Rothko Chapel

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"L'estensione logica del business è l'omicidio!" (D. Cronenberg)

venerdì 26 dicembre 2014

I TRENI E LA MAI SOPITA STRATEGIA DELLA TENSIONE

In questo paese, la strategia della tensione non si è mai conclusa, continuando ad essere, ciclicamente, il principale strumento, utilizzato dallo stato borghese, per reprimere il dissenso. In questi giorni, infatti, dopo la sentenza della Corte d'Assise di Torino, che ha assolto dall'accusa di terrorismo i quattro compagni No Tav, smontando il ridicolo teorema costruito dai Pm -ricordiamo che Claudio, Niccolò, Mattia e Chiara sono stati condannati, comunque, a tre anni e mezzo: un'enormità per due bengala, una molotov e un compressore rotto- il Ministro dei trasporti, Maurizio Lupi, ha intrapreso la sua crociata personale contro quella stessa sentenza, sostenendo che è stato un grave errore la cancellazione del reato di terrorismo. Da allora, guarda caso, come uno strano meccanismo ad orologeria e come un film già visto troppe volte in Italia, stiamo assistendo ad una serie di attentati contro i treni dell'alta velocità. Dopo le dichiarazioni del ministro, e a seguito di tali attentati, non potevano mancare, poi, quelle, insinuanti ma chiarissime nel loro portato repressivo, dell'ex magistrato, l'inquisitore Giancarlo Caselli -primo architetto del teorema terroristico da applicare ai No Tav- che parla, riferendosi al movimento valsusino, di "ondata di violenza che si pone al di fuori della democrazia".
Or dunque, vorrei ricordare qui, che la strategia della tensione, in Italia, negli anni caldi che andarono dalla fine dei '60 alla metà degli '80, ebbe proprio negli attentati ai treni -Italicus, Strage di Bologna, Strage 904, gli episodi più tragici e più impressi nella memoria collettiva- una parte considerevole della sua logica militare e stragista. Logica che, come poi si è svelato nel corso degli anni, ebbe nelle forze neofasciste, in complicità con quelli che vengono detti Servizi Segreti deviati -ma che altro non sono che lo Stato italiano- gli elementi di realizzazione ed ideazione degli attentati.
Fatte tali premesse, quindi, e a proposito di fuoriuscita dalla democrazia, c''è da chiedersi, e seriamente, cosa stia preparando lo stato "democratico-liberale" per arginare il dissenso alle politiche reazionarie e di classe -in tale quadro rientra la costruzione della TAV- che, inevitabilmente, si farà sentire, nei prossimi mesi, nel nostro paese, martoriato, come pochi, dalla crisi. L'ondata repressiva, contro i movimenti e le forze antagoniste, di matrice marxista, è già in atto da tempo. I servi di regime delle forze dell'ordine non perdono occasione per manganellare ed arrestare chiunque, nell'area dell'antagonismo comunista o anarchico, manifesti la propria contrarietà ai governi che, sotto i diktat della Troika, stanno procedendo, in materia di lavoro e di diritti, sulla strada delle controriforme, asfaltando e macellando il tessuto sociale italiano. Gli attentati ai treni di questi giorni, a seguito delle parole del ministro Lupi, sono a dir poco un segnale inquietante. E mi chiedo, pertanto, se non vadano considerati prodromi di una nuova e mai sopita strategia della tensione. Come disse Marx: «La civiltà e la giustizia dell'ordine borghese si mostrano nella loro luce sinistra ogni volta che gli schiavi e gli sfruttati di quest'ordine insorgono contro i loro padroni. Allora questa civiltà e questa giustizia si svelano come nuda barbarie e vendetta ex lege». Sappiano, però, che se l'idea è tornare a governare con le bombe e con le stragi l'Italia, com'è già successo circa quarant'anni fa, oggi come allora, non staremo a guardare e risponderemo colpo su colpo.

