962, la Sezione Istruttoria della Corte d'appello di Bologna rinviò a giudizio il vicequestore Giulio Cafari Panico, per omicidio colposo plurimo, e l'agente Orlando Celani per omicidio volontario, con l’accusa di aver sparato contro Afro Tondelli. Per motivi di legittima suspicione il dibattimento venne celebrato davanti alla Corte d'Assise di Milano e non a Reggio Emilia. La Sentenza venne pronunciata il 14 luglio 1964: il vicequestore fu assolto con formula piena, per non aver commesso il fatto, mentre l'agente venne assolto con formula dubitativa. Due anni dopo, la Corte d'Assise d'Appello riformò la sentenza, assolvendo l'agente con formula piena.
Sono passati, dunque, 54 anni da quel giorno, ma poco o nulla è cambiato sotto il cielo di questa nostra Repubblica. Una Repubblica che, sin dai suoi primi vagiti, ha annusato l’odore malsano del compromesso di matrice democristiana: ne sono un esempio concreto l’amnistia concessa da Togliatti ai fascisti in galera ed il tradimento del sogno resistenziale, il cui obiettivo era sì la sconfitta del nazifascismo, tuttavia solo come primo passo verso l’instaurazione di una Democrazia Socialista e Popolare. Ma non si poteva. Le logiche di Yalta erano già coattive e l’Italia sarebbe finita sotto il giogo statunitense e sotto l’ombrello protettivo della NATO. Di quei compromessi, ne stiamo raccogliendo oggi, a distanza di 54 anni, i frutti a piene mani. Dopo l’illusione socialdemocratica e bernsteiniana, infatti, del superamento delle contraddizioni insite alla società capitalistica, durata fino alla caduta del muro di Berlino, il trionfo della cultura borghese e piccolo borghese, catto-fascista, finanziario-mercatista e legalitaria è pieno ed ha soggiogato, oramai, anche la sinistra. Oggi come ieri- anzi, a ben guardare ciò che sta succedendo in Europa, più di ieri- i fascisti vengono utilizzati a scopo di normalizzazione sociale e per stroncare sul nascere qualunque protesta o voce si levi –soprattutto se proveniente dal frastagliato arcipelago comunista- in dissenso con le politiche reazionarie, padronali ed imperialiste, attuate da governi sostanzialmente delegittimati a legiferare, asserviti al capitale monopolistico e aventi l’unico scopo di ratificare decisioni prese da organismi sovranazionali come FMI, BCE, UE, Banca Mondiale. Oggi come ieri, se uomini appartenenti alle forze dell’ordine –spesso, vero e proprio braccio armato del governo- commettono reati, finanche l’omicidio, godono di una sorta d’immunità per cui, tuttalpiù, si beccano una condanna formale e simbolica, finendo col fare anche carriera e raccogliendo, addirittura, il plauso dei colleghi per aver fatto il loro sporco dovere. Oggi come ieri, lo stato “democratico” continua a mietere, per mano dei suoi gendarmi, vittime senza colpa, o il cui unico torto è quello di lottare per la libertà, la giustizia e per i propri diritti.
Ieri: Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Marino Serri, Afro Tondelli, Emilio Reverberi. Oggi: Carlo Giuliani, Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Guido Magherini. Ma l’elenco delle vittime, di ieri e di oggi, potrebbe continuare. Lunga è la linea rossa del sangue innocente, versato dalla Repubblica italiana, democratica e liberale!