Rothko Chapel

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"L'estensione logica del business è l'omicidio!" (D. Cronenberg)

mercoledì 26 febbraio 2014

FILOSIOISMO E ANTICOMUNISMO: SU RAI3 VA IN ONDA IL TEMPO E LA STORIA. L’INFORMAZIONE E LA DIVULGAZIONE SECONDO LORO…E LA METAFISICA DI ARISTOTELE


Credo sia utile cominciare quest’articolo con una citazione tratta dalla Metafisica di Aristotele:
«Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercano il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica. E il modo stesso in cui si sono svolti i fatti lo dimostra: quando già c'era pressoché tutto ciò che necessitava alla vita ed anche all'agiatezza ed al benessere, allora si incominciò a ricercare questa forma di conoscenza. E' evidente, dunque, che noi non la ricerchiamo per nessun vantaggio che sia estraneo ad essa; e, anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero colui che è fine a se stesso e non è asservito ad altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, la diciamo libera: essa sola, infatti, è fine a se stessa».
E veniamo ai fatti. Su RAI3, a "Il Tempo e la Storia", in onda verso le 13.00, oggi si parlava di antisemitismo e di Israele. Ad un certo punto del programma, riandando agli anni della guerra in LIbano, si dice –mostrando, strumentalmente, un titolo del Manifesto dell'epoca (siamo nel 1982): la cultura comunista, partendo da posizioni fortemente critiche nei confronti di Israele, ha finito spesso col trasformarsi in neo antisemitismo. E poi, ancora: addirittura si applaudiva Arafat, sorvolando sul fatto che il leader dell'OLP si fosse macchiato, per anni, di sangue ebraico.
Dunque, sulla prima questione, consiglierei a Bernardini -che dirige il programma- e allo studioso del cristianesimo, Alberto Melloni, presente in studio, di andarsi a rivedere meglio la storia del movimento operaio che, da sempre, condanna l'antisemitismo, in quanto questione razziale, pur nell'ottica di una critica feroce al sionismo: espressione ideologica e nazionalista del potere israeliano, da intendersi, nel quadro del movimento e del pensiero marxista, come appendice strumentale del capitalismo occidentale e USA, in funzione antipalestinese e, più in generale, antiaraba, per il controllo delle risorse petrolifere. Sulla seconda questione, quella relativa ad Arafat e all'OLP -ricordiamolo, organizzazione di ispirazione marxista- accusati di terrorismo, chiederei, piuttosto, come mai siano loro due a sorvolare, allegramente, sull'occupazione illegale, da parte israeliana, dei territori palestinesi; sui quotidiani e atroci crimini, compiuti dall'esercito sionista, ai danni del popolo palestinese; e, infine, sui massacri che portano la firma insanguinata di generali macellai, come Ariel Sharon. Sabra, Sha­tila, Jenin sono lì a dimostrare la sua disumanità e tutta la spietatezza imperialista e razzista di Israele.
Al tirar delle somme, data tale premessa, ne dedurrei che, secondo i due "intellettuali", la Palestina e i palestinesi dovrebbero subire, in silenzio, violenze e soprusi, facendo, altresì, sano esercizio di pazienza. Come Giobbe, insomma, di fronte alle atroci prove impostegli da dio. Chi conosce l'episodio biblico, comprenderà il senso di tale metafora. Giobbe rappresenta l’antinomia, quasi kafkiana, tra il giusto, che soffre senza colpa, ed il malvagio, che prospera. Egli è, dunque, il perfetto simbolo di una ricerca della giustizia, che dovrebbe colpire chi fa il male e assolvere e premiare chi fa il bene. Ma si sa, dio è spesso distratto. E allora, meglio fare da sé e lottare, anche con le armi, contro gli oppressori. Come ci insegna Che Guevara: «Davanti a tutti i pericoli, davanti a tutte le minacce, le aggressioni, i blocchi, i sabotaggi, davanti a tutti i seminatori di discordia, davanti a tutti i poteri che cercano di frenarci, dobbiamo dimostrare, ancora una volta, la capacità del popolo di costruire la sua storia». I Palestinesi lo fanno e non hanno intenzione di arrendersi.
Detto ciò, rileviamo purtroppo che, per quanto riguarda i media italiani, in particolare, e occidentali, in generale, Israele –il suo governo, la sua attuale politica di occupazione, il suo sionismo dai risvolti razzisti, che nulla hanno a che vedere, intendiamoci, con la generalità del popolo ebraico- resta intoccabile. Un po’ per un senso di colpa oramai atavico, legato principalmente a fattori religiosi: la condanna di deicidio, mai del tutto sopitasi nell’animo dei cristiani; un po’ a causa della immane tragedia dell’Olocausto; un po’, o forse tanto, perché Israele è, oggi più che mai, data la crisi energetica, il fucile dell’occidente, opulento e imperialista, puntato alla tempia dei paesi del medio oriente, al fine di non perdere il fondamentale sfruttamento dell’oro nero.