venerdì 12 dicembre 2014

MEMORIA

 Un paese senza memoria è un paese senza storia, senza presente, senza coscienza di sé e, dunque, senza coscienza civile e sociale. Un paese, in pratica, che non sa quali siano i propri  doveri e, cosa ancor più grave, quali i propri diritti. Ebbene, un paese siffatto, un paese come l’Italia, si merita il PD ed il PDL, insieme al governo. Si merita la demagogia, ancorché volenterosa, dei Cinque Stelle. E si merita Renzi, Berlusconi, Grillo, Casaleggio, il razzista Salvini, Monti, Alemanno, la mafia e la fascisteria ad essa collegata. Fintantoché gli va bene. Poi, forse, se le cose dovessero precipitare, anche qualcosa di peggio. E’ un paese, l’Italia, che, mi si passi il temine, se ne strafotte di sé stesso, ed il cui popolo si lascia vivere, in balia degli eventi, delegando ad altri il proprio destino. State sereni, che il capitalismo ed il trionfante modello neoliberista vi stanno portando via anche la dignità, se ancora ve n’è rimasta una!  Per questo paese e per questo popolo, a volte, penso che non valga neanche la pena lottare ed incazzarsi. Men che meno, scrivere. Però, la passione prende il sopravvento, il più delle volte, e allora diventa un dovere etico farlo. Come oggi, che è d’obbligo ricordare….
Giuseppe Pinelli. Angelo Scaglia, Attilio Valè, Calogero Galatioto, Carlo Gaiani, Carlo Garavaglia, Carlo Perego, Carlo Silva, Eugenio Corsini, Gerolamo Papetti, Giovanni Arnoldi, Giulio China, Luigi Meloni, Mario Pasi, Oreste Sangalli, Paolo Gerli, Pietro Dendena, Vittorio Mocchi.
Sono  i nomi dei morti di quel giorno. 12 dicembre 1969.Quarantacinque anni fa. Piazza Fontana. Strage fascista. Strage di Stato. Quarant'anni di processi farsa, ma nessun condannato. E, nel 2005, ai parenti delle vittime sono state addirittura addebitate le spese processuali. Questa è la democrazia liberal-capitalistica. Questa è la giustizia borghese, per usare un termine in voga proprio negli anni’70.  
Ho voluto ricordarli, quei 17 morti più uno, di quel lugubre e tragico giorno,  partendo proprio da colui che, suo malgrado, è divenuto un simbolo. Il compagno anarchico Giuseppe Pinelli, detto Pino.  Pino fu defenestrato, nella notte tra il 15 ed il 16 dicembre, da una stanza della questura di Milano. La stanza del commissario Calabresi, che lo aveva fermato e lo stava interrogando, da alcuni giorni,  insieme ad altri uomini al suo comando.  E già, perché, ovviamente, i primi ad essere sospettati di quella strage furono gli anarchici e gli ambienti della sinistra radicale. Anzi, quella strage fu compiuta proprio in nome dell'anticomunismo e per addossare al “pericolo rosso” la responsabilità di quel vile attentato.
 Erano anni  caldi, anni di Lotta di Classe, quelli che erano iniziati col ’68. Anni di lotte durissime, da parte della classe operaia e degli studenti, uniti per la conquista di quei diritti che, oggi, si stanno allegramente cancellando. Furono gli anni  di quella che sarebbe stata poi denominata, con una locuzione divenuta inquietante, “strategia della tensione”. Anni durante i  quali si succedettero svariati tentativi di golpe, da parte delle forze armate e di pezzi dei Servizi Segreti –SID, SISMI, SISDE- in combutta con fascisti (Freda, Ventura, Zorzi, Maggi, Giannettini: ovvero l’agente Z) massonerie (Gelli e la P2), mafia.  Anni che avrebbero portato una generazione ad imbracciare le armi, per contrastare il rinnovato pericolo fascista, tenuto al caldo da partiti di governo, come la DC. Una generazione che volle dare l’assalto al cielo, ma senza riuscirvi e pagando, a quello stato che ha governato con le bombe i propri cittadini, a quello stato stragista, a quello stato fintamente democratico, ma essenzialmente autoritario, un prezzo altissimo. 
Non è cambiato molto, come si intuisce, in 45 anni, nel nostro paese. Anzi, le cose, a ben guardare, sono pure peggiorate. Il pericolo autoritario torna, ma non solo assume la faccia bonaria di un Renzi qualsiasi, ma non trova, sulla sua strada, nessuno pronto a contrastarne gli abusi e le violazioni dei diritti, costituzionalmente garantiti.  Per il commissario Luigi Calabresi, invece, per quello che personalmente ritengo, assumendomene il peso, il responsabile principale, morale o effettivo non importa, dell’assassinio di Pinelli, insieme al suo superiore, Antonio Allegra e al questore Marcello Guida –famoso perché a lui Pertini non volle stringere la mano, essendo stato egli uno dei carcerieri fascisti al confino di Ventotene- oggi è stato addirittura avviato il processo di beatificazione. E sì, perché non bisogna  dimenticare che, negli affari della politica italiana, malgrado il suo potere temporale sia nominalmente cessato, c’entra sempre il Vaticano.  Quel Vaticano che, proprio in quegli anni, ha stretto mani e patti con i peggiori criminali del mondo –Pinochet su tutti- e che ha sempre portato sugli altari assassini ed infami della peggior specie, basta che avessero il requisito dell'anticomunismo.  E non mi si venga a dire che la magistratura, nella persona del giudice Gerardo D’ambrosio, ritenne Calabresi estraneo all'assassinio di Pinelli. Perché, su quella vicenda, la magistratura si è giocata la faccia e la sua reputazione, una volta per sempre.  D’Ambrosio, infatti, scagionò Calabresi e gli altri, coniando una nuova fattispecie medico-giuridica: il malore attivo. Preso da malore attivo, Pinelli si sarebbe gettato dalla finestra. La sfrontatezza del potere e la viltà dei cittadini, insieme alla mancanza di memoria, sembrano, dunque,  il principale collante di questo paese ridicolo, come può essere ridicola solo la tragedia. Un paese sostanzialmente reazionario, piccolo borghese, moralista.

martedì 2 dicembre 2014

LA LEGA AL SUD? NESSUNA MERAVIGLIA.



Molti si chiedono, in questi giorni, come mai, Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, abbia deciso di fare campagna elettorale anche al Sud e, soprattutto, come possa sperare di ottenere consenso. Chi si pone queste domande, a prima vista legittime, parte da un presupposto sbagliato e non fa i conti con una questione politica fondamentale. Il presupposto è che la Lega Nord, appunto, sia legata esclusivamente al territorio padano. La questione politica, invece, di natura più sottile e profonda, attiene all'essenza stessa del movimento delle leghe. Movimento che, se si configura, in prima istanza, con peculiarità tutte territoriali, ha, su un terreno più specificamente culturale, prospettive ben più ampie e inquietanti. La matrice ideologica di questi movimenti, infatti, è decisamente fascista. In tal senso, quindi, la Lega Nord e Matteo Salvini ritengono, a ragion veduta, di poter raccogliere consensi anche al Sud. Razzismo, retorica demagogica, nazionalismo spinto, elitarismo, anticapitalismo in chiave di protezionismo economico, corporativismo, conciliazione capitale-lavoro, tutela degli interessi minuti della piccola e media borghesia, anticomunismo sono, infatti, i cardini dottrinali attorno ai quali ruota la Lega e, pertanto, riconducibili ad una realtà ben più vasta che non quella esclusivamente padana.
Basti pensare, infatti, che verso la metà degli anni ottanta, quando l' MSI e l’estrema destra erano in forte crisi, dopo l’orgia stragista degli anni ’70, anche al meridione -dove il partito di Almirante riscuoteva un certo successo- si cercava di rimettere insieme i pezzi di quella sponda politica, ed una delle tante forme che prese il neofascismo, allora, anche se per breve tempo, fu la Lega Meridionale. Un movimento fondato dall'avvocato Egidio Lanari, dal gran maestro siciliano, Giorgio Paternò, dal pugliese Cosimo Donato Cannarozzi e dal calabrese Enzo Alcide Ferraro, e capeggiato, a Napoli, dall’ex senatore del Movimento Sociale, vicino alla Cisnal e rautiano di ferro, Domenico Manno. Un fascista con tutti i crismi. Dunque, si comprende facilmente, a questo punto, come non sia assolutamente peregrina l’idea di Salvini di venire a raccogliere consensi al mezzogiorno. La sua è, difatti, a tutti gli effetti, propaganda fascista. D’altronde, lo stesso segretario della Lega Nord proviene, politicamente, da ambienti vicini a Terza Posizione e agli ex ordinovisti, come Borghezio. Inoltre, Salvini ha avuto anche l’imprimatur di uno dei teorici contemporanei del neofascismo: quell’Alain de Benoist, intellettuale, fautore dei regionalismi, dell’interclassismo e del superamento degli steccati tra destra e sinistra. In pratica, il modello terzoposizionista, oggi tornato tanto di moda. Ricordiamo che Terza Posizione fu fondata, negli anni settanta, più o meno con gli stessi presupposti, e teorizzando il nazimaoismo -un'indigesta miscellanea, che blaterava di comunismo aristocratico, di cui il corifeo principe fu lo stragista Franco Freda- da Gabriele Adinolfi, Giuseppe Dimitri e da Roberto Fiore, che sarebbe stato, in tempi recenti, il fondatore di Forza Nuova. Dunque, un movimento dalla chiara impronta neonazista. Come, d'altra parte, la Lega di Salvini, pur se con toni più sfumati. Ed ecco spiegato anche il motivo per cui la Lega riesce ad erodere consensi ai 5 Stelle. Su svariati punti -vedi la retorica xenofoba di Grillo, il suo interclassismo, la sua voglia di superare il conflitto facendo fuori i corpi rappresentativi intermedi, come i sindacati, il suo anticomunismo- la Lega appare più decisa e chiara. Anche perché, a differenza dei penta stellati, ha un progetto di società ben preciso. Cosa che i cinque stelle, per loro natura, non possono avere. Difatti, non pochi grillini trasmigrano, poi, in Forza Nuova o Casa Pound.
Nessuna meraviglia, pertanto, se Salvini scende al sud a fare campagna elettorale. La possibilità di rinverdire i fasti, all'epoca, a dire il vero, poco gloriosi, della Lega Meridionale, è a portata di mano, in un periodo di crisi tanto duro e lungo, che ha esasperato gli animi, mettendo i cittadini ed i lavoratori gli uni contro gli altri, in una pericolosissima guerra tra poveri. Una guerra che, il fascismo, come sempre, seppur in diverse forme, si propone di gestire, con l'avallo delle grandi borghesie capitalistiche. Attenzione, quindi, anche qui al meridione, ad avallare, da sinistra, retoriche regionalistiche e territoriali. Quella dei comunisti deve essere una battaglia per l'internazionalismo, sebbene nel rispetto, certo, dell'autodeterminazione dei popoli. Dietro il territorialismo della Lega, invece, si cela, ma neanche tanto, la faccia sporca del neofascismo italiano.