Toccabilissimi e da criminalizzare, ogni qual volta se ne presenti l’occasione, sono invece, per i democratici media occidentali, per i loro giornalisti e per i soloni che dispensano saggezza dalle pagine dei tabloid o dal video, i comunisti di ogni latitudine, la cui vocazione a dissentire col potere delle borghesie, imperialistiche e neocolonialistiche, è da considerarsi terroristica e, dunque, assolutamente da annientare. Con tutte le armi. Siano esse convenzionali o attinenti alla propaganda. La verità giornalistica, la cultura, la storia, il pensiero politico e filosofico rappresentano, per media e maitre a penser al soldo del capitale, un aspetto secondario, quando c’è da schiacciare lo storico avversario del potere reazionario, dello stato borghese e dei suoi comitati d’affari.
Basti vedere come si sono trattati, in questi giorni, il caso dell’Ucraina e, ancor peggio, quello di un Venezuela sottoposto, ancora una volta, ad un golpe, voluto e finanziato dagli USA, i quali non possono tollerare che il Sudamerica si affranchi dal loro controllo politico, per di più sottraendogli importanti risorse economico-finanziarie e levandole, attraverso le nazionalizzazioni, dalle avide mani delle multinazionali americane o dei loro partner europei. In Italia tutti, compreso i sedicenti rivoluzionari del Movimento 5 Stelle, si sono schierati a favore della ricca borghesia venezuelana, che sta mettendo a ferro e a fuoco il paese, e dei loro occulti finanziatori statunitensi , contro il presidente Maduro e gli strati sociali più deboli e poveri del Venezuela che, sin dai tempo del comandante Chavez, hanno appoggiato e voluto la rivoluzione bolivariana da lui intrapresa. Le parole d’ordine, dettate dagli organi d’informazione, sono quelle di sempre e che abbiamo ascoltato anche nel caso della rivoluzione cubana o di altre resistenze di matrice marxista: dittatura e/o violenza comunista, a seconda dei casi, e opposizione democratica. Parole d’ordine sposate in pieno anche da Grillo e dai suoi, solitamente critici nei confronti della stampa di casa nostra. Sul blog dei pentastellati si legge, infatti: «I manifestanti protestano contro la detenzione di López così come la criminalità dilagante, la carenza di beni di consumo e il tasso di inflazione superiore al 50%, che ha reso la vita difficile per molti nel paese. I manifestanti si battono per la libertà contro il presidente Maduro che, a detta dell'analista Moisés Naím, sta uccidendo il Venezuela. È impopolare e schiaccerà le proteste». Chiunque conosca un po’ la situazione venezuelana, sa che si tratta di menzogne. Del resto, come ci ricorda il Diret­tore dell’edizione spa­gnola del Diplo, in un articolo pubblicato dal Manifesto: « In Ame­rica latina, Chá­vez è stato il primo lea­der progressista –dai tempi di Sal­va­dor Allende– che ha scelto la via demo­cra­tica per arri­vare al potere. Non si può capire il cha­vi­smo se non si con­si­dera il suo carat­tere profondamente democratico. La scom­messa di Chá­vez ieri, e di Nico­lás Maduro oggi, è il socia­li­smo demo­cra­tico. Una demo­cra­zia non solo elet­to­rale. Anche eco­no­mica, sociale, culturale. In 15 anni, il cha­vi­smo ha riconosciuto a milioni di per­sone –che in quanto poveri non ave­vano carta d’identità– lo sta­tuto di cit­ta­dini e ha con­sen­tito loro di votare. Ha devo­luto oltre il 42% del bilan­cio dello Stato agli inve­sti­menti sociali. Ha tolto dalla povertà 5 milioni di per­sone. Ha ridotto la mor­ta­lità infan­tile. Ha sra­di­cato l’analfabetismo. Ha mol­ti­pli­cato per cin­que il numero di mae­stri nella scuola pub­blica (da 65.000 a 350.000). Ha creato 11 nuove uni­ver­sità. Ha con­cesso pen­sioni d’anzianità a tutti i lavo­ra­tori (incluso quelli del set­tore infor­male). Que­sto spiega l’appoggio popo­lare che ha sem­pre avuto Chá­vez, e le recenti vit­to­rie elet­to­rali di Nico­lás Maduro[…]Dun­que: è a rischio la demo­cra­zia in Vene­zuela? Sì, per­ché è minac­ciata, una volta di più, dal gol­pi­smo di sem­pre».
La conoscenza allora -per ritornare a quanto scrivevo all'inizio- come dice Aristotele, è un atto di libertà. Un atto di libertà che non sia finalizzato al raggiungimento di nessun utile personale, ma solo al sapere. Allo stesso modo, un uomo si dice libero se esso non sia asservito ad altri. Tempi bui corrono, mi sembra, per la conoscenza e gli uomini liberi!

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