sabato 29 novembre 2014

L'ORDINANZA CLASSISTA DEL GENIO DE MAGISTRIS



Il nostro sindaco, Luigi De Magistris, che, a chiacchiere, scavalca a sinistra anche il più fervente marxista-leninista, ma nei fatti, spesso, si è mostrato e si mostra più democristiano di un vecchio doroteo, ha tirato fuori, dal suo cilindro, l'ennesimo bel coniglio bianco. Vogliamo dircelo? Quest'uomo è un genio!
Con un'ordinanza, infatti, viene fatto "divieto a tutti, cittadini italiani, stranieri comunitari ed extracomunitari di rovistare nei contenitori della spazzatura, di asportare e trasportare rifiuti di ogni genere prelevati dai suddetti cassonetti." e si stabilisce che "i trasgressori alla violazione della presente ordinanza, siano puniti mediante l'applicazione della sanzione pecuniaria di euro 500,00. ai sensi dell'art. 7 bis TUEL e dell'art. 16 della legge del 24 novembre 1981 n°689 e s. m. i . e con la distruzione immediata dei rifiuti prelevati dai cassonetti della spazzatura e delle attrezzature utilizzate per il contenimento e trasporto degli stessi."
La ragione di tale provvedimento, risiederebbe nel tentativo di stroncare il mercato illegale dei rifiuti. Peccato che, spesso, chi rovista nei cassonetti, lo faccia per fame o perché, appunto, essendo extracomunitario, non ha altre risorse per sopravvivere, se non quella di raccogliere monnezza. Dunque, un'ordinanza che si configura come classista e, a ben considerare, anche dal vago sapore razzista. Oltre che, evidentemente, attuata con poca logica. Chi mai pagherà le 500 euro, premesso che, il più delle volte, come si diceva, i trasgressori saranno nullatenenti? Mah!
Ci chiediamo, a questo punto, chi abbia suggerito una simile sciocchezza al nostro sindaco. Non vorremmo, infatti, che l'idea venga da un altro genio dell'amministrazione comunale. Quel Tommaso Sodano, vicesindaco con delega ai rifiuti, il quale, invece di concentrarsi sulla raccolta differenziata e sull'eliminazione dei cassonetti -risolvendo, in tal modo, il problema alla radice- ha preferito far fuori non solo Raphael Rossi, ma chi, questa battaglia, l'aveva portata avanti, per anni, da consigliere dell'ASIA. Complimenti davvero! E qualcuno si chiede ancora perché, pur avendo sostenuto De Magistris, contro la vergognosa sentenza, tutta politica, che lo voleva far decadere dalla sua carica, io non sia mai stato in piazza. La piazza è una cosa seria. E' il luogo dove si lotta e si difendono diritti sacrosanti. Non un sindaco che, pur dichiarandosi di sinistra e vicino ai più deboli -sindaco di strada, si è autodefinito- adotta poi, all'occorrenza, provvedimenti dal malcelato stampo reazionario e borghese. Semplicemente, per attrarre consensi da quella parte dell'elettorato.

martedì 4 novembre 2014

CITTADINI CONTRO CITTADINI: LE MISTIFICAZIONI SEMANTICHE DEL BLOG DI GRILLO E IL SUO INCESSANTE ATTACCO ALLA RAPPRESENTANZA DEL MONDO DEL LAVORO

Ieri, sul blog di Grillo, a cura della redazione, è uscita un’intervista ad Igor Gelarda, membro della segreteria nazionale del Consap, sindacato di Polizia, dal titolo insultante e tragicomico: Cittadini contro cittadini. Già nell’adozione di quel titolo, difatti, Grillo ed i suoi discepoli chiariscono il loro pensiero reazionario, evidenziando due fattori: uno d’ignoranza abissale e l’altro di malafede. Il primo, di carattere storico-linguistico, attiene all’uso -o dovremmo dire all’abuso- sconsiderato del termine cittadino, che i penta stellati vanno facendo, evidentemente legandolo alla connotazione che, quel sostantivo, acquisì ai tempi della rivoluzione francese. Nella Francia rivoluzionaria, infatti, il vocabolo veniva usato per affermare l’eguaglianza di tutti i francesi di fronte alle leggi. Una parità che, come risulta oramai evidente, lo stato borghese ha progressivamente annullato, a tutto vantaggio di ricchi, politici, notabili e rappresentanti della legge, al suo servizio, i quali, se anche commettono un reato o un abuso di potere, godono della piena immunità. Il secondo, la malafede, con requisiti politico-sociali, va attribuito, credo, al “proprietario” dello stesso blog, e consiste nel mistificare la realtà, secondo le proprie esigenze strategiche e comunicative. In apertura di intervista, infatti, si dice che: «I sindacalisti che hanno organizzato il corteo non potevano non sapere che la deviazione del corteo non era consentita» e, dunque, i poveri poliziotti sono stati costretti , a malincuore, ad usare i manganelli. Ora -a parte il fatto che non c’è stata nessuna deviazione, come dichiarato da Landini e dagli altri operai presenti in piazza- chiunque abbia partecipato a cortei e manifestazioni -che i borghesotti, pseudo rivoluzionari a 5 Stelle, ovviamente non frequentano- sa con quanta pena nel cuore i reparti antisommossa utilizzino la violenza, quando in piazza c’è la sinistra radicale: sia essa rappresentata da centri sociali, gruppi antagonisti, o operai. Di operai e studenti morti, per mano delle questure, è costellata la storia di questo paese. è quindi vergognoso, sentir parlare, per tutta l’intervista, lo sbirro Gelarda, che cerca di giustificare l’aggressione dei colleghi, a carico dei lavoratori delle acciaierie di Terni; e costituiscono una vera e propria offesa all’intelligenza ed alla dignità umana, parole del tipo: «la polizia, durante le manifestazioni, è messa lì a garanzia dell’ordine pubblico, che significa a garanzia della protezione dei manifestanti, dei cittadini e della città». E certo, la Polizia è una garanzia: come a Genova e a Napoli, nel 2001; alla Diaz e a Bolzaneto; come in Val di Susa o nel corso degli sgomberi delle case. Una garanzia: come nei casi Aldrovandi, Cucchi, Uva, Bifolco. E potrei continuare. Ciò che i servi del sistema garantiscono sono violenze, soprusi o, male che vada, la morte!
Ma le armate dell’odierno Savonarola non demordono, e fanno anche sfoggio di cultura sinistrese. Prendendo in prestito, strumentalmente, lo scritto più ambiguo, sbagliato e con più conseguenze, suo malgrado, di Pasolini, “Il PCI ai giovani”, ovviamente decontestualizzato dal clima sessantottino, parlano di scontro tra proletari. Un vero azzardo semantico, a corollario della loro disonestà intellettuale. Data la situazione attuale,a voler essere filologi, i proletari, in quella piazza, stavano tutti da un lato: quello degli operai. Operai che rischiano di perdere il lavoro e lo stipendio; mentre, dall’altra parte, non soltanto c’era e c’è gente stipendiata, ancorché male, ma soprattutto uomini che, grazie alle divise che indossano, sanno di poter contare sulla protezione dello stato borghese, del governo e dei padroni. Quanto accaduto in questi giorni, col caso Cucchi, ce ne da ampia prova. Sul blog del Beppe nazionale, dunque, si da la parola agli operai, alla classe lavoratrice, a coloro che subiscono, oltre alle violenze della crisi anche l’aggressione delle forze dell’ordine? Certo che no! L’odierno Savonarola, moralizzatore della politica italica, il capopopolo Grillo e la sua pletora di contestatori antisistema, che prediligono le passeggiate sui tetti e le piazze virtuali, alle piazze reali, dove avviene il conflitto, questi nuovi rivoluzionari di stampo conservatore –per chi non lo sapesse, non è un ossimoro: Die konservative Revolution (La Rivoluzione Conservatrice, appunto) fu, nella Germania post prima guerra mondiale, quel movimento che riunì intellettuali di destra, avversi alla Repubblica di Weimar, tra cui Carl Scmitt, Ernst Junger, Hugo Von Hofmannsthal, Oswald Spengler, e che costituì il germe iniziale, da cui prese vita, poi, il nazismo- non intervistano gli operai malmenati dagli sbirri, cioè le vittime; bensì gli aggressori, i carnefici appunto. Perché va dimostrato, ancora una volta, quanto qualunque sindacato, ed il concetto stesso di sindacato, sia eversivo e faccia male al mondo del lavoro e delle imprese. Grillo persegue, come dico da tempo, un’ idea corporativistica della rappresentanza del mondo del lavoro. La conciliazione, cioè, tra gl’interessi di parte. Un’idea, com’è noto, fascista. Per chi ha cultura marxista, dunque, da rigettare in toto. La composizione degli interessi di classe è a vantaggio del padronato, da sempre; mentre, per scardinare l’offensiva reazionaria e controriformista in atto, condotta, senza tregua, dalle elite finanziarie contro il mondo del lavoro ed i diritti da esso acquisito, attraverso le politiche neoliberiste, l’unica strada percorribile è il conflitto. Il conflitto Capitale-Lavoro, da cui Grillo si tiene, opportunisticamente, alla larga,
Grillo ed i 5 Stelle, pertanto, dimostrano, ancora una volta, con quest’intervista, di essere, né più né meno, una delle tante facce che il Capitale assume, per spezzare la possibile e pericolosa, per le borghesie, unità delle classi lavoratrici. Per parafrasare Chossudovsky, ed il suo"La fabbrica del dissenso": sono le stesse elite finanziarie a foraggiare movimenti popolari -come quello penta stellato, per intenderci- apparentemente anticapitalisti ed antiglobalizzazione, che non risultino nocivi per quelle stesse elite. Insomma, null’altro che un modo ingegnoso per controllare rischiose derive marxiste. Oramai, si governa non solo costruendo il consenso, ma anche fabbricando dissenso, tramite soggetti venduti agli interessi del Capitale monopolistico. Grillo è palesemente uno di questi soggetti. Basti considerare le sue alleanze europee; le sue oscillazioni, nel quadro politico, sempre all'insegna dell'ambiguità; le sue dichiarazioni razziste; la sua sollecitazione della rabbia viscerale, immediata, mai indirizzata verso un progetto di società, che non si comprende quale dovrebbe essere. Insomma, Grillo svela, giorno dopo giorno, sempre più la sua vera faccia. Quella di un parafascista, al servizio delle borghesie finanziarie. Con Grillo non si cambia. Si finisce dritti tra i denti aguzzi dei padroni.













domenica 2 novembre 2014

GRILLO E LE TANTE FACCE DEL CAPITALE INTERNAZIONALE


Le ambiguità di Landini le ho sempre riconosciute, questo è noto. Il ricorso all' accordo del 10 gennaio sulla rappresentanza sindacale -per inciso, rigettato dagli iscritti FIOM, tramite referendum- al fine di tenere fuori i sindacati di base dalle fabbriche è, diciamolo chiaro, una contraddizione, che non tiene conto della volontà espressa degli stessi operai. In pratica, significa ricorrere al padrone per garantire privilegi alla FIOM; i suoi ambivalenti rapporti col PD celano equivocità intollerabili; come pure le sue aperture di credito a Renzi e ad alcuni dispositivi del Jobs Act. Detto ciò, che Beppe Grillo attacchi Landini, definendo le sue dichiarazioni, fatte durante le cariche della polizia agli operai di Terni, "patetiche sceneggiate", è semplicemente vergognoso. Un insulto alla classe operaia, prima ancora che al segretario della FIOM. Il capo del M5S, non ha mai alzato la voce, infatti, contro Marchionne –se non forse, all’inizio, in qualche breve post, come fumo negli occhi- ed ha sempre evitato, in seguito, di schierarsi nel conflitto tra Capitale e Lavoro, dichiarando, invece, in più occasioni, la sua avversione ai sindacati. E se a questo si aggiungono le sue strumentali dichiarazioni sul superamento delle ideologie, l'interclassismo proprio del Movimento, il suo feeling con i fascisti, ai quali non manca di fare continui appelli -tanto è vero che molti dei suoi passano nelle fila dei nazifascisti di Forza Nuova- il quadro risulta chiarissimo. Grillo e i 5 Stelle, come ho ripetuto più volte, altro non sono che una delle tante facce che il Capitale assume, per spezzare la possibile e pericolosa, per le borghesie, unità delle classi lavoratrici.
Come nota Chossudovsky, in "La fabbrica del dissenso": sono le stesse elite finanziarie a foraggiare movimenti popolari -come quello pentastellato, per intenderci- apparentemente anticapitalisti ed antiglobalizzazione, che non risultino nocive per sé stesse. Insomma, un modo per controllare rischiose derive marxiste. Oramai, si governa non solo costruendo il consenso, ma anche fabbricando dissenso, tramite soggetti venduti agli interessi del Capitale monopolistico. Grillo è palesemente uno di questi soggetti. Basti considerare le sue alleanze europee, le sue oscillazioni nel quadro politico, sempre all'insegna dell'ambiguità, le sue dichiarazioni razziste, la sua sollecitazione della rabbia viscerale, immediata, mai indirizzata verso un progetto di società, che non si comprende quale dovrebbe essere. Insomma, Grillo è un parafascista, al servizio delle borghesie finanziarie, che si approfitta della buona fede di cittadini, stanchi dell'attuale situazione di crisi, economica, politica, morale, e animati dal sincero desiderio di cambiamento. Il problema è che con Grillo non si cambia. Si finisce dritti tra i denti aguzzi dei padroni.

mercoledì 22 ottobre 2014

IN ITALIA, LA LIBERTÀ DI STAMPA È SEMPRE PIÙ UN’UTOPIA E UN PRIVILEGIO RISERVATO AI SOLI GRUPPI FINANZIARI E AI PADRONI. L’INQUISITORE CASELLI VORREBBE METTERE LA MORSA A CONTROPIANO, CONTRO CUI SI APRONO DUE PROCEDIMENTI GIUDIZIARI. SE VORRANNO PORTARCI IN TRIBUNALE, NOI CI SAREMO



Da un po', ho il privilegio di vedere pubblicato, qualche mio articolo, su Contropiano. Giornale comunista ed indipendente. Ora, a quanto pare, due procure vorrebbero mettere la morsa a questo preziosissimo organo di stampa. Due notifiche di apertura di indagini, a carico del giornale, sono state infatti ratificate, dalle procure di Torino e Napoli, alla direzione del quotidiano online.
L'arcigno inquisitore dei No Tav, Gian Carlo Caselli, lo stesso che, che per processare i compagni della Val di Susa, ha rispolverato il reato di terrorismo, intende querelare Contropiano perché si sarebbe sentito diffamato da un articolo comparso sul quotidiano comunista . Mentre, nel caso di Napoli, non si sa per quale pezzo siano state avviate le indagini. Ora, non posso fare a meno di mettere tali atti in collegamento con la discussione, in corso in parlamento, in questi giorni, sulle pene da comminare in caso di diffamazione a mezzo stampa. Caselli ne ha subito approfittato, evidentemente, fedele alla sua linea di giudice repressivo ed anticomunista. Lo stato liberal-democratico italiano, dunque, mostra, ancora una volta, quanto la libertà di stampa, in questo paese ridicolo, sia solo ad appannaggio dei grandi gruppi finanziari e dei padroni, mentre, con i piccoli giornali indipendenti, svela il suo volto repressivo. Tutto ciò va però inquadrato in quella strategia, di più ampio respiro, ormai in atto, da tempo, e non solo in Italia: stroncare ogni voce che si levi alta per dissentire contro quello che, a tutti gli effetti, possiamo definire il fascismo del XXI secolo. il fascismo finanziario, gestito dal capitale monopolistico, a livello globale. Ovviamente, la repressione diventa feroce se, come in questo caso, a dissentire sono forze e voci di estrema sinistra, marxiste, comuniste. Insomma, quelle stesse voci e quelle stesse forze contro cui si scagliò, qualche settimana fa, Roberto Saviano che, del padronato legato al mondo dell’editoria, è il corteggiato e protetto lacchè. A lui è concesso tutto. Anche offendere un’intera città, la sua per inciso, che applaudiva un corteo contro le politiche di austerità, imposte dalla Troika, e che quella città stanno riducendo alla fame. Due pesi e due misure, come sempre, quando si tratta della giustizia di classe e delle libertà accordate dallo stato borghese. E allora, mi viene in mente che, forse, in quanto cittadini e soggetti politici, anche noi, che scriviamo per Contropiano e che, in quanto comunisti, di quella sinistra radicale facciamo parte e a quel corteo partecipavamo con orgoglio, dovremmo querelare Saviano e L’Espersso, per diffamazione a mezzo stampa. Ciò detto, vorrei dire che, per quanto ci riguarda, Contropiano non si tocca. La sua libertà di opinione è inviolabile. Or dunque, se vorranno portare in tribunale il giornale, sappiano che noi saremo lì. A far valere i nostri diritti e a difendere la nostra fetta di Libertà